MARVELIT presenta

Di Valerio Pastore

 

Episodio 1 – Nuovi Eroi, Vecchi Problemi

 

Las Vegas...

 

Flying Griffin! – Plumber & Fixer, proclamava l’insegna che occupava l’intera parete del camper. Uno stilizzato grifone in picchiata era stato aggiunto fra ‘Flying’ e ‘Griffin’.

In piccolo, era stato aggiunto fra parentesi Spettacoli Teatrali per scuole a richiesta.

Questo, in sintesi, il curriculum del proprietario del camper.

 

Musiche di Rossini in sottofondo, spaparanzato sul lettino, totalmente concentrato su un libro della ‘Carmen’, stava Griffin Gogol.

Il vostro tipico ometto, una persona così vistosamente lisa che neppure gli abiti di un re l’avrebbero messa in risalto fra la folla. Era infatti più facile notare i suoi abiti –camicia a quadri, giacca frusta verde di uno stile non meglio identificato, pantaloni di velluto a coste marrone, scarpe finto italiano- che non la persona in sé.

Griffin Gogol era nato ebreo, e questo si vedeva eccome –naso camuso, stempiatura già pronunciata, lineamenti marcati...Inutile ogni tentativo di mantenersi rasato e di sfuggire al suo retaggio culturale. Era come se gli avessero tatuato addosso zucchetto e Torah.

Professionalmente, non stava molto meglio: ci si ricordava di lui solo quando, esaurito ogni altro tentativo...

 

...faceva squillare il suo telefono, preferibilmente, come ora, facendogli venire un mezzo accidente dalla sorpresa!

Ad ogni modo, i riflessi di Griffin furono prontissimi: fu giù dal lettino e addosso al cordless (durante l’ennesima ricarica di una batteria che sarebbe dovuto essere stata cambiata da molto tempo) alla parete opposta in un solo movimento.

“Griffin per te, chiunque tu sia!” esclamò giulivo. “Serve l’attore o il riparatore?”

Quasi divenne completamente calvo, al torrente di oscenità che lo investì dalla cornetta! Ancora leggermente disorientato, riuscì a cogliere delle frasi di senso compiuto da una voce improvvisamente diversa. “Le chiedo scusa, Mr. Gogol. E’ stato di nuovo quell’altro, che...”

“Non ti preoccupare, figliolo. Ne ho incontrati di peggiori, di individui. Cosa non va, stavolta?”

“Ah...il quadro elettrico, temo. Stavo guardando la TV, e di colpo...”

Griffin sospirò. “Arrivo subito, e non toccare niente...E non chiedere di nuovo aiuto ai vicini inesperti.”

 

Il tempo di prendere la cassetta degli attrezzi, e Griffin uscì dal camper. Era fortunato, ad avere quel ragazzo come cliente quasi fisso: abitava abbastanza vicino da non perdersi, in quel tremendo labirinto che era il parco roulotte ‘Il Vagabondo’.

Avvicinandosi alla anonima, piccola abitazione su ruote del vicino, Griffin si chiese per l’ennesima volta chi fosse l’irritabile strambo che gli rubava il lavoro –fortunatamente, riuscendo solo una volta su dieci. Erano sempre insieme, quando Chip lo chiamava, e l’altro era sempre sparito quando Griffin arrivava.

Anche se era a portata del campanello, Griffin non suonò, ma si mise davanti alla porta...E voilà,

Chip Martin era lì, sulla soglia, un largo sorriso stampato in volto. Era come essere sposati, tanto era diventata meccanica, quella sequenza di eventi.

Chip era il tipico sottoprodotto di una civiltà nevrotizzante –era un giovane simpatico, capelli castani lunghi e ribelli, moderatamente atletico, laureato...E un fascio di nervi. Prendeva tranquillanti come fossero caramelle, a meno che quella volta che si era rotto il sacco per la spazzatura, non stesse buttando via una bella collezione di flaconi. Era riservato al punto che un Maccartista avrebbe aperto un file su di lui, e stava bene attento ad evitare gli assembramenti superiori alle 2 persone.

A parte questo, era un bravo ragazzo. Soprattutto, non ti negava una bella tazza di caffè con pasticcini a lavoro finito. Chip diceva che li faceva da sé, e c’era da credergli!

“Mi dispiace di averla chiamata così di colpo, Mr...”

Come al solito, Griffin lo interruppe garbatamente mentre entrava. “Figurati, figliolo. A che serve un professionista, altrimenti?”

“A chiedere una parcella salata, per esempio?” era pietosa, lo sapevano entrambi –ma era un miracolo, ottenere delle battute da Mr. Timidezza.

Griffin si diresse al quadro elettrico, e, individuato il guasto, iniziò a lavorarci sopra. C’era ancora la luce del tramonto, e ci vedeva abbastanza. “C’era roba interessante, in TV?”

Il profumo di caffè iniziò a diffondersi per la roulotte, seguito al volo da quello dei pasticcini nel microonde. Preparando la tavola, Chip disse, “Il notiziario. Stanno scoppiando disordini intorno all’Ambasciata di Zilnawa. E dato che lì c’è anche la sede della Talon Corporation...”

“Non ci perderesti molto, figliolo,” disse Griffin, assorbito dal lavoro. “Se ci tieni tanto a fare l’uomo delle pulizie, puoi farlo ovunque.”

Chip versò il caffè nelle tazze. “Neanche a te piace tanto, quel posto, eh?”

Griffin levò la testa...e diede una craniata sullo spigolo del portello! Diede in una breve bestemmia in Yiddish, e disse, “Solo perché ha un nome che daresti a un cartello criminale, e perché si vocifera che sia una sussidiaria di qualche famiglia criminale, e...Bah!” Detto ciò, spinse l’interruttore.

La luce artificiale rimpiazzò quella ormai quasi estinta del giorno con intensità quasi dolorosa per gli occhi. La televisione riprese a trasmettere sulla CNN, e la scena era ora preoccupante.

L’Ambasciata di Zilnawa era un palazzo di due piani, all’interno di un enorme complesso privato alla periferia est di Los Angeles. Il complesso apparteneva alla Talon, una neonata corporazione di dubbia reputazione ma che già era riuscita a reclutare numerosi giovani talenti in svariate discipline scientifiche d’avanguardia.

La Guerra dei Mondi aveva distratto l’attenzione pubblica, per un po’. Ma, passati quei giorni, i più conservatori estremisti al governo USA avevano ripreso a puntare l’indice sugli ‘ambigui’ rapporti fra lo stato sudafricano, una democrazia interamente nera, nato dalla disintegrazione del dominio bianco in quella porzione di mondo, e la Corporazione.

 

Dai cartelli branditi da alcuni manifestanti, tutti bianchi, si capiva cosa pensassero dei ‘Niggers’ che se la facevano con i mafiosi, e di ‘quelli’ che ‘tramavano per pugnalare la democrazia alle spalle’.

Era altrettanto chiaro che solo le massicce fortificazioni del complesso edilizio avevano prevenuto finora la degenerazione della manifestazione. I protestanti erano come contadini che volessero usare i forconi per abbattere i muri. Non c’era bisogno della polizia, per ora.

La donna in doppiopetto, in piedi davanti alla telecamera, sembrava pensarla diversamente.

“Parla Tanya Veil, in diretta dalla Talon Corporation.

“Qui la situazione non accenna a migliorare, anzi, i manifestanti sembrano farsi sempre più aggressivi col passare del tempo. La Talon Corporation, più volte contattata da noi e dalla polizia, continua a chiedere il non-intervento di forze esterne, confidando, riferisce il loro Ufficio Stampa, ‘sul buonsenso che alla fine prevale su ogni umana considerazione’.

“Be’ per ora non sembra essercene molto, di buonsenso. Il guaio è che ad aizzare i manifestanti non c’è una figura sola, ma un intero gruppo, e bene mescolato.” Una nuova immagine sostituì quella della reporter: quella di due individui vestiti completamente di lunghe toghe bianche, il simbolo di un sole fiammeggiante inciso sul petto, i volti deformati dall’odio, che anche senza il sonoro sembravano urlare al di sopra della massa.

Stacco su Veil. “Ne sono stati contati una ventina. Si fanno chiamare Luciferi, i Portatori della Luce. Un movimento nato in sordina, e vissuto nell’ombra, fino a quando l’ambasciata di Zilnawa non è stata eretta sul territorio della Talon.

“Il problema più grave è che, sull’onda di questa manifestazione, stanno scoppiando disordini razziali un po’ dappertutto a Las Vegas. Forse, alla Talon temono che l’intervento delle autorità dia benzina al fuoco dei Luciferi...”

 

Griffin e Chip seguivano lo sviluppo con espressioni cupe.

“Ecco un caso in cui un supereroe potrebbe dare tanti cazzotti e non risolvere niente,” disse Chip, scuotendo la testa. Bevve un sorso di caffè. “Vorrei tanto credere che anche da fatti come questi possa venire fuori qualcosa di buono, ma...” e lasciò la frase in sospeso.

Griffin annuì. La sua stessa gente, in Palestina, stava facendo cose di cui vergognarsi –loro, che avevano subito l’onta della prepotenza per millenni, ora non stavano facendo meglio dei loro avversari. Stava per dire qualcosa, quando “Porca miseria!”.

 

Anche sullo schermo, Tanya Veil sembrava di sale. “Hanno eretto una croce,” stava dicendo, la voce a stento ferma. “E sulla croce...”

Zoomata sulla croce, un oggetto massiccio, di legno, lucidato fino a risplendere nella luce della luna piena.

Sulla croce, fissato con delle robuste corde, un uomo.

Un uomo, un nero. Era inerte, con indosso i brandelli di una T-shirt e black jeans. Se c’erano lividi, erano invisibili.

Le corde che lo reggevano alla croce erano fissate in modo tale che ogni movimento di lui lo avrebbero implacabilmente strangolato.

E già alcuni manifestanti con in mano delle torce stavano intorno alla croce.

 

“Non possono volere fare questo,” disse Chip. “No, davvero, signor...Griffin?”

Ma stava già parlando all’aria.

“Forse il caffè era troppo forte?”

 

“Ci avete sentito!” urlava uno dei Luciferi. L’ira trasformava quello che doveva essere un bel volto in una maschera, ironicamente, quasi demoniaca. “Sporchi cospiratori, venite fuori da lì, consegnate l’ambasciata, o questo vostro simile animale farà la fine che merita!”

La folla lo accompagnava con un ruggito terribile.

 

Dentro l’Ambasciata, il Console scuoteva la testa rassegnato. Aveva una folta criniera crespa, d’ebano, e il volto quello di un giovane non oltre i 35 anni. Lo Zilnawa era uno stato giovane, e voleva trasmettere al mondo un’immagine di energia.

Il Console Raawa era il figlio di una stirpe di guerrieri della politica, di gente che aveva combattuto contro l’Apartheid con un vigore ineguagliato, senza mai abbassare lo sguardo. Molti suoi amici erano morti combattendo, sapendo di stare costruendo le basi per il futuro migliore sognato per generazioni.

Non si era mai trovato nella posizione di scegliere fra l’immolazione, adesso, o il sacrificio di un innocente...

Oltre ad alcuni addetti, nella segreteria dell’Ambasciata era presente un’altra figura, un uomo bianco dai tratti orientali. Costui era vestito di un gessato nero, dagli angoli così definiti che sembrava essergli stato disegnato addosso. Tutto, in quell’uomo, rivelava un essere affilato, di corpo e di logica.

Il Presidente della Talon Corporation guardava dalla finestra del secondo piano con sommo disprezzo. “Che creature stolte,” disse, la voce priva di inflessioni, come una divinità che guardi gli sforzi delle formiche. “Credono di potere dare ordini a uno stato a colpi di torce e randello...Signor Ambasciatore, mi dia il permesso, e le mie forze disperderanno quei bigotti, e recupereranno quel giovane mentre la polizia...”

Raawa scosse la testa. “Devo ancora chiederle, signor Presidente, di trattenere la mano. Per quanto possa essere difficile ammetterlo, la violenza non risolverà nulla. La giustizia colpirà comunque quegli esaltati. Ma non possiamo né arrenderci né cedere ai loro bassi istinti.”

Nessuno vide Alexander Thran socchiudere impercettibilmente gli occhi, e serrare le mani sul pomolo del suo bastone. Invece, lo videro fare un cortese inchino e dire, “Rispetterò la sua decisione, signor Console. Sa dove trovarmi, se dovesse avere bisogno dei nostri servigi.” E, detto ciò, si voltò ed uscì.

 

In corridoio, fu affiancato dalla sua segretaria, una donna in doppiopetto che invece non sarebbe stata male sulla copertina di Vogue. La donna teneva in mano un notepad da fantascienza, e sembrava distaccata come il suo principale, il quale fondamentalmente odiava i leccapiedi.

Kristen,” disse Thran, mentre procedeva a larghi passi, “si prepari a contattare l’agente Saki. In un modo o nell’altro, voglio quel ragazzo libero immediatamente. Prima che la polizia arrivi, visto che a questo punto la situazione ci è sfuggita di mano. Questa manifestazione è spontanea come una bustarella, e non posso permettere che...hm?”

La donna gli porse il notepad. Attraverso il collegamento con le telecamere esterne, Thran capì il perché di quel gesto. Lo capì, e gli sfuggì un’imprecazione.

 

 

La folla si era acquietata come per magia, il silenzio interrotto da poche voci isolate.

Sopra di esse, letteralmente, quella di un uomo.

“Sapete, gente, la democrazia è bella perché vi permette di esprimere qualunque idea, liberamente. Anche se si tratta di scempiaggini come le vostre.”

L’uomo stava in piedi, sospeso a mezz’aria, le braccia incrociate severamente, e vestiva del costume più colorato che si fosse visto –rosso, giallo, verde e blu in una disposizione, incredibilmente, ordinata.

“Ma la democrazia non vi dà la libertà di uccidere altri esseri umani. Meno che mai per il loro colore di pelle!”

 

Fu solo a quel punto, che uno dei Luciferi, quello in testa ai manifestanti, levò il braccio, indicandolo. “Chiunque tu sia, sei solo un traditore della razza umana! Prendetelo!

Si levarono dei fucili, ma prima che un solo grilletto potesse essere premuto, la figura colorata del super-essere divenne una macchia indistinta.

Una macchia che andò ad afferrare la pesante croce come fosse stata di cartapesta!

Il super-essere andò a posare la croce al sicuro, dentro le mura della Talon. Borbottava. “’Chiunque tu sia’...hmpf, ignoranti.”

Subito tre jeep e un’ambulanza della Talon andarono a circondare l’eroe. Da due jeep e l’ambulanza emersero addetti ed infermieri che andarono ad occupare di quel singolare ‘carico’.

Dalla terza jeep emersero il Presidente della Talon, la sua segretaria ed il Console.

Il Console allungò la mano, e l’eroe gliela strinse. “Le siamo molto grati per il suo intervento, signor...?”

Capitan Ultra, signor Console. L’eroe che sa fare tutto meglio di te,” rispose Cap, con un sorriso smagliante. “Se posso essere di aiuto per disperdere quella gente senza spargimento di sangue...” e, come a sottolineare le sue parole, già si udivano delle sirene in distanza.

Thran si fece avanti. “Un intervento auspicabile, Capitano. La velocità è di fondamentale...”

“Non può fare niente,” disse qualcuno dietro di loro.

Era l’uomo della croce. Stava mettendosi a sedere, l’espressione ancora leggermente stordita. Era un armadio, pieno di muscoli e senza un capello in testa. “Sono centinaia, e il morto ci scapperebbe. Bisogna concentrarli e distrarli. Solo così si può disinnescare quella bomba collettiva.”

“Bene,” fece Ultra, “si accettano suggerimenti.”

“Mi basta ricambiare il favore,” disse l’uomo, ormai in piedi.

Ci fu uno scambiarsi di occhiate perplesse. Ultra disse, “Prego..?”

Per tutta risposta, l’uomo assunse un’espressione concentrata...

...Poi, di colpo, i suoi lineamenti furono attraversati da un bagliore di energia...

E quello che emerse era decisamente più che umano! “Però!” disse Ultra.

Al posto dell’uomo, c’era una figura coperta in parte dal ghiaccio e in parte dal plasma, come se avessero mescolato l’Uomo Ghiaccio e la Torcia Umana. La sua fronte si apriva in due placche congelate, in mezzo alle quali la calotta cranica bruciava di plasma.

“Andiamo, Capitano,” disse il super-essere, con voce più profonda, minacciosa. “Io e quegli esaltati abbiamo un conto da regolare!” Ma, invece di entrare in azione, si ritrovò una mano colorata sul petto ardente, a fermarlo.

“Non lo sentite anche voi?” fece Ultra, guardando verso il muro. “I Luciferi sono spariti. La folla...”

In quell’istante, anche Thran fu contattato attraverso il notepad. “Signore, la folla si sta disperdendo. Ordinatamente.”

Thran chiuse la comunicazione. Poi, ad Ultra, “Immagino che questa sua cognizione di causa...”

Ultra annuì. “Ultra-udito, e Ultra-vista. Tornano comodi, ogni tanto...Hmm, ragazzo..?” fece poi l’eroe, all’uomo di fuoco e ghiaccio.

L’essere disse, brusco. “Equinox l’Uomo Termodinamico, per te. Cosa c’è?”

“Be’, non c’è più bisogno che tu stia così. Voglio dire, adesso ci pensa la polizia, giusto?”

Equinox annuì, con un curioso sorrisetto. “Questo lo sapevo già, Ultratonto. E’ che non ho vestiti a molecole instabili!”

Capitan Ultra capì, e arrossì.

Thran si avvicinò loro. Il suo sorriso sarebbe potuto essere stato scambiato per cortesia, ma chi conosceva l’uomo sapeva di dovere temere, in quel momento. “Se lo desidera, Equinox, la Talon la rifornirà di un intero stock...E, signori, se la cosa dovesse essere di vostro gradimento, vorrei fissare un appuntamento per una proposta di...lavoro.”

Confusi, i due super si scambiarono un’occhiata.

Thran estrasse un biglietto da visita dal taschino della giacca. “Oggi è Lunedì. Potete pensarci su tutta la settimana; il Console Raawa tornerà in Zilnawa solo Domenica.”

Altro scambio di occhiate.

 

 

Pochi minuti dopo, i due super erano in volo. Equinox affiancava Capitan Ultra grazie al plasma emesso dalle gambe congelate.

“Mi piace quel trucco, Equinox...Ma credevo che ci volesse il calore, per generare calore.”

L’Uomo Termodinamico disse, “Puoi anche chiamarmi Terry, se vuoi. Ad ogni modo, il ‘trucco’ è che ottengo calore da un intenso scambio di energia. Il ghiaccio è il risultato dello scambio. Così come posso emettere gelo sottraendo calore e diventando caldo io stesso.”

“Capisco,” fece l’eroe, che non ci aveva capito un’acca, ma proseguì. “Mi sembravi un po’ nervoso all’idea di avvicinare la polizia. Hai avuto problemi con loro?” non lo chiese per scortesia, ma in base al fatto che alcuni eroi tendevano ad avere modi un po’...bruschi.

Per un attimo, Equinox digrignò i denti, mostrando dei canini da vampiro. Poi, con amarezza nella voce, “Ero piccolo, quando mio padre, un fisico, fu sbeffeggiato dalla comunità scientifica. Lui divenne un alcolista e iniziò a picchiare me e mamma.

“Papà aveva cominciato a fare esperimenti in casa, e uno di quegli esperimenti, alla fine, gli scoppiò letteralmente in faccia. Io tentai di salvarlo, ma restai contaminato dalle radiazioni del suo apparecchio. E divenni quello che sono.

“Mamma fece quello che poté per aiutarmi, ma ci mancavano i mezzi, ed io iniziai a rubare quello che le serviva per guarirmi. Durante un furto, fui quasi catturato dall’Uomo Ghiaccio e la Torcia Umana. A quel punto, avevo anche cominciato ad impazzire...e poco tempo dopo, abbandonai la mamma.

“Odiavo tutto e tutti, e in tale stato attaccai l’Uomo Ragno, il Calabrone e  Wasp. Fui fortunato, però. Il Calabrone trovò un modo di neutralizzare i miei poteri, e dopo un periodo di prigionia, fui confinato al Ravencroft Institute per le cure psichiatriche necessarie.

“Quando fui dichiarato sano di mente, e potei uscire, la mamma era morta per avvelenamento da radiazioni. Cercare di curarmi l’aveva uccisa. Ed era stato invano, perché i miei poteri erano stati resi solo latenti.

“Giurai sulla tomba di lei che non mi sarei mai più dato al crimine, che l’avrei resa orgogliosa di me.”

Capitan Ultra avrebbe voluto avere un fazzoletto sottomano. “Per questo eri stato catturato così facilmente? Avevi scelto di non usare i tuoi poteri anche se eri in pericolo di morte?”

Equinox fece di nuovo quel sorrisetto. “No. Mi avevano preso di sorpresa e sedato ben benino. Non le ho giurato che non mi sarei mai difeso.”

Ultra trattenne un sospiro, poi disse, “Pensi di andare a quel colloquio?”

“Male non farà. Devo ammettere che mi diverte, l’idea di usare i miei poteri senza dovermela fare con un branco di supereroi a caccia di gloria. E tu?”

Ultra disse, “Ho sempre sognato di dare una svolta alla mia vita, ma sembra che nessuno avesse voglia di un nuovo supereroe...Pensa, cercai addirittura di esordire fingendo di unirmi ai Terribili Quattro. Pensavo che se li avessi sconfitti, sarei diventato qualcuno...Ah, eccolo,” si fermò, ed indicò il campo roulotte. “Abito lì, Terry. And*”

L’Uomo Termodinamico seguì lo sguardo di Ultra, e capì perché si era messo a tacere di colpo.

Fiamme consumavano un’area del campo!

 

 

Griffin se ne andato da un minuto, e Chip stava pensando che ormai avrebbe fatto meglio a rimettere in ordine, quando vide Tanya Veil passare dalla preoccupazione all’eccitazione.

“E’ intervenuto un super-essere. Sta sospeso nell’aria, parlando alla folla...E, sì, ha preso tutta la croce, e ora la sta portando al sicuro, dentro il complesso Talon. I manifestanti sembrano sinceramente sorpresi, confusi...Anche i Luciferi tacciono improvvisamente. Ma chi è questo nuovo super? E’ un mutante, un eroe...Come, Dan?” qualcuno le stava parlando da dietro la telecamera. Poi lei si riprese. “Mi dicono che è Capitan Ultra, un eroe di secondo piano, che ha brevemente militato nei Difensori e insieme a Thor una volta. Adesso la folla si sta disperdendo, ma...non si vedono più Luci*”

Chip aveva spento la TV. Tutta quella storia era diventata un tale casino!

Chip guardò l’orologio al polso. Hmm, fra un minuto avrebbe dovuto prendere una nuova dose. Era preoccupato: le ultime non avevano avuto quasi praticamente effetto...e il suo metabolismo non era di quelli che si assuefacevano.

Chip prese un flacone dall’armadietto, studiando attentamente l’etichetta. Anni di esperienza gli avevano insegnato a riconoscere le contraffazioni a colpo...

“Oh, no.”

Il flacone era genuino, nuovo.

Ma era scaduto!

Chip barcollò, lasciando cadere il flacone, sparpagliando pillole su tutto il pavimento. Si sentiva preso in trappola, il respiro gli si fece corto.

Panico!

Lui guardava sempre la scadenza, sempre! Un farmaco scaduto era senza efficacia, acqua fresca...Quel dannato farmacista se ne era approfittato, lo aveva truffato!!

Perchénonseneeraaccorto? PERCHè??

La realizzazione venne insieme a una nuova ondata di panico.

L’Altro. L’Altro aveva aspettato pazientemente, studiato ogni sua mossa. Tutte quelle improvvise esplosioni per distrarlo, mentre in realtà lo manipolava sottilmente,

distraendolo.

Chip si mise seduto a terra. Gli sfuggì un gemito. “Ti prego, non farlo. Abbiamo vissuto bene, nessuno ci ha notato...Per favore, resta dove sei...”

 

All’esterno della roulotte, delle figure erano in posizione tutto intorno ad essa. Nelle roulotte vicine, gli inquilini stavano chi zitto zitto, pregando che finisse presto, chi chiamando la polizia.

Suoni di armi ad energia in carica si mescolò all’etere...Poi, una voce dalla roulotte di Chip. Una voce chiara, attraverso le pareti sottili.

Una voce crudele. “Tu puoi restare nel tuo cantuccio, se lo desideri, perdente! Io, ho voglia di divertirmi, e sai come, per cominciare?”

Sofisticati fucili al plasma furono puntati....

La roulotte esplose!

Gli aggressori, vestiti di uniformi/armature, le teste avvolte da pesanti caschi, furono sparpagliati disordinatamente.

Dal globo di fuoco che era stata la roulotte di Chip Martin,

emerse, illeso, un individuo.

Un individuo che di Chip Martin aveva il corpo. Un corpo ora avvolto solo da un aderente costume diviso per la lunghezza in beige e blu.

La stessa testa di Chip era per la perfetta metà nera.

La sua espressione era improntata alla gelida furia. “Comincerò ammazzando questi patetici Cacciatori di Mutanti, ecco come!”

Gli aggressori stavano cercando di rimettersi in piedi. Il capogruppo disse, freneticamente, “Caliban ad Appoggio! Il soggetto è attivo, ripeto, il soggetto è attivo. Urgono rinforzi...YYEAARRRGG!”

Il grido di morte dell’uomo si spese nell’ondata di proiettili telecinetici che lo investì, riducendolo letteralmente a brandelli!

Gli altri cinque componenti della squadra erano pietrificati.

Il mutante si voltò verso di loro, gli occhi due scintille. “Sorpresi? Chip credeva davvero di avermi tenuto sotto controllo, mentre in realtà affinavo le mie capacità. Sapevo che sareste venuti, vi ho sentiti dalla prima volta che ci avete messo gli occhi addosso. E tanta dedizione merita una ricompensa...”

Ci fu un tentativo di fuga. Poi si udirono le esplosioni, come se avessero fatto scoppiare dei frutti marci dentro i caschi. I Cacciatori si irrigidirono allo stesso tempo, e caddero come sacchi flosci, ancora in preda a spasmi post mortem.

Il mutante scosse la testa. “Che fessi, gente. Diventa quasi quasi troppo...hm?” Voltò la testa in alto,

e si scansò appena in tempo, mentre un raggio di plasma divorava il punto dove si era trovato un attimo prima!

Ovunque nel campo si era scatenato il panico, ma il mutante aveva occhi solo

per i tre  Dreadnought Mark II sopra di lui.

“Carini,” disse il mutante. “Meglio delle solite Sentinelle, direi.”

“Chip Martin, aka Schizoid Man, arrenditi o sarai terminato. L’offerta non sarà ripetuta.”

Schizoid Man scrollò le spalle. “Immagino che non si possa proprio dire di no, vero?”

I tre robot blu si avvicinarono.

La terra esplose incontro a loro in una compatta ondata!

I robot si concentrarono su quel nuovo ostacolo, disperdendolo con colpi al plasma. I colpi attraversarono il ‘muro’ e distrussero roulotte fortunatamente già abbandonate, creando nuovi focolai di incendio!

La nuvola di polvere, fiamme  e nerofumo che seguì confuse i loro sensori.

Schizoid Man, apparentemente, era sparito!

“Soggetto apparentemente non presente in area. Ampliare raggio di scan*squark*”

La testa del robot fu distrutta da un colpo telecinetico. Le altre due macchine levarono la testa, lanciando raggi di energia dagli occhi!

Schizoid Man stava già volando a terra, maledicendosi per la sua ‘brillante’ idea. Si era sforzato troppo con quel primo ferrovecchio, e avvertiva già il familiare mal di testa...Chip voleva tornare a guidare le danze...*tsk* quell’inetto non sapeva neanche cosa volesse dire “ARGH!”

Colpito! Il suo fianco destro urlava di dolore, l’odore di carne bruciata gli riempì le narici. Schizoid Man rovinò a terra.

I due Dreadnought si prepararono a sferrare il colpo di grazia...

Uno di loro fu tranciato in due da un raggio di energia dalle sue spalle!

Schizoid Man levò lo sguardo. Nella nebbia di dolore, vide Capitan Ultra ed Equinox lanciarsi in picchiata..

 

“Ottimo quel Raggio Ultra, Cap. L’altro è mio!” disse Equinox.

Il robot superstite valutò rapidamente le opzioni di quel nuovo sviluppo...e decise di optare la ritirata.

Dalle braccia ardenti di Equinox scaturì un getto congelante, di una intensità prossima allo zero assoluto,

tanto che l’aria intorno al Dreadnought si liquefece.

Il robot andò a pezzi peggio di un puzzle.

 

Quando Equinox raggiunse Capitan Ultra, questi era intento a verificare i danni sull’inerte mutante.

“Povero Chip,” disse l’eroe, scuotendo la testa. Lo prese in braccio. “Ustione di terzo grado. Se non lo porto subito all’ospedale, morirà. Chissà che diavolo sarà successo...Terry?”

Era la volta di Equinox, di avere una espressione allibita, fissa sul giovane. L’Uomo Termodinamico si riprese in fretta, e disse, “Niente ospedale, uomo. Conosco un posto migliore, dove curarlo senza ficcanaso in mezzo.”

Sotto la visiera azzurra, Ultra sbarrò gli occhi. “Stai scherzando? Chi credi di essere, George Clooney? Questo...”

Equinox lo interruppe puntandogli un dito ghiacciato sotto il naso. “Stammi a sentire: 1) tu non hai voglia di finire accusato di connivenza con i mutanti ,e 2) io non ho voglia di finire di nuovo nello schedario della polizia. Allora?”

Schizoid Man respirava irregolarmente, a fatica. La sua ferita puzzava di carne bruciata e siero.

Ultra, riluttantemente, annuì.

Equinox disse, “Sei veloce, a volare?”

“Ultra-veloce. Dove si va?”

“New York. Ti spiegherò tutto lì...E smettila di pensare al campo, ci penseranno le autorità a loro.”

Su suggerimento di Ultra, Equinox si aggrappò all’eroe color arcobaleno. Un attimo dopo, un campo di energia si diffuse intorno al terzetto, e Ultra decollò da fermo a una velocità pari a quella di fuga!

Tutto quanto fu accuratamente registrato dai sensori del Dreadnought MKII che Ultra aveva fatto a pezzi, ma non completamente disattivato...

 

 

Tutte le informazioni furono viste in diretta dal proprietario dei robot.

L’uomo sedeva davanti a un vasto schermo panoramico a muro. Una mano guantata di verde tamburellava sul bracciolo della poltrona. Delicate spirali di fumo si mescolavano all’aria.

“*tch* così imparo a fidarmi di database governativi,” disse l’uomo, che parlava con un leggero accento tedesco. “Quei piccoli burocrati non saprebbero tenere aggiornata neanche la propria patente.” E ridacchiò della sua stessa battuta. Poi, sospirò.

Sehr gut, meglio ripulire, prima che lo faccia la polizia.”

La mano guantata digitò un pulsante sul bracciolo.

Sullo schermo, tutti i rottami dei Dreadnought, tutte le armi, tutte le parti metalliche degli sfortunati cacciatori di mutanti –tutto questo andò letteralmente in briciole.

Altro pulsante, e questa volta lo schermo mostrò il volto di una donna.

La donna, una caucasica dai capelli neri cortissimi, indossava una divisa militare e berretto. I suoi occhi erano celati da Ray-Ban che sembravano brillare di luce propria.

Guten Abend, Frau Kapitan. Sono spiacente di informarla,” ma mentre lo diceva, l’uomo aveva un retrotono sarcastico, “che il collaudo della Squadra Caliban abbia subito uno spiacevole imprevisto: mancanza di collaborazione da parte della preda designata. Devo inoltre, con rammarico, segnalarle l’inopportuna presenza di due super-esseri improvvisatisi buoni samaritani. I dati dovrebbero esserle già arrivati.”

La donna aveva un volto duro, l’espressione di chi ha lottato con le unghie e con i denti per guadagnarsi i galloni sulla giacca. “Non posso dire di essere soddisfatta, naturalmente, Barone: ma l’imprevisto è purtroppo una parte rilevante di questo lavoro. Sai dove si è diretto il bersaglio?”

Una mano agitò svogliatamente il bocchino che reggeva la sigaretta. “New York City. Di più non so.”

La donna sorrise. “Ottimo. Con i dati che mi hai fornito, dovremmo essere in grado di localizzare il bersaglio e finirlo. Prepara una nuova squadra Caliban, Barone. E, Barone, cerchi di essere più discreto, questa volta. Mi sono spiegata?”

Lo schermo si spense, mostrando ora, su campo nero, un logo: due frecce incrociate a X, con uno stemma al centro che recitava “PAX”

 

 

New York City.

Quartiere di Harlem.

 

L’edificio era uno dei tanti in attesa di ristrutturazione. Facciata di mattoni, coperta di murales fino a sembrare una tela astratta. Finestre malamente sbarrate da assi di legno. Una struttura, tuttavia, insospettabilmente solida.

Per tale ragione, un eccellente ‘dormitorio’ per gli sbandati del quartiere e i vagabondi di passaggio.

Ufficialmente.

L’invasione aliena aveva aggiunto un tale carico di lavoro alla polizia, che ormai il controllo delle piccole attività criminali era sfumato come fumo in una tempesta.

E chiunque poteva essere un re.

Come un uomo chiamato Steel.

Steel, un nero robusto come uno scaricatore, pelato come un uovo, indossava sempre un paio di occhiali da sole e il suo giubbotto da motociclista, con sulla schiena un teschio fiammeggiante quale mozzo di una ruota –il suo marchio di fabbrica.

Gli ‘uffici’ di Steel occupavano l’intero secondo piano del palazzo. Entrare da Steel era come entrare in un altro mondo. Steel aveva fatto impiantare una bisca completa in metà del livello, mentre nell’altra c’era uno dei bordelli più rinomati della città.

 

“Dunque,” stava dicendo Steel, consultando i rapporti della settimana passata, “cosa è questa storia di metterci con ‘sto Morgan Jr., gente?”

Steel non aveva bisogno di guardare in faccia il suo interlocutore: aveva un vocione che non avrebbe sfigurato all’Opera. Quando lui parlava, era difficile fare finta di essere sordi.

E i presenti nella stanza non sembravano desiderare di ignorarlo. Molti occhi erano puntati su un ragazzo, un nero vestito ‘hip-hop’, pantaloni enormi e flosci, felpa spiegazzata.

Il ragazzo avrebbe voluto scomparire sotto il pavimento. “Ecco, Steel...Morgan ritiene che sia ora, adesso che il sindaco ha la ricostruzione a cui pensare, che le...” deglutì “...piccole bande uniscano le forze per formare una nuova coalizione contro gli attuali cartelli...”

“Sotto il comando di Morgan Jr.,” disse Steel. L’uomo allungò una mano a un sigaro acceso. Inspirò una boccata, e soffiò in faccia al ragazzo dall’altra parte della scrivania.

Il ragazzo lacrimò e tossì. Steel disse, “Morgan Jr. va matto per l’oro bianco, mi pare, giusto? E anfe, e sinte, pillolette e tante altre caramelline, giusto? Un merdoso tossicomane.”

Il ragazzo arretrò di un passo. “Ehi, piano, capo. Non sono io che...”

Le mani di Steel erano perennemente coperte da guanti. Una scattò ad afferrare il braccio del ragazzo.

Il pizzetto di Steel seguì il suo terribile sorriso. “Di’ a quel tossicomane del cazzo che se prova solo a portare un atomo di merda nella mia zona, o solo a proporlo, come ora, gli faccio...” la mano strinse.

 

Nella bisca, ci fu un momento in cui ogni gioco si interruppe quando un urlo di agonia riuscì a trapassare la solida porta piombata dell’ufficio di Steel.

Un attimo dopo, il corpo esanime del ragazzo venne portato a spalla fuori dalla stanza. Gemiti incoerenti uscivano dalle labbra del malcapitato. Fin troppo visibili erano le sue mani, i polsi devastati come da una morsa.

 

Steel tirò una boccata soddisfatta dal sigaro. Alla sua sinistra, improvvisamente, si aprì una porta scorrevole mimetizzata nel disegno barocco della parete.

Come un sol uomo, le sue guardie del corpo puntarono le pistole. Quella era l’entrata segreta, e nessuno senza appuntamento...

Il volto cupo di Steel si aprì in uno schietto sorriso. “Terry, fratellino! Ma tu guarda che...” il sorriso divenne stupore in un baleno. La tensione tornò di colpo al massimo.

Terry, che ora indossava un’uniforme bianca e verde della Talon, con tanto di logo –un’aquila Reale posata ad ali spiegate sul globo terracqueo- sul petto, indicò un esterrefatto Capitan Ultra, con il suo paziente.

“Loro sono a posto, fra’. Il tizio mezzo morto ha bisogno delle apparecchiature della mamma, e subito. Non badare all’altro.”

Steel si fece da parte, lasciando entrare Ultra. Il capobanda aveva una mentalità pratica, e lasciò da parte i convenevoli. “In cantina. Sono pulite come se fossero uscite di fabbrica ieri. Quel tizio..?”

Terry fece un cenno di diniego “Nahh, ha un po’ la puzza, sai come sono i musi pallidi, ma non ti darà fastidio. E ora, scusaci...”

“OK, OK.” Steel indicò una specie di botola in un angolo. “Prendi l’ascensore. Mi spaventate i clienti, se vi vedono con quel...coso lì. E come si chiama, quella specie di arcobaleno su due gambe?” aggiunse, ghignando.

Ultra mormorò qualcosa di poco carino in Yiddish, che fortunatamente nessuno dei presenti capì.

Ultra e Terry salirono sul montacarichi, che iniziò la sua lenta discesa.

 

Il viaggio terminò in un’ampia stanza riempita di luce al neon. Sarà stata non più ampia di 100mq, ma ovunque c’erano apparecchiature che, sebbene per i canoni di Reed Richards non sarebbero state l’ultimo grido, erano comunque abbastanza sofisticate da mandare in estasi un tecnico del MIT.

“Mettilo sul lettino,” disse Terry, andando subito ad attivare l’hardware.

“’Fratellino’?” fece Capitan Ultra, appena eseguito l’ordine. “Mi dici che avremmo avuto problemi ad andare in un ospedale, quando mi hai portato nel covo di un gangster? Ho sentito quello che è successo prima che arrivassimo, e ho anche visto! Quel tizio è un...” fu interrotto dal suono delle macchine, che tornavano ad essere operative dopo così tanto tempo.

Terry andò a una consolle, e iniziò a digitare su una tastiera. “Taci, bacchettone. Faccio già fatica così a ricordarmi i comandi...”

“Tu mi devi delle spiegazioni, mister. E subito!”

Apparentemente, l’immissione dati era riuscita, perché Terry annuì soddisfatto, ed andò al lettino dove giaceva Chip. Avvicinò al corpo una specie di piccolo cannone, puntandolo sulla ferita.

Un attimo dopo, un bagliore smeraldino andò a riempire la ferita, a pulsazioni intermittenti.

“Fatto,” disse Terry. “Fra poche ore dovrebbe essere come nuovo...o quasi.” Poi, sembrò ricordarsi, e si voltò verso il suo riluttante amico. “Scusa, cosa stavi dicendo?”

 

 

Un furgone nuovo di pacca, senza insegne, avrebbe attirato l’attenzione come se avesse avuto FBI stampato sopra.

Un semplice U-Haul usato era il mezzo ideale, soprattutto in un’area che di ‘traslochi’ ne vedeva non pochi.

 

Dentro il furgone, l’atmosfera era alquanto tesa. Cinque persone in uniforme/armatura stavano studiando su un monitor le schede relative a Chip, Equinox e Capitan Ultra.

“Un’azione diretta è fuori discussione,” disse il caposquadra, un orientale. “Sarebbe come tentare un’azione di setacciamento in una giungla piena di guerriglieri ostili.” Suo padre aveva fatto il ‘Nam in appoggio agli Americani. sapeva di cosa stava parlando. “Troppi danni e troppo chiasso. Voglio i Meerkat e i Dreadnought in pattugliamento continuo. Attaccheremo quei furboni appena metteranno il muso fuori dalla loro tana. Domande?”

Nessuno prese la parola.

Il caposquadra annuì. “Bene, adesso*” fu interrotto dall’allarme! Cinque teste si voltarono all’unisono.

Un monitor stava fornendo dati come impazzito. In una sua finestra, il radar segnalava una posizione intermittente, su una mappa tridimensionale di un vicolo vicino.

“Altri due intrusi,” fece uno dei soldati, sconsolato. “Dio, questa città dovrebbe diventare uno stato a parte, con tutti questi…eh?”

Anche gli altri se ne accorsero.

“Non sono nel Registro,” fece un altro, una donna.

“Ci mancava solo questa,” disse il caposquadra. “D’accordo, aspettiamo di vedere cosa fanno…Numero 20, prepara il Neutralizzatore. Se vengono verso di noi, li catturiamo senza colpo ferire.”

Dopo, non poterono fare altro che aspettare, mentre, lentamente, faticosamente, i due puntini sul radar –uno dei quali così piccolo da risultare quasi invisibile- si muovevano.

La cosa curiosa era, che per quanta energia venisse rilevata dall’intruso più grande, essa quasi veniva eclissata dalle emissioni del compagno!

La cosa più frustrante era non potere usare alcun sistema attivo di scansione, o avrebbero attirato l’attenzione delle loro prede.

“Procedono così irregolarmente…” fece la donna “Possibile che siano entrambi feriti, o disorientati?”

“Possibile,” rispose il caposquadra. “La loro improvvisa apparizione suggerisce il teletrasporto.”

Nessuno aggiunse altro, ma la tensione salì di parecchio ancora.

E se fossero stati Marziani?

Secondo le fonti governative più ‘nere’, i Marziani erano stati annientati in massa da una Bomba-Betatron, un residuato bellico ideato dall’Hydra. Un residuato che poteva non essere operativo al 100%…erano pur sempre passati almeno 10 anni senza manutenzione…

Gli uomini del PAX erano addestrati. Nel giro di pochi secondi, ognuno era già pronto a schizzare fuori dal furgone in pieno assetto da battaglia…

“Cavoli,” disse invece uno di loro.

Ora la telecamera li inquadrava.

Uno era un lupo –un maschio, dalla pelliccia color d’argento. Era visibilmente ferito, il sangue a formare chiazze nere alla luce lunare. La zampa posteriore destra doveva essere rotta, la teneva sollevata nel suo zoppicare.

Sulla testa del lupo, stava una creatura uscita dritta dalle fantasie di Sir Conan Doyle: una fata, una donna minuta, scintillante, con delle ali da farfalla. Lei stessa non sembrava messa meglio; era riversa, esausta, le sue scintille di una intermittenza opaca, malata.

Non si può dire che quegli uomini e donne fossero dei sentimentaloni. Erano soldati, addestrati, induriti alle emozioni…Eppure, quella vista riuscì a toccare proprio quelle corde che dovevano ignorare.

“E adesso che si fa?” chiese il più giovane del gruppo.

Sullo schermo, l’animale era tutto tranne che aggressivo o abbastanza forte per tentare una qualsivoglia azione. Sembrava solo avere bisogno di un veterinario.

Il caposquadra sospirò. “Pronti ad usare il Neutralizzatore. Settaggio corrente confermato.”

“Potrebbe ucciderli!” esclamò la donna.

L’appello cadde nel vuoto. Il loro era un lavoro che non doveva lasciare spazio a sentimentalismi. Mai!

Finalmente, il lupo era a tiro. Nessun testimone.

La donna e un altro uomo uscirono dal furgone.

 

Il tetto del furgone si aprì in due, lasciando uscire un cannone.

Il cannone sparò una rete. Una rete costruita con la stessa tecnologia che il mutante Forge aveva usato per la pistola già usata per ‘cancellare’ i poteri dei mutanti. La vittima designata sarebbe stata inoltre privata delle sue forze attraverso dei biosifoni nelle maglie.

Il lupo poté solo sollevare la testa, piegare le orecchie all’indietro, ed emettere un debole ringhio, mentre la rete lo avviluppava. Come previsto, la rete gli risucchiò buona parte delle forze rimaste…

Come non era stato previsto, in virtù del fatto che sia il lupo che la faerie non appartenevano a questo piano della realtà, la mente di lei riuscì ad emettere un lamento terribile.

 

 

“Conosco Chip Martin da quando era anche lui un…’inquilino’ del Ravencroft Institute. Venne ricoverato dopo di me, a causa di un grave disordine schizofrenico. Doppia personalità.”

Terry e Ultra stavano seduti a un tavolo, due grosse tazze di caffè fra le mani.

Terry bevve un sorso. “E’ un mutante. Sua madre si era presa non so quali medicine per portare a termine la gravidanza invece di usare il cesareo e farlo nascere prima. A causa di quella roba, Chip è andato in sballo fin da neonato. I suoi poteri si manifestarono fin dall’infanzia, e più andava avanti, più le sue due personalità si separavano.

“A un certo punto, suo padre, che allora era Senatore di New York, gli fece dare un farmaco sperimentale, e il problema sembrò risolto…fino a quando, durante una festa, Morbius fece irruzione. Lo stress fece emergere la seconda personalità di Chip, e per poco non fece fuori tutti, incluso l’Uomo Ragno, che stava lottando contro Morbius.

“Sotto le cure della Dottoressa Kafka, Chip fece grandi progressi, anche se continuavamo a temere che in realtà il suo lato oscuro fosse solo sepolto…e sembra che la Dottoressa avesse ragione. Quello che ha addosso Chip è il costume che aveva quando si presentò al mondo come Schizoid Man.”

Ultra afferrò una ciambella calda dal piatto al centro del tavolo. “Se c’erano sospetti sul suo stato, come mai era libero come l’aria?” Solo per educazione, non aggiunse che sospettava che suo padre avesse fatto pressioni, nella migliore tradizione politica.

Quello che rispose Terry lo fece vergognare di tali pensieri. “Il vecchio Ravencroft fu distrutto durante una evasione di supercriminali. Chip, o forse l’’Altro’, decise di approfittarne e darsi alla macchia. Suo padre era già morto di infarto, e la madre è ricoverata in un altro istituto psichiatrico.” Terry sospirò, spostando di nuovo lo sguardo sull’esanime mutante. “Evidentemente, non avevano smesso di cercarlo. Ma che volessero addirittura eliminarlo…”

Cap annuì. “I mutanti hanno attivamente contribuito a difendere la Terra dai Marziani. Uno si aspetta che il governo sia più comprensivo…”

Terry disse, “Credi che fossero del Governo?”

“Non vedo chi altri potrebbe volere investire una forza così consistente e sofisticata contro un mutante.”

Terry tacque, mentre immaginava una dozzina di nomi di gruppi privati che avrebbero potuto fare la stessa cosa.

“Parliamo invece di tuo ‘fratello’,” disse improvvisamente Ultra, con un sorriso sfottorio. “Non mi sembra il tipo di persona che renderebbe tua madre ‘orgogliosa’. Ho dato una scansione al palazzo, sai, e ho visto delle cose…”

Terry levò una mano a fermarlo. Sospirò, e poi disse, “La mamma era una scienziata famosa, ma è da qui che è venuta. Steel nacque prima che lei si sposasse; era praticamente una ragazza. Purtroppo, lei non ebbe modo di occuparsi di suo figlio come doveva, era troppo impegnata a costruirsi un futuro. Cercò di non fare mancare nulla a Steel, ma alla fine, quando conobbe papà, fu lo stesso Steel ad andarsene. E lei non lo seguì.

“Fu solo dopo che divenni Equinox, che mamma fu costretta a tornare a Harlem. Fu a Steel, nel frattempo emerso a capobanda, che dovette rivolgersi per trovare spazio per il laboratorio e per noi.

“Steel fu molto comprensivo. Credo che fosse fiero di avere una madre che aveva fatto strada, anche se ora era in disgrazia. Ci diede molti soldi, e mamma poté tentare di curarmi…”

Ultra si mordeva il labbro inferiore. “Terry, non è questione di biasimo…Ma questo tuo fratellastro possiede un racket, una bisca, e nel palazzo ci sono delle prostitu…”

Terry gli rivolse uno sguardo severo. “Non sto cercando di giustificarlo, Cap. Ma, a suo modo, Steel è in gamba: nella sua zona non circola droga, e la prostituzione non coinvolge minorenni o animali. Vive fuori dalla legge, ma ha una sua morale. E non ti permetterò di…”

Un urlo terribile echeggiò nella stanza. “PER FAVORE, AIUTATECI!”

I due si voltarono a guardare

Chip, che ora stava seduto sul tavolino. Si guardava intorno con occhi sbarrati, la pelle velata di sudore gelido. La sua espressione era un insieme di paura, angoscia e dolore. Poi, riprese a parlare, con una flebile voce…femminile. “Vi prego. Lui sta morendo…Non è giusto, per favore…Perché ci volete fare del male?”

I due super gli furono subito vicini. Interpretando l’espressione di Terry, Ultra disse, “Non ha mai fatto così, vero?”

Cenno di diniego. “Una terza personalità, femminile…no di certo.

“Vi prego…lui muore…” la voce di Chip, come i suoi occhi, erano opachi. Stava per perdere di nuovo conoscenza.

“E’ un telepate,” disse Terry, sorreggendolo. “Credo che sia stato ‘agganciato’ da qualcuno là fuori, e sta condividendo il suo stato fisico. Cap, puoi vedere..?”

“Detto fatto,” disse l’eroe, e attivò l’ultra-visione. Di fatto, non c’era ostacolo per i suoi occhi, quando usava quel potere che sfruttava il flusso di neutrini cosmici…

“Trovati!” esclamò, alla vista del lupo preso nella rete e dei soldati in costume/armatura che lo stavano portando via. “Tu resta con Chip, Terry. Faccio in un attimo!”

Terry lo vide spiccare il volo…e attraversare il soffitto come fosse stato un fantasma!

 

 

“Cristo, ma cos’ha quello, la Coscienza Cosmica?” fece uno dei soldati che stavano portando il lupo, alla vista di Capitan Ultra che emergeva dal pavimento. Si chiese anche, di sfuggita, da quando quel buffone avesse il potere di intangibilità…Era ovvio che il Registro andava aggiornato!

Ultra atterrò di fronte ai due soldati del PAX. A mani nude, incurante degli effetti del neutralizzatore, strappò le maglie metalliche come fossero state di carta. “Non posso dire di apprezzare l’omicidio, anche se per autodifesa…Ma voi proprio le lezioni non le capite, vero?”

 

Dentro il furgone, il caposquadra bestemmiò. “Missione abortita! Numero 83, dispositivi Stealth, ora!”

 

Ultra prese il lupo in braccio. “Se muore, ve lo faccio vede…eh?”

Improvvisamente, i due soldati, ed il furgone da cui erano venuti scomparvero.

Se Cap ne avesse avuto il tempo, avrebbe usato la sua ultravisione, ma il rantolare del lupo lo convinse altrimenti. Rese sé stesso e l’animale intangibili, e sparì nel sottosuolo.

 

 

“Mia carissima Kapitan,” stava dicendo l’uomo misterioso, “se lei desidera discrezione, in una città satura di super-esseri, il massimo che una Squadra Caliban può fare, se individuata, è nascondere la coda fra le gambe e fuggire. fatevi dare l’avvallo del Governo, e le farò avere dei risultati significativi.”

Dallo schermo, la donna mormorò “Dannato Comma 22…” Poi, a voce più alta, “In un modo o nell’altro, prima dobbiamo ottenere dei risultati, o continueranno a lasciare tutto nelle mani di quell’incapace di Henry Peter Gyrich…E sia, Barone. Usi ogni mezzo necessario, ma consegni almeno un cadavere di super-essere. Più è potente, meglio è. Ma non coinvolga la comunità dei supereroi, o dovrà cavarsela da solo.”

Lo schermo si spense, e l’uomo esalò uno sbuffo soddisfatto.

Era andata come lui voleva. Adesso, ci sarebbe stato da divertirsi…

 

Episodio 2 - Confronti e scontri

 

Quando si pensa al potere, è difficile non immaginare la persona che lo detiene. Sia un uomo o una donna, che nelle sue mani ci sia uno scettro o un mandato elettorale, che sieda su un trono o su una poltrona ministeriale, o alla scrivania in un ufficio all’ultimo piano di un lussuoso grattacielo –inevitabilmente, si finisce con l’associare il potere a due mani e una testa.

Non sempre, tale visione è fondata.

Oggi, il potere non è più concentrato nelle mani di uno. Anche se le multinazionali hanno sostituito efficacemente le oligarchie nobiliari, e i nuovi baroni e conti vestono Armani anziché portare il mantello, persino i creatori delle più potenti corporazioni sono costrette a rendere conto a quel branco compatto che è il Consiglio di Amministrazione.

Alexander Thran era l’eccezione alla regola. Il diritto di voto dei presenti, in quell’assemblea destinata a cambiare il corso della storia, era una mera formalità. Lui era il padre e padrone dell’azienda e loro le sue estensioni. Senza di lui, non sarebbero stati nessuno!

Thran era un predatore aziendale, un animale da corridoio. Aveva sacrificato molte vite innocenti nelle trincee delle borse di tutto il mondo, per fondare la sua Talon Corporation. E il branco radunato davanti a lui, nella stanza foderata di quercia, era frutto di una selezione spietata, un organismo capace di portare avanti la volontà di Thran con la massima efficienza, ma altrettanto capace di tranciare la mano che lo nutriva.

Thran, in un gessato dalle linee geometricamente perfette, ben rilassato in una poltrona automodellante, teneva d’occhio i suoi soci seduti intorno al tavolo ovale. Niente supporti di carta o penne, per questi dirigenti del 21° secolo: solo tastiere e monitor al plasma che emergevano da nicchie nella superficie nera.

Diversi dei soci della Talon, osservando quei monitori, manifestavano evidente perplessità.

In un certo senso, Thran li capiva. Il suo monitor mostrava quello che gli altri stavano vedendo: le schede, a intervalli regolari, di tre metaumani, tre uomini. Uno indossava il costume più colorato che si potesse vedere. Il secondo non aveva costume, ma un corpo in parte coperto di ghiaccio e in parte di plasma ardente. Il terzo era un caucasico con indosso un aderente costume per metà beige e metà blu-nero. Metà del volto di quest’uomo, capelli inclusi, era blu-nera.

Finalmente, uno dei soci, una donna che non avrebbe sfigurato come top model nonostante il completo di taglio mascolino, levò lo sguardo e disse, “Ammettere questi tre individui nelle operazioni di difesa dello Zilnawa senza averci consultato, Alexander, è stato a dir poco impulsivo. Questo…Schizoid Man è addirittura un mutante.”

Alexander annuì. Bevve un sorso d’acqua, e disse, “Esattamente per questo, che ho deciso di assumerlo, Esther. Un mutante, un nero,” ed evidenziò la scheda dell’uomo di ghiaccio e plasma, Equinox, “e un perfetto sconosciuto ma con un’evidente tendenza a fare l’eroe,” e indicò l’uomo nel costume colorato, Capitan Ultra.

Lo sguardo di Alexander, fino a quel momento improntato a un’espressione di paterna serenità, si fece severo. “Signori, il Progetto Exodus deve avere la priorità. E l’unico modo per farlo diventare realtà è difendere lo Zilnawa nella sua vita di neonata democrazia.

“I Campioni dello Zilnawa, come la Pantera Nera per il Wakanda, devono essere un team apprezzabile nell’ambito della comunità dei supereroi: un gruppo di supermercenari alle nostre dipendenze sarebbe inevitabilmente visto come l’equivalente della guardia personale di Magneto a Genosha, o di un branco di criminali al soldo della Roxxon.

“No, noi dobbiamo avere campo libero: e questo significa che un equipaggio misto come questo gruppo avrà il sufficiente impatto sociale, per riscuotere l’approvazione che cerchiamo. Già Capitan Ultra ha contribuito a sedare un linciaggio nei pressi dell’Ambasciata dello Zilnawa, sotto gli occhi dei media. Sarà un eccellente capogruppo.”

Uomini e donne meno forti di cuore dei presenti avrebbero avuto un accidente. Invece, la reazione fu una serie di occhiate indagatrici che non nascondevano pensieri frenetici.

“Quindi, i nostri agenti..?” fece il membro più anziano del consiglio, un uomo con l’argento nei capelli.

Thran li aveva in pugno! Appoggiando i gomiti sui braccioli della poltrona e incrociando le mani, disse, “Faranno parte del gruppo, naturalmente: abbiamo pur sempre bisogno di garanzie, giusto?”

La tensione scese visibilmente. Solo allora, Esther chiese, “Possiamo quindi passare al secondo punto all’OdG?”

Thran annuì, insieme agli altri. “Nulla in contrario. Anche portando a compimento Progetto Exodus, non farebbe male tentare di risolvere i nostri problemi comunque. Signori, procediamo.”

 

Da qualche parte nel sottosuolo di Harlem, New York City.

 

“Sei sicuro che non sia una mutante?”

Le crude luci al neon non contribuivano a migliorare l’atmosfera, in quel piccolo laboratorio improvvisato..

I tre oggetti dell’attenzione del CdA della Talon stavano in piedi, intorno a un tavolo operatorio, intenti a cercare di capire qualcosa

delle creature che vi giacevano. Una era un lupo, un maschio dal pelo folto e argenteo. L’altra era avvolta da un bozzolo translucido, compatto; dentro a quel bozzolo, fino a prova contraria, fino a poche ore prima, c’era stata una donna, o meglio, una Faerie. Non sarà stata più grande di Janet Van Dyne nella sua forma di combattimento di Wasp, ed aveva delle delicate ali da farfalla sul suo corpicino avvolto da pallide scintille.

“Matematico,” rispose Schizoid Man, la voce quella gentile della personalità di Chip Martin. Il mutante portava una leggera bendatura sul fianco, nel punto dove un Dreadnought l’aveva colpito il giorno prima. “Quando lei mi ha agganciato mentalmente, ho ricevuto delle immagini…credetemi, c’erano mostri, orchi, nani, giganti di ghiaccio. Peggio del regno della Strega Cattiva dell’Ovest.”

Gli risposero due paia di occhiate incuriosite.

Intervenne Terry, ancora vestito dell’uniforme bianco-verde della Talon. “Te l’ho chiesto perché l’apparecchio di mamma ha funzionato solo sul lupo. Il suo raggio stimola i processi biochimici di rigenerazione…ma su di lei non ha funzionato. Forse proprio…perché…ma sto dicendo una stupidaggine ,vero?”

Chip, mutante DOC, appena curato dallo stesso apparecchio, roteò gli occhi.

Capitan Ultra scosse la testa. “Temo che non ci resti che attendere. Se è bastata una breve esposizione a generare quel bozzolo, non voglio dovere scoprire quale sarà il prossimo stadio...Non prima di avere capito chi sono quei pazzi che hanno deciso di riaprire la stagione di caccia al mutante...Chip?”

Chip abbassò lo sguardo. “Non posso essere di aiuto: era l’’altro’, ad avere letto le loro menti. Io non so neanche come si comincia a fare una cosa simile.”

Affermazione che aggiungeva un altro tassello al problematico puzzle: quale affidabilità dava un perfetto schizofrenico, per giunta potente come lui?

Terry andò a prendersi una tazza di caffè –aveva ormai perso il conto del numero consumato. “Forse possiamo risolverlo in fretta, il problema degli acchiappamutanti: la Talon potrebbe darci una mano, se accettiamo quella proposta di lavoro.”

Guardando Chip sollevare un sopracciglio, Ultra ebbe una mezza idea di strangolare Terry –ma al mutante disse, “Non sappiamo neppure di cosa si tratti in particolare...Forse hanno bisogno di guardie del corpo per il Presidente dello Zilnawa. Sai, la manifestazione di ieri...”

Chip andò a unirsi a Terry per il caffè. Stava già allungando una mano verso una tazza...quando la ritrasse più in fretta che se avesse rischiato di toccare una bomba! “Scusami,” disse poi a Terry, “me ne stavo dimenticando: temo che gli eccitanti non siano la cosa più indicata, per ora...Non è che hai dell’Hypnocil[1]?”

Terry aggrottò la fronte. “Scusa, ma non è quello che serve a sopprimere i sogni?”

Chip annuì. “Già. L’’Altro’ si scatena soprattutto quando dormo. I miei strizza hanno scoperto che l’Hypnocil funziona meglio dei tradizionali sedativi, che non hanno effetti sufficientemente incisivi sulle mie aree più nascoste.”

Terry sembrò pensarci su, mentre guardava verso il soffitto. “Dubito che il mio fratellone possa esserti di aiuto: lui, di droga, non ne vuole vedere l’ombra. Se gli chiedo ‘sta roba, è capace di sbatterci fuori a pedate...E non possiamo neanche andare a comprarne: ci vuole la ricetta...”

Ultra diede un colpetto di tosse. “Ehm, a questo posso pensare io.”

Chip lo guardò in un modo curioso, come l’eroina di un romanzaccio rosa guarda l’arrivo del suo fusto su un cavallo bianco. Era imbarazzante!

Ultra levò un indice ammonitore a entrambi i suoi amici. “A una condizione: voi state qui e vi assicurate che i nostri ospiti si riprendano.”

 

 

Come un fantasma, ma a una velocità tale da risultare poco più di una macchia indistinguibile, la figura di Capitan Ultra emerse dal manto stradale, verso la sua destinazione.

Una macchia indistinguibile...almeno all’occhio umano.

Non a quello elettronico di un gadget volante, una sfera che, grazie alle sue avanzate tecnologie stealth, era effettivamente invisibile. Stava sospesa nel cielo, in ricognizione in quel settore di Harlem nei cui sotterranei stava il laboratorio di Terry.

La sfera era un Meerkat...

 

 

...e il suo proprietario stava gongolando fra sé, alla vista della partenza del supereroe.

Il ‘Barone’, come si faceva chiamare negli ambienti della misteriosa organizzazione PAX, schiacciò un pulsante sulla tastiera nel bracciolo della poltrona. “Capo Caliban,” disse, in un inglese appena inquinato da un accento tedesco, “potete procedere come da piano 3...E cerchiamo di essere veloci, questa volta.”

 

 

“Lo odio,” disse Terry. Sedeva su una sedia d’acciaio, intento a fissare il lupo addormentato come fosse stato la classica pentola che non bolle.

Chip stava tracciando un dito sulla superficie del ‘bozzolo’ della faerie. Al tatto, quell’oggetto sembrava fatto di plastica; era leggermente cedevole, ma solo quel tanto, apparentemente, per assorbire una caduta o il colpo di un sasso. Ed era caldo. Non c’era dubbio che l’essere nel bozzolo fosse tutt’altro che inattivo...

“Lo odio,” ripeté Terry. Poi, sembrò ricordarsi del suo compagno d’arme. Lo guardò con curiosità. “Se hai tanta paura di questo tuo ‘Altro’, perché non torni dalla Dottoressa Kafka? E’ una donna che sa fare miracoli...Almeno, con me ha funzionato.”

Chip serrò le labbra; poi, con riluttanza, “Ha funzionato perché tu volevi che funzionasse: in caso contrario, potresti solo essere condizionato, ma non curato.

“Io...l’’Altro’ è incontrollabile. Sono sicuro che, alla prima opportunità, cercherebbe di uccidere la dottoressa Kafka. Per questo, quando il Ravencroft fu distrutto, io fuggii: non volevo che le succedesse qualcosa...”

“Sicuro che non sia stato l’’Altro’ a convincerti a fuggire, inconsciamente voglio dire?”

Chip ebbe voglia di dire di no: all’epoca, prendeva l’Hypnocil...

E l’’Altro’ era rimasto lì lo stesso, erodendo il suo controllo un po’ alla volta, fino a quando, ieri...

Come aveva fatto? E perché aveva agito così lentamente nel tempo, quando avrebbe potuto liberarsi, a questo punto, molto prima?

Chip si portò una mano alla tempia. Il familiare mal di testa stava tornando; si accorse di stare respirando un po’ più in fretta.

Che Cap facesse presto!

 

 

Per quanto concerneva l’arrivare a destinazione, Capitan Ultra aveva fatto presto. I suoi poteri gli consentivano di raggiungere almeno gli 11 Km/s, cioè la velocità di fuga. Raggiungere quella villetta in Florida era stata questione di pochi minuti.

Quando vi atterrò davanti, ebbe la precisa sensazione che la vera perdita di tempo sarebbe iniziata fra poco...Ma era una prospettiva davvero accettabile, se l’alternativa era rubare il farmaco necessario.

Cap premette il campanello –di passare alla propria identità civile non se ne parlava...soprattutto, perché aveva avuto la sciagurata idea di atterrare nel mezzo della strada, sotto gli occhi esterrefatti di una dozzina di pensionati di lusso! E già qualcuno borbottava...

La porta si aprì, e Ultra se lo ritrovò davanti: un uomo che, nonostante gli anni, era ancora solido come una quercia, la grigia barba ben curata, e una pipa in radica fumante in mano. A differenza di Griffin Gogol, quest’uomo portava il suo retaggio ebraico con grande dignità. Per tale ragione, alla vista del supereroe, l’anziano emise solo un grugnito e si riaggiustò i pience-nez.

“Anche io sono felice di rivederti, papà,” disse Ultra.

Jeremiah Gogol tirò una boccata della pipa, senza spegnere la luce severa nei suoi occhi.

Mentalmente, Ultra sospirò: sarebbe stata dura...

 

 

Ufficialmente, il laboratorio che un tempo era appartenuto alla dottoressa Amanda Sorenson non esisteva. Era una struttura concepita durante la clandestinità della ricercatrice, mentre suo figlio, contaminato dalle radiazioni di un esperimento impazzito, perdeva sempre più il controllo.

Amanda non aveva avuto molta scelta. Aveva i fondi, ma la copertura doveva venire da qualcuno di cui potersi fidare –e quel qualcuno era suo figlio di primo letto, una persona a lei cara ma sacrificata alla carriera...

 

...Ma l’uomo oggi chiamato Steel non se l’era presa più di tanto. Lui stesso aveva lasciato sua madre, per non pesarle. Il suo scopo era sempre stato quello di dare una mano ai fratelli e sorelle di quel gigantesco ghetto che era Harlem –e non avrebbe fatto a modo dei bianchi, per poi doversi sentire debitore.

Per questo, Steel era tornato da suo padre, ed aveva imparato il ‘mestiere’ da lui...Ma con una differenza: suo padre non era mai emerso dal ruolo di galoppino.

Seduto alla poltrona del suo ufficio, Steel osservava la strada sottostante attraverso la finestra, ben protetto da un cristallo anti-bomba di quelli usati per gli uffici della Stark Solutions.

Steel serrò le mani, coperte da spessi guanti di pelle. Le aveva sacrificate durante una rapina, ma, almeno, ci aveva guadagnato abbastanza da fondare il suo piccolo regno. Oh, sì, la legge poteva non approvare la prostituzione ed il gioco d’azzardo, ma nessun poliziotto metteva il naso nel regno di Steel, dove non circolavano droga e pervertiti. E l’eventuale trasgressore ‘spariva’ più in fretta che comporre il 911.

Senza contare la sicurezza: nessuna ragazza di Steel era costretta a lavorare per lui. Lui offriva il posto fino a quando lei lo desiderava...Era impressionante, il numero di ragazze che, scoperto il gioco dei ‘grandi’, tornavano a casa con la coda fra le gambe!

 

Sulla scrivania di Steel giacevano cartelle di rapporti, fatture e scartoffie generalmente inutili. Bisognava esaminare, firmare, approvare o meno...

Fortunatamente, Steel doveva ancora accendersi il primo Avana della giornata, altrimenti lo avrebbe già usato per dare fuoco a quel mucchio. La sua mente era presa dal suo fratellastro, Terry, e da quegli altri due balordi...senza contare quel lupo che si erano presi in casa ieri notte, senza dirgli nulla!

Steel non avrebbe mai cacciato o offeso Terry –il poverino ne aveva già avute abbastanza dalla vita, a partire da quell’ubriaco e violento di suo padre...senza contare, che almeno questo, alla mamma lo doveva...

Ma porca miseria! Coinvolgere quei due gli sarebbe potuto costare di brutto! Quelle specie di super-soldati di ieri potevano rifarsi vivi da un momento all’a*

Con un colpo secco, la porta del suo ufficio si spalancò!

Per Steel, pensiero e azione erano diventate un’unica cosa; prima ancora di cercare il bersaglio, la sua automatica era già in mano...

Solo che il bersaglio non c’era. L’ufficio era vuoto. “Ma che diavolo..?”

Poi, Steel avvertì un grande dolore e un brivido lungo il corpo. Poi, più nulla...

 

 

“Ti avevo detto di stare lontano da me, fino a quando non avessi capito.”

Stavano nel salotto, una camera semplice senza orpelli. L’unica concessione al lusso era l’apparecchio radiotelevisivo che ne dominava il centro, uno scatolone foderato in legno di una foggia vecchia di 30 anni.

La madre di Griffin Gogol, ora nella sua identità civile, stava versando del tè per il figlio. Decisamente, era da lei che l’eroe aveva preso i tratti somatici più rilevanti.

Griffin sentì tutto il veleno riemergere. “Papà, devi proprio continuare su questa strada? Non puoi accettare che questi poteri siano una benedizione, invece di...”

Fu interrotto da un’occhiataccia degna di un laser. Jeremiah disse, la rabbia controllata a stento, “Le sole benedizioni possono venire da Javeh, e da Lui soltanto. E tu mi hai detto che è stata una...razza di alieni a darteli.”

Griffin serrò la mascella, desiderando di avere Doc Samson al suo fianco. Era così difficile, controbattere non solo a un uomo, ma agli insegnamenti di una vita –per questo, per un certo periodo dall’acquisizione dei suoi poteri, Griffin aveva avuto paura del fuoco. Inconsciamente, si era sempre visto destinato alle fiamme della Gehenna...

Griffin bevve un sorso di tè. “Papà, con questi poteri ho fatto e sto facendo del bene...E se tu continui a pensare che io sia diventato una specie di agente del male, ebbene, devi provarlo.

“Ma non sono venuto per litigare: ho bisogno di un favore.”

Jeremiah si appoggiò allo schienale. “Di cosa si tratta?”

Una volta di più, Griffin si maledì per il modo sciatto in cui vestiva, per sembrare una caricatura malriuscita di un ebreo. Gli sembrava di accattonare. “Una persona che conosco...ha bisogno di una, di diverse ricette per l’Hypnocil.”

Jeremiah fece per parlare, ma Griffin lo interruppe sul nascere. “Ti prego, non farmi domande: ti posso solo giurare che non si tratta di tossicodipendenza...Papà?”

L’uomo si era alzato, solenne, e stava uscendo dalla stanza!

Griffin fece per seguirlo, ma sua madre, che fino a quel momento era rimasta in disparte sulla soglia della cucina, si fece avanti, un sorriso di incoraggiamento sulle labbra. “Lascia che gli parli io, caro. E’ un brav’uomo, basta ricordarglielo.”

 

 

Di colpo, alle luci al neon si aggiunse un’intermittente luce arancione.

Terry fu in piedi di scatto. “L’allarme! Siamo stati scoperti, ma come..?”

Fu interrotto dalla voce femminile proveniente dall’intercom. “Attenzione, Terry Sorenson e Chip Martin: abbiamo in ostaggio gli occupanti di questo edificio. L’intera area è isolata per quanto concerne le comunicazioni. Presentatevi di sopra adesso, e non in modalità da battaglia, o sarete responsabili delle loro morti. E non dimenticate di portare con voi i vostri nuovi ‘amici’. Questa richiesta non sarà ripetuta.”

 

 

Inutile dirlo, un paio di minuti dopo, grazie al montacarichi, i due metaumani furono nell’ufficio di Steel. Terry portava il lupo, ancora inerte, sulle spalle. Chip teneva in mano il bozzolo della Faerie.

La donna, nell’uniforme-armatura del PAX, teneva la canna di un fucile al plasma puntata a contatto con la testa dell’inerte Steel –il quale non sembrava avere subito ferite di sorta.

L’altro soldato del PAX presente si avvicinò a Chip. In mano, teneva una siringa pneumatica. “Il braccio, mutante.”

Chip obbedì. Appena il liquido gli fu iniettato in vena, avvertì la familiare sensazione dell’Hypnocil...e di un altro farmaco. Si sentì venir meno. Un attimo dopo, crollò fra le braccia del soldato, che se lo caricò in spalla come un sacco.

Il soldato si diresse verso la porta. Con la testa, la donna fece cenno a Terry di seguirlo.

Con la coda dell’occhio, il giovane nero la vide mettere un oggetto sferico sulla scrivania, prima di lasciare la stanza a sua volta. Poi, fu lei stessa ad anticipare la domanda. “Quella bomba detonerà solo se tentate scherzi. Seguiteci senza fare storie, e la disattiveremo. A meno che sia necessario, non abbiamo voglia di lasciarci dietro una scia di cadaveri di civili, che siano teppaglia o no.”

Terry fece un mezzo sorrisetto. “Mio fratello ha più dignità in un capello che voi in una vita. E lui è calvo.”

 

 

Invece di uscire in strada, i prigionieri furono portati sul tetto dell’edificio. Ad attenderli, c’era un elicottero nero –o, meglio, un apparecchio che dell’elicottero aveva la forma, ma dotato di ali e di un propulsore a razzo.

Quando tutti furono saliti, l’elicottero si sollevò, spinto dalla turbina sulla pancia. Un attimo dopo, stava schizzando via, invisibile ai radar.

 

 

“Dovresti vergognarti, Jeremiah! Puoi non apprezzare le idee di tuo figlio, ma rifiutarti di ascoltarlo è indegno di te. Dai più retta a un paziente per una visita superficiale.”

Jeremiah Gogol stava in piedi alla finestra, nella camera che tanto tempo prima era stata del loro piccolo figlio. L’uomo non si voltò, nel rispondere alla moglie, “Ascoltarlo, Anja? E’ il mio più grande fallimento: quei suoi ‘poteri’ sono il culmine del suo rifiuto del nostro retaggio. E’ un estraneo! Quanto tempo passerà, prima che cominci anche lui a dubitare del pogrom?”

Anja si sedette sull’immacolato letto, accarezzandolo come se ancora il suo bambino vi stesse dormendo. “Marito, puoi essere talmente ottuso, a volte...” parlava con condiscendenza, avendo da tempo accettato che il suo uomo non avrebbe mai ceduto in un confronto diretto. E il loro figlio doveva proprio prendere questo tratto..! “Nostro figlio, come tutti gli ebrei della sua generazione, è nato lontano da quegli anni terribili. Come potrebbe dare per scontato quello che noi abbiamo passato? L’unica cosa che ci è rimasta da tramandare sono vecchie foto sbiadite e un numero sul braccio. E bisogna ammetterlo, Sharon non sta dando una buona immagine del nostro popolo, in questo periodo. Cosa vuoi che pensi, di fronte a due verità così contrastanti? Cosa dovrebbe pensare, di Javeh?”

Le spalle di Jeremiah sembrarono scendere di due spanne.

Anja proseguì. “Ma, religione o no, lui ti ama, marito, e vorrebbe essere ricambiato. E non credo che la Torah abbia da ridire, su questo.”

 

Passò quasi mezz’ora, prima che Jeremiah tornasse in salotto. In mano, aveva non una, ma almeno una dozzina di ricette. Griffin si alzò in piedi, un sorriso di gratitudine sul volto.

Allungando le ricette, Jeremiah disse, con la sua ormai usuale severità. “Due cose, figlio: le ricette si usano una alla volta, o quel tuo amico nei guai ce lo lascio, e te con lui. Secondo, voglio che tu e questo tuo amico veniate a farci visita. E parleremo più a fondo, di questa tua vita da ‘eroe’.”

Griffin prese le ricette che gli erano porte, e non disse niente. Non ce n’era bisogno. Gli occhi parlavano da soli.

Griffin si diresse verso la porta... “Shivek?”

La madre gli stava gentilmente indicando il retro della casa. “Un po’ di discrezione, almeno, caro.”

 

 

Alla faccia della privacy! La stessa cabina dell’elicottero era interamente nera. I piloti dovevano essere collegati a telecamere esterne, per vedere dove stessero andando.

Terry aveva perso la cognizione del tempo. Forse un minuto fa, forse un’ora, l’elicottero era atterrato, e quando si era aperto, si trovavano in un hangar, insieme ad altri cinque identici elicotteri e diversi velivoli da combattimento, su diversi ripiani –una portaerei. Per quello che il giovane ne sapeva, doveva essere ferma, visto che non aveva percepito movimento.

Erano stati portati ognuno in una cella –a parte il lupo e il bozzolo, trasportati altrove su una lettiga scortata da due soldati. E in cella erano a tuttora. Ad attendere...

Sopra la porta, si accese un monitor. Mostrava il volto di un uomo, un individuo di mezza età, stempiato, i lunghi capelli ondulati, e una barba e baffetti che, insieme al monocolo, gli davano un che di aristocratico.

“Benvenuti in questa umile base mobile, miei giovani soggetti: io sono il Barone Ludwig von Shtupf.”

“Chi?” fece Terry.

L’uomo sospirò. “A parte colui che vi ha catturati, il vostro riconoscente esecutore. Ecco chi.”

“Riconoscente...?”

“Vedete, ragazzi, tu e quel mutante mi sarete molto utili, per comprendere la natura metaumana. Sorprendentemente, i governi del mondo si erano impegnati alquanto poco a capire ‘come’ funziona un membro della vostra specie. Quando io, modestamente, avrò decifrato il mistero, la razza umana potrà dormire sonni tranquilli, non più minacciata dalla vostra presenza.”

Terry disse, “Con ‘non più minacciata’ vuoi dire che avresti in mente una ‘soluzione finale’?”

Von Shtupf fece spallucce. “Sai come si dice, a mali estremi. Ma visto che voi siete i miei primi soggetti, e vivi, cercherò di non farvi soffrire quando verrà il vostro momento. Per ora, mi basterà il vostro materiale genetico...Oh, e per favore, non cercare di forzare la cella: è tutta foderata di adamantio, un metallo indistruttibile per tua conoscenza.”

In tutta risposta, Terry Sorenson gli mostrò l’inequivocabile dito. “Per tua conoscenza, vecchio, quando ti avrò fra le mani ti farò pagare per avere fatto del male a mio fratello.”

 

 

Von Shtupf spense il collegamento. “Giovane irriverente,” borbottò, poi si fregò le mani, e si voltò.

Il lupo giaceva sul tavolo operatorio, ben fissato da solide cinghie, il muso non esentato da quel trattamento. Von Shtupf accarezzò il manto, soddisfatto. “Ahh, che cosa meravigliosa, il progresso –un corpo così sano da potere analizzare senza dovere più passare per la vivisezione...Quasi mi dispiace, di doverlo uccidere alla fine.” Si rivolse a uno dei tecnici in camice bianco, che si tenevano a rispettosa distanza. “Numero S-12, vogliamo iniziare? Oh, a proposito, che ne è del bozzolo?”

Il tecnico prese una siringa dal carrello degli attrezzi, e iniziò a riempirla di un liquido ambrato. “Nessun cambiamento, Barone...La cosa più curiosa è che nessuno strumento di scansione riesce a penetrarlo.”

Altra fregata di mani. “Wunderbar. Se riesco a penetrare anche questo mistero, potrò sviluppare uno scansore perfetto, a prova di metaumano. Non potranno più...eh?”

 

 

Appena lo schermo si era spento, Terry aveva iniziato ad esaminare la cella. La cella stessa era un cubicolo claustrofobico, ermetico, assolutamente nudo, a parte la branda. Niente finestre. L’unica aria veniva dal condotto di aerazione, e quello non era a misura d’uomo. La luce, dai pannelli fissati alla parete. La serratura era sicuramente elettronica, nascosta nella porta. Una telecamera garantiva la sorveglianza, ma Terry era materialmente certo che se avesse finto di stare male, nessuno gli avrebbe dato retta.

Poteva andare peggio.

Terry si concentrò, e in un lampo di energia, la sua figura fu sostituita da quella di Equinox, l’Uomo Termodinamico.

Equinox puntò la mano alla porta. Se lui fosse stato il Barone, avrebbe fatto in modo da non fare bastare l’aria, in caso di uso dei poteri...Sorrise –chissà se il buon Barone aveva studiato bene la sua fisiologia.

L’intero corpo di Equinox fu coperto dal plasma ardente, mentre dalla mano scaturiva un getto criogeno! C’erano dei vantaggi, ad avere vissuto con una coppia di scienziati per genitori: fra le tante cose che si imparavano, era che per quanto saldi potessero essere i legami atomici e molecolari, tale forza dipendeva non solo dalla configurazione spaziale, ma anche dal movimento degli elettroni...

Di fatto, la stanza aveva esaurito l’ossigeno. Il plasma bruciava di energie che non richiedevano il prezioso elemento. Lo schermo televisivo e i pannelli luminosi erano fusi. In quell’inferno, in cui Equinox era una figura troppo abbagliante per essere distinguibile, la porta della cella era coperta da ghiaccio!

...Quindi, sarebbe stato sufficiente raggiungere quella temperatura alla quale lo stato stesso della materia collassava per pura assenza di movimento!

Nessun allarme suonava.

In compenso, venne una voce da un altoparlante fuori dalla cella. “Signor Sorenson, non solo è un’inutile, ma una pessima idea. La bomba nell’ufficio di suo fratello non è a tuttora stata disattivata...”

Altro sforzo di volontà. Un peccato, non potere parlare in quell’ambiente ormai privo di aria. Era molto tentato di rivelare la sorpresina a quel fanfarone!

“Signor Sorenson..?”

Ancora un momento...SI’!

Schiacciata dal suo stesso peso, persa ogni coerenza, la porta indistruttibile divenne un ammasso di sottili fiocchi!

 

 

Sullo schermo, von Shtupf vide i soldati PAX aprire il fuoco su Equinox...Così come vide il loro plasma assorbito facilmente da quel corpo ardente, che lasciava impronte di metallo fuso sul pavimento.

Poi, Equinox fu ricoperto parzialmente dal ghiaccio, mentre emetteva un’ondata di calore sufficiente a vaporizzare gli avversari!

Il panico iniziò a farsi strada nei lineamenti dell’uomo. “Non deve raggiungere la cella di quel mutante...” disse a se stesso, poi suonò l’allarme generale, senza staccare gli occhi dallo schermo.

Si voltò solo quando udì un tremendo suono di qualcosa che si spezza! Prima ancora di vederlo, sapeva di cosa si trattava... “Mammina.”

Infatti, il lupo era libero –solo che non era più un lupo, ma un’allucinante creatura generata dagli incubi –un licantropo, una figura grande il doppio di un essere umano, il pelo ispido e un muso pieno di zanne come pugnali, deformato da un odio formidabile!

Il braccio del mostro scattò in avanti, troppo veloce per essere visto...Ma, un attimo prima che artigli capaci di lacerare l’acciaio potessero colpire il Barone, la creatura fu colpita alla schiena da un lampo di plasma!

La scena sembrò fermarsi. Sia il Barone che i tecnici e i soldati fissavano il mostro, del tutto inattaccato da quel colpo, che si era voltato a fissare la mosca che aveva osato tanto!

Sotto gli occhi inorriditi degli altri, l’animale fece saettare il braccio, e la testa dell’uomo saltò via come se non fosse mai stata attaccata alle spalle!

Il Barone ne approfittò per schiacciare un pulsante sulla cintura. Una botola si aprì sotto i suoi piedi proprio mentre un altro braccio cercava il suo bersaglio, scavando invece un buco nel pannello di comunicazione.

 

 

Equinox raggiunse la cella dove era detenuto Chip. Era un’altra struttura di adamantio...

“Era ora, mister,” disse dall’interno la voce aspra dell’’Altro’.

“Che dirti? C’era traffico. Ora stai indietro!”

Ripetere il numero dello zero assoluto non sarebbe stato facile; il primo era stato abbastanza oneroso, ma non poteva...

I suoi pensieri subirono una brusca interruzione all’aprirsi spontaneo della porta!

Schizoid Man venne fuori, l’ammirazione in volto. “Davvero, ragazzino: me lo devi insegnare, questo trucco.”

Ancora un po’, e Equinox balbettava. “Io? Credevo che tu...”

Solo allora, si accorsero della luce scintillante proprio sopra di loro.

E della femminile figurina alata che la emetteva.

“Niente ringraziamenti,” disse la Faerie, le mani sui fianchi, “l’ho fatto solo perché il mio principe me l’ha chiesto. E ora raggiungiamolo, o vi lascio qui!”

 

 

Nella cabina del comandante, von Shtupf osservava le figure dirigersi verso le scale, verso l’infermeria.

“Chiudete tutti gli accessi, ogni paratia. Guidateli alla sezione Evac-2. E’ l’unica cosa da fare.”

I militari lo guardarono come fosse uscito di senno.

Von Shtupf insistette. “Sarà rapido e indolore...per noi. Abbiamo già subito abbastanza danni così. Meglio liberarci di quei mostri così, che non dovere arrivare all’autodistruzione. Procedete!”

 

 

La prima paratia si chiuse davanti ai metaumani, quasi tranciando i piedi di Schizoid Man. Contemporaneamente, gas iniziò a fuoriuscire da bocchette al soffitto.

“Non c’è tempo per divertirsi! Di là!” fece Equinox.

E, come previsto, il gruppo continuò a deviare di corridoio in corridoio...

“Ehi, Schiz!” fece Equinox, ad un certo punto, “Credi che Ultra ci troverà presto? Sei ancora in contatto?”

Un grugnito. “Cosa credi che sia, un faro? Non so neppure dove siamo!”

Altro corridoio, altra paratia sbarrata, altro gas in attesa.

“Il principe è vicino!” disse la Faerie. Infatti, all’ennesima svolta quasi incocciarono nel suddetto...E furono definitivamente in trappola!

La stanza in cui si ritrovarono era sufficiente a contenere almeno una dozzina di persone. A parte una lampada e l’immancabile neon, era nuda come le celle. Unica ‘decorazione’, tre file di maniglie, una per ogni parete, tranne quella di fronte ai metaumani.

Schizoid Man guardò il licantropo, ora tornato al suo stato di lupo. “Perché ho come l’impressione che non ci sia il tempo di presentarci?”

La parete si aprì in due...e una valanga di acqua si riversò nella Stanza di Evacuazione.

 

 

Von Shtupf si terse gli occhi con un fazzoletto, sinceramente commosso. “Degli esemplari in così buona salute, che spreco. Che almeno le registrazioni della loro attività ci possano essere di aiuto...per...”

Quasi gli venne da strozzarsi. La sorpresa divenne rabbia, ira...Poi, con una voce quasi femminile nella sua isteria, il Barone urlò, “NON POSSONO FARMI QUESTO!” si diresse a una consolle, spostò bruscamente un tecnico, e schiacciò un bottone. “Vedremo se questo li convincerà a restare morti!”

 

 

Quando Equinox aveva supposto di trovarsi in una portaerei, in un certo senso aveva ragione.

Solo che non poteva sapere che questa portaerei era anche un gigantesco sommergibile!

L’apparecchio stava muovendosi quasi rasente al fondo oceanico –una pressione sufficiente a stritolare ben più di un guscio di mera carne e ossa.

L’unica fortuna dei quattro super-esseri, era di avere fra loro uno che sapesse reagire alla velocità del pensiero, letteralmente. E così, quando von Shtupf aveva guardato, aspettandosi di vedere quattro masse morte, aveva visto quattro corpi vivi e vegeti, avvolti da una sfera di energia psichica!

Uno sforzo che Schizoid Man stava rischiando di pagare molto caro. Già del sangue usciva dalle narici, e la sua espressione era di sofferta concentrazione.

“Perl’amordiDiononiniziarealeccarlo!” faceva Equinox al lupo. Come fortuna voleva, la pressione interna della bolla la stava spingendo verso la superficie, per quanto a un ritmo da lumaca.

Il lupo inclinò la testa di lato, e gli rispose...in un inglese impeccabile, “E perché dovrei?”

La Faerie, appollaiata fra le orecchie triangolari, fece la linguaccia a Equinox...La cui attenzione, e quella degli altri, fu subito attratta

dai siluri. Due, lanciati dalla poppa della nave!

Schizoid Man, ormai in ginocchio, disse con un filo di voce, “Non...devono...esplodere...L’onda...d’urto...”

I siluri si avvicinavano.

Il lupo alzò gli occhi alla Faerie. “Yillyni?”

Lei abbassò tristemente il capo. “Mi dispiace, mio Principe. Sono stanca, appena uscita dal bozzolo.”

Fu a quel punto, che la figura di Capitan Ultra si intromise fra il quartetto e la morte! La visiera del supereroe brillò, e un raggio di energia abbagliante come il sole investì in pieno gli ordigni!

Gli ordigni esplosero, ma la forza cinetica dell’esplosione fu letteralmente trasportata via nella furia del Raggio Ultra,

verso la nave del PAX.

L’avveniristico sottomarino fu scosso come un fuscello. Si potevano sentire fin da lì i suoi allarmi, l’equipaggio decisamente troppo impegnato a pensare ad altro che fermare le loro prede!

 

 

Non senza una ultra-spinta, la bolla arrivò finalmente alla superficie, dove si infranse, lasciando quattro eroi molto a mollo e molto seccati.

Ultra emerse fra loro. “Tutto bene, gente? Scusate se ci ho messo tanto, ma non è facile trovare l’ago in un pagliaio come questo.”

Un momento dopo, una piattaforma di ghiaccio risolse il problema. “Lascia stare, Cap,” fece Equinox, “E’ anche colpa nostra. Ho deciso di farci portare fin là e risolvere il problema una volta per tutte, invece di aspettare di essere tutti insieme. Temo che sarei un pessimo capo.”

Ultra si inginocchiò accanto al semicosciente Chip, la cui pallida –almeno, la metà sinistra- faccia era vigorosamente trattata dalla lingua del lupo.

Chip aprì gli occhi, e parlò con la voce dell’’Altro’. “Sì, davvero una idea del *$&! Spero per quel ‘Barone’ che sia morto, o la prossima volta...”

Equinox lo interruppe, chiedendo a Ultra, “Piuttosto, mio fratello..?”

Ultra annuì con un sorriso. “Ho distrutto la bomba prima di cercarvi, come mi aveva chiesto Chip.” Poi, a Schizoid Man, “Oh, e ho portato le ricette che...”

Ma il mutante agitò una mano, con un sorriso strano. “Credimi, Cap: a Chip non serviranno, per un bel pezzo. Quando ho finto che fosse lui a dirigere le danze, lo hanno soppresso proprio con l’Hypnocil, Con una bella dose concentrata.”

Cap si batté una mano alla fronte, e guardò Equinox severamente. “Hai pianificato di lasciarlo libero per...”

L’Uomo Termodinamico fece spallucce. “Ehi, uomo, l’ho detto che sarei un pessimo capo. E poi, non mi sembra così pericoloso, adesso. Magari, tutto quello che gli mancava era solo un cucciolo.” E stava indicando col dito

Schizoid Man, che stava arruffando la pelliccia fradicia della schiena del lupo. E sorrideva in modo tutt’altro che ostile!

Ultra sospirò. “Capisco. Mi sa che ne avremo, di cose da approfondire. Anche sul nostro peloso amico –che dici, Terry, lo portiamo a casa?”

 

Episodio3 - Verso la prima linea!

 

In una località sconosciuta...

 

Sono passate poche ore dallo scontro fra cinque super-esseri e le forze della misteriosa organizzazione anti-mutante nota solo come PAX –per quest’ultima, una debacle clamorosa, costata uomini, mezzi e quasi un’intera base mobile!

Ma non era stato tanto il fallimento in sé, che bruciava nell’animo del Capitano Thereza Claymore da Rosetta, mentre la donna, da dietro i suoi rayban scrutava la terrorizzata squadra di tecnici in camice bianco e galloni militari. Non c’era bisogno di vederle gli occhi: le sue movenze e la voce compensavano ampiamente, e tutto in lei prometteva sangue, sudore e lacrime.

Un monitor a parete dietro la donna mostrava le scene della battaglia fra il metaumano Equinox e un gruppo di soldati in uniforme/armatura che invano tentavano di abbatterlo con armi al plasma. L’Uomo Termodinamico si limitava ad assorbire l’energia e spedirla al mittente.

“Quello che mi infastidisce davvero, lorsignori, è stata la plateale assenza sul campo dei 50 Dreadnoughts MKII che, almeno nelle intenzioni originali, dovevano proprio provvedere a situazioni del genere.”

Seguì un lungo momento di imbarazzo misto a terrore. In un modo o nell’altro, tutti i presenti avevano contribuito alla creazione dei robot –o meglio, al potenziamento delle versioni precedenti, dotandole di moduli intellettivi ancora più avanzati di quelli installati nelle Sentinelle.

E se ne erano rimasti nei loro alloggiamenti, sordi a ogni ordine lanciato dalla sala-comando. E nessun apparente segno di malfunzionamento o di sabotaggio era la causa.

Il monitor si spense. Da Rosetta batté un frustino sul palmo della mano. “Quel che è successo è successo, signori. Ma! Entro 24 ore voglio un rapporto dettagliato sul perché di questo tecnofiasco: se è colpa degli omini verdi, o dei formiconi giganti o dei gremlins o del verdone mangiasassi, non importa, accetterò la spiegazione...Ma se si ripete, prima di cambiare staff vi passerò per le armi personalmente.”

 

Di tutt’altro umore, la ‘riunione’ che si stava tenendo ad Harlem, New York City.

 

Una qualità che rendeva Capitan Ultra una persona di cui fidarsi a prima vista era il suo modo di fare, spontaneo, amichevole, coronato da un volto che, nonostante la visiera a nascondere gli occhi, era impostato al sorriso.

Per tale ragione, era fuori di dubbio che la grassa risata che lo stava scuotendo fosse genuina, con tanto di lacrime e tremito diffuso per tutto il corpo. “Ihihihiiiii, hohoho...hahahaanonèpossibile!” Chi lo avesse sentito, senza vederlo piegato in due a rotolarsi come un epilettico sul pavimento, avrebbe sostenuto che nella stanza ci fosse stato un cavallo sotto tortura. “Vi prego, no...hohohohoho, eheheheeeh,”

Invece, nella stanza c’erano Terry Sorenson, ovvero Equinox nella sua identità civile, Schizoid Man, un lupo dal pelo d’argento fra le cui orecchie sedeva una faerie dalle ali di libellula, e Steel, il fratellastro di Terry nonché locale criminale capobanda.

Si scambiavano occhiate a dir poco perplesse. Il lupo fissava Ultra con la testa inclinata come un cagnolino. Steel fece ruotare l’indice intorno alla tempia. “Fratellino, non ci vedo nulla di divertente in quello che hai detto.”

Terry fece spallucce. “Lo dici a me? Quel bianco ci voleva usare come cavie e poi ucciderci, e mi sembrava più che serio.”

A quelle parole, Cap si mise in ginocchio, ancora scosso da occasionali tremiti. Si appoggiò alle spalle del lupo, fissandolo con un sorriso inquietante. “Ma certo che era serio, hihi, chissà a quali terribili prove ti avrebbe sottoposto, per un ‘servizio’ completo, eh stallone?”

Lestissimo, l’animale si ritirò con un guaito offeso, le orecchie piatte e la coda fra le gambe. Ultra rovinò a terra, senza smettere di sorridere. Finalmente, si mise in piedi, incapace di mantenere un’espressione seria per oltre un secondo. “Barone Ludwig Von...Shtupf, hehe. Ragazzi, mi avete reso un uomo felice. Se solo lo avessi saputo prima, gli avrei risparmiato la base –se non altro perché deve già soffrire abbastanza con un simile cognome, Shtupf, hihihi.”

Steel incrociò le braccia al petto, fissando solennemente Terry da dietro i suoi occhiali neri. “Lo vedi, Terry? Lo diceva anche a me, la mamma: impara le lingue, e capirai il mondo!”

Schizoid Man puntò un indice al petto dell’uomo dal costume molto colorato. “Non puoi cavartela così, Cap ultraspiritoso. Adesso ce lo dici, perché sarebbe tanto divertente, questo cognome!”

Ultra gli fece ‘no no’. “Te lo scordi...Ma se proprio ci tieni, vallo a chiedere a un qualunque altro ebreo.”

Finalmente, tutti tornarono a sedersi intorno al tavolo al centro della stanza privata di Steel. Ai metaumani si unì il lupo, che con un atto di volontà assunse una forma ibrida, bipede.

“Cerchiamo di riprendere l’argomento per le redini, gente,” disse Terry. “Ridicolo o no il nome del capo, questa gente fa sul serio!”

Ultra annuì, finalmente lucido. “Hanno mezzi e determinazione...ma non sono come quelli del Right o di altre precedenti organizzazioni antimutanti, che non hanno esitato a uccidere civili per raggiungere l’obiettivo. Chip?”

Schizoid lanciò un’occhiataccia a Ultra. “Chip è bello che addormentato e inoffensivo, chiaro? Se proprio ci tieni, chiamami Dave!”

Ultra fece un cenno di scusa. Fedele al suo nom-de-plume, Schizoid Man era un esempio da manuale di doppia personalità. La personalità dominante, Chip Martin, era stata involontariamente sedata e messa in un cantuccio dai paramilitari che li avevano rapiti. “Ad ogni modo, confermo,” continuò ‘Dave’, o l’Altro’, come era sempre stato noto, “queste pappemolli sono roba nuova sul mercato. Tanti gadgets ma inesperti.”

“Comunque sia,” disse Terry, guardando gli altri uno ad uno, “non possiamo restare qui un giorno di più. La prossima volta, quei pazzi potrebbero decidere di uccidere Steel per davvero, per arrivare a noi. Anche questo laboratorio deve sparire.”

“Non ti disturbare troppo, testacalda,” disse Steel, i gomiti puntati sul tavolo. “Meglio che sia l’intero palazzo, a sparire. Ufficialmente, è sulla lista delle demolizioni, e non credevo certo che mi durasse per sempre.”

“Mi dispiace, fratellone,” disse Terry, sinceramente mesto.

Una scrollata di spalle. “Poteva andare peggio. In fondo, il tuo amico visopallido mi ha salvato la buccia, ed è meglio di un calcio nei denti. E poi, avevo già perso tutti i regolari, con quell’ultima entrata. E’ andata bene che la polizia non sia stata coinvolta.”

“Gia..!” Dave sembrò confortato da quell’osservazione. “Se fossero stati parte di un qualche ente governativo, avrebbero avuto persino il diritto di farti mettere dentro come fiancheggiatore in attività mutanti di stampo terroristico o roba del genere, Steel.”

“Magnifico!” fece il nero, con un non proprio vago accenno di sarcasmo, levando le mani al cielo. “Così, se vengo attaccato di nuovo non potrò nemmeno chiedere aiuto alla polizia, che sarebbe troppo lieta di avere una scusa per dare un’occhiata in casa mia.”

Cap dribblò quella discussione, rivolgendosi al giovane uomo-lupo. “Ehmm, e tu che ci dici? Non è che sappiamo molto di te...”

L’ospite annuì, e rispose in tono educato, in un inglese accentato di qualche lingua nordica europea, “Io sono Hrimhari, Principe del Popolo-Lupo, e lei è Yllyni, e veniamo da Asgard la Magnifica...” e qui, chinò mestamente il capo. “Anche se temiamo che non sia più così, ormai.

“Yllyni mi ha salvato da morte certa, quando le armate del dio egizio Seth hanno invaso la nostra bella terra. Portavano la distruzione totale, e persino i più potenti fra i nostri Dei nulla potettero. Io guidai il mio popolo alla pugna, ma venimmo falciati come insetti impotenti. Persino il Valhalla ci sarebbe stato negato, ché il mostro era diretto financo alla conquista di Hel.”

Di tutti i presenti, solo Capitan Ultra sembrava stare capendoci qualcosa. Gli altri erano troppo occupati a non fare tanto d’occhi...Poi, Ultra disse a Hrimhari, “Principe...Io ho avuto l’onore di combattere insieme a Thor contro un demone, e...” vide che alla menzione dell’Asgardiano del Tuono, il giovane lupoide aveva drizzato le orecchie, gli occhi accesi da una nuova luce “...E mi chiedevo, dato che Thor è un membro dei Vendicatori, se potremmo cercare di contattarlo attraverso di loro. Voglio dire, quello è più tosto di Superman, e...”

Ma Hrimhari scosse la testa. Sulla sua testa, la Faerie fece altrettanto. “Se Thor o Padre Odino fossero vivi, non mancherebbero di farcelo sapere. No, Asgard è caduta. Non sento neppure i richiami del mio popolo...”

Il triste momento di silenzio che seguì fu spezzato dallo stesso Hrimhari, che guardò gli altri con rispetto. “Ma sto comportandomi senza gratitudine: senza il vostro aiuto, io e Yllyni saremmo morti. E non vi è dubbio che i vostri nemici sono anche i nostri.

“Perciò, se vorrete accettare questo umile principe senza terra fra le vostre file, combatterò con voi come farei per il mio popolo. Vi devo la vita, e Hrimhari di Asgard non lo dimenticherà mai.”

Un rapido scambio di occhiate, poi Schizoid Man allungò una mano a grattargli il collo! “Splendido! Per me...Youch!!” Una scarica elettrica dalla faerie gliela fece ritratte di scatto.

“Un po’ di educazione con il mio principe, mortale!” L’indignazione di Yllyni suonava comica, pronunciata con la sua vocina squillante.

Terry sogghignò. “Lo volevi tanto, un cagnolino, Dave?”

Il mutante, massaggiandosi la mano, disse, “Ne avevo uno, che assomigliava moltissimo a Hrimhari. Si chiamava Lucky...” e non aggiunse altro, ma la sua espressione divenne più ostile.

Fu lo stesso Hrimhari, a ricambiare la carezza del mutante. “Non prendertela, Dave: Yllyni non è sgarbata, ma solo molto protettiva. E anche se non sono un cane, sento che il tuo affetto è sincero, e lo accetto volentieri.”

La Faerie fece uno sbuffo, accendendosi d’indignazione. Terry disse, “Per me...Ma devo ammettere che è un mezzo miracolo, vedere Dave così calmo senza l’ausilio di una tonnellata di Prozac.” Poi, a Steel, “Ascolta, abbiamo tutti una proposta di lavoro per la Talon Corporation, e forse riusciamo ad infilarci anche te, fratellone...Che ne diresti di saltare sul treno? Non ci sarebbe opportunità mi...”

Steel scosse una mano, un sorriso ironico. “Un gangster come me? Nahh, già sarà un casino per voi con quel matto mutante...E poi, fratellino, non devo essere io, a rendere orgogliosa la mamma, ma tu. E in quanto a te, Cap...” e qui il tono di Steel si fece minaccioso. “Se gli succede qualcosa, a Terry, me la paghi, chiaro?”

 

Circa un’ora dopo, fatta una chiamata dall’ufficio di Steel, una limousine di quelle degne di un Presidente degli USA sfrecciava verso l’aeroporto JFK.

 

A bordo: Terry, Dave Martin, Capitan Ultra/Griffin Gogol e Hrimhari nella sua forma di lupo vicino a Dave. Tutti indossavano le tute bianche e verdi a molecole instabili della Talon, gallonato e con il simbolo dell’aquila in picchiata ad ali spiegate appoggiata al globo terracqueo. Hrimhari portava un elegante collare con gli stessi colori e simbolo sulla medaglia. La Faerie, per conto suo, era invisibile.

Con il gruppo, stava Kristen Palmer, la segretaria particolare dell’uomo che aveva permesso quel trasporto, e il futuro lavoro del quartetto. La donna, una bionda da urlo che il doppiopetto e gli occhiali a strettissima montatura sembravano rendere ancora più femminile, guardava il lupo d’argento con un’espressione clinica non dissimile da quella di un medico di fronte a un caso molto interessante. Se le dava fastidio vedere l’animale seduto su un sedile coperto del più fine velluto, non lo dava a vedere, ma muoveva una penna elettronica sul suo inseparabile notepad elettronico.

“Uhm, ecco, mi dispiace di non avere avvertito di questa aggiunta...” tentò Griffin, che come i suoi compagni si sentiva passato ai raggi X da quegli occhialetti. Kristen gli rispose con una breve occhiata che lo mise a tacere. “Signor Gogol, sono sicura che il nostro comune Principale” lo pronunciò come fosse un titolo regale “saprà apprezzare questa specifica aggiunta di organico, soprattutto se il lupo saprà dare un contributo attivo alle operazioni.”

Nessuno volle commentare su quell’osservazione. Gli ospiti tornarono a concentrarsi sullo schermo TV, che mostrava un servizio della CNN dall’Italia -Il gruppo di supereroi internazionale ONU, il Worldwatch, aveva sgominato con successo un’organizzazione mafiosa dedita al traffico di clandestini dall’Albania, anche se permanevano le tensioni fra i due paesi per la questione degli immigrati illegali...

“Speriamo di non doverci ritrovare a gestire un simile casino, nello Zilnawa” disse Terry. “Come potremmo prendercela con dei poveracci che hanno la sola colpa di cercare un po’ di fortuna altrove?”

Nu?” fece Griffin. “Il mio popolo ne sa qualcosa, della ricerca di una terra...Anche se non sarebbe giusto farne una scusa per trasformarsi da vittime in oppressori.”

“Per quanto mi riguarda,” fece Dave, grattando dietro un orecchio di Hrimhari, “la miseria non è una scusa per l’accoglienza a go-go. Se non ci sono le strutture per ospitare decentemente questa gente, sono solo le mafie che ne approfittano. Ci sono clan che stanno cambiando nazionalità, con queste ‘nuove leve’.”

“Si potrebbe cominciare con un po’ di deviazione di risorse,” fece Terry, scaldandosi. “Invece di sprecare...”

“Signori,” disse Kristen. Lo fece senza alzare la voce, ma fu ugualmente come avere schioccato un colpo di frusta. Le diedero attenzione incondizionata. “Una volta in volo, avrete tutte le spiegazioni possibili sulla situazione economico-sociale dello Zilnawa e del vostro incarico. Nel frattempo, vi prego di calmarvi. E un’altra cosa: non importa se il lupo si è ancora...liberato. Abbiamo a bordo le strutture adatte anche per le sue necessità.”

Hrimhari fece un curioso brontolio.

 

La corsa proseguì su un minibus privato. Un tempo, si sarebbe potuti entrare con la macchina, ma le nuove misure di sicurezza imponevano non solo un rigoroso check-in, ma anche il cambio di veicolo, veicolo che doveva essere guidato da personale militare. E non c’era bustarella che tenesse!

Per questo, un sorpreso Terry chiese a Kristen, “E come diavolo ha fatto, a farci passare?? Di noi, solo Griffin ha dei documenti.”

“E li avete anche voi,” rispose Kristen, porgendo a tutti loro dei passaporti e tessere elettroniche nuove di zecca. “Da oggi, siete cittadini dello Zilnawa a tutti gli effetti, nonché membri delle locali Forze Speciali di Difesa Nazionale. Il lupo riceverà il microchip identificativo ed ogni altra certificazione una volta giunti a destinazione.”

L’autobus si fermò davanti a un 747 modificato scintillante, con la bandiera dello Zilnawa sulla timoniera –una ‘V’ nera in campo rosso, e tre stelle intorno alla lettera. E sul dorso dell’aereo stava la modifica: una specie di Space Shuttle, ma in scala più ridotta.

Scendendo, Dave fece un fischio. “Un Air Force One, con tanto di scialuppa...Si tratta bene, il capo!” Seguirono tutti Kristen sulla scaletta.

 

Giunti a bordo –com’era prevedibile, gli interni erano una replica di quelli dell’aereo del Presidente USA- la donna indicò la piattaforma che portava al soffitto. “Noi andremo lì: raggiungeremo il Quartier Generale a bordo della navetta.”

Ce ne sarebbero state, di domande, ma tutti si concentrarono invece sulla figura in avvicinamento del

“Console Raawa!” disse Terry, già stendendo la mano, che il giovane politico nero strinse calorosamente. “A nome del mio popolo, signor Sorenson...signori tutti, grazie per essere qui. Vi chiedo scusa, ma ora ho da fare...Sono sicuro che Alex sarà un anfitrione migliore di me.”

Raawa si allontanò verso un terminale elettronico, dove un operatore stava indicando qualcosa su una mappa. Il Console sembrava preoccupato da ciò che vedeva.

Il gruppo salì sulla piattaforma.

 

Nessuno fiatò dal momento del decollo, fino a quando, una volta che il 747 ebbe raggiunto l’oceano Atlantico, il Capitano annunciò dall’altoparlante, “Attenzione a tutto l’equipaggio e i passeggeri: tra cinque minuti, avverrà il distacco dell’X-101. Allacciare le cinture, prego.”

I passeggeri si affrettarono ad obbedire. Hrimhari fu fissato da Kristen a una parete con una cinghia speciale. “La nostra base si trova in mezzo all’oceano?” chiese Griffin.

Kristen gli rivolse un’occhiata del tipo ‘basta-domande’, e Griffin obbedì.

Cinque minuti dopo, il distacco avvenne senza scossoni, a mezzo di un repulsore magnetico. La navetta si diresse in alto, verso un fitto banco di nuvole. I passeggeri si scambiarono occhiate incuriosite, ma ancora nessuno commentò...

Fino a quando non raggiunsero la base.

“Per la miseria!” fece Terry. Dave e Griffin dovettero solo annuire. Persino Hrimhari e Yllyni, che conoscevano la gloria delle guglie di Asgard, rimasero ammutoliti.

 “Signori,” disse Kristen, con allucinante distacco, “vi presento lo StarGlider 1000, l’Air Force One dello Zilnawa.

L’apparecchio era una fortezza volante, nera, a dir poco colossale, di dimensioni da fare del B-52 un nanerottolo, dotato di quattro propulsori a razzo sulla fusoliera, e di ali a geometria variabile. Addirittura, la prua stessa dell’apparecchio aveva le forme di un apparecchio autonomo.

“Fa anche il caffè?” chiese Dave.

La navetta si diresse verso una piattaforma scorrevole alla coda dell’aereo, e fu inghiottita come Giona dalla balena.

 

Scendendo dalla navetta, in un hangar le cui pareti erano tappezzate di mini-caccia individuali dalle forme innovative, la donna proseguì nella spiegazione. “E’ l’unico esemplare esistente, funge da trasporto presidenziale e QG mobile della FSDN. Può raggiungere Mach 8 e quota sub-orbitale. La propulsione è nucleare, i sistemi di mantenimento ad energia solare, ed è dotato di quanto basta per la produzione e il riciclaggio di cibo e acqua per dodici mesi.”

All’interno, l’attività era intensa, ma ordinata, ognuno al proprio posto e nessuno apparentemente curioso sui nuovi arrivati. Il gruppo si accomodò all’interno di una specie di bolla trasparente su rotaia, che, una volta chiusasi il portello, si avviò con un lieve ronzio.

“Deve essere stato utile, un simile bestio, nella Guerra dei Mondi,” disse Dave, Hrimhari seduto al suo fianco.

Kristen non staccò lo sguardo dal notepad. “In realtà, l’SG1000 non è stato utilizzato nel conflitto. Era in attesa di omologazione, al momento dell’invasione. Solo con la fine della guerra, le pratiche burocratiche sono state accelerate.”

“Regolare,” fece Terry, mentre il veloce ‘uovo’ raggiungeva la sua destinazione.

Il gruppo scese. Kristen disse, indicando con la testa la porta davanti a loro, “Lui vi aspetta. Raggiungeremo la nostra destinazione in 6 ore e 30 minuti.” E si allontanò verso un’altra porta.

 

La porta si aprì, e il quartetto si trovò di fronte a un salotto degno della Corte di Re Sole, broccato di colori caldi, tendaggi e arazzi armoniosamente disposti, e velluto dappertutto. Il soffitto, per contro, aveva un modernissimo lampadario fatto di quarzi di varie lunghezze saldati fra loro, con una lampada all’interno che sembrava una fiamma.

Alexander Thran, nel suo gessato disegnatogli addosso, sedeva dietro a una scrivania in stile antico ma corredata di ogni strumento da ufficio dell’ultimissima generazione. Il volto dai tratti orientali del CEO della Talon Corporation si distese in un sorriso. “Benvenuti!” Si alzò in piedi, e tese la mano, che a turno i suoi ospiti si affrettarono a stringere. “Sono così felice che abbiate deciso di accettare questa offerta di lavoro! Sedetevi, prego. Useremo questo viaggio per discutere ogni clausola vorrete apporre al contratto.”

I quattro si accomodarono su un divano. Di fronte, avevano un tavolino con un mini-buffet principesco. Ai piedi del tavolino, c’era una ciotola con il meglio che un cuoco potesse offrire a un lupo.

“Dunque,” fece Thran, contemplando l’animale, mentre questi si metteva a mangiare dopo una annusata di controllo. “Non mi presentate questa stupenda creatura? C’è qualcosa che dovrei imparare su di lui, signor Gogol...A proposito, al telefono mi ha detto di essere stato designato come teamleader e rappresentante, giusto?”

Griffin annuì. Per lui, non c’era rappresentante di corporazione che non fosse un serpente, nel cuore –quando un cuore c’era. Tuttavia, la presenza di Thran era...imponente. Quello non era il tipo da pugnalarti alle spalle, ma un toro che se facevi incavolare, ti incornava e poi ti schiacciava fino a ridurti a una pappetta! “Sì, giusto. E il nostro nuovo compagno è, be’...E’ molto più di quello che sembra appena avrà finito di strozzarsi, ecco.”

Al sentire il suo nome, il lupo deglutì l’ultimo boccone, si leccò i baffi, e disse, “Domando scusa per le mie maniere, lord Thran...Il mio nome è Hrimhari.” Non disse il suo titolo, e nessuno osò aggiungerlo.

Thran spalancò gli occhi. “Un lupo che parla l’inglese! Una meraviglia, in quest’era delle Meraviglie...Ad ogni modo, Mr. Gogol, sono sicuro che la sua scelta di includerlo nel gruppo sia più che giustificata...Ah, stiamo partendo.”

Griffin disse, indicando la porta con un pollice. “Infatti, la sua, ah, segretaria, ha detto che provvederà a...”

L’aereo accelerava. “Kristen? E’ proprio vero: dietro un grande uomo c’è una grande donna, ma credo che lei sia contemporaneamente tutt’e due. Non so come vivrei senza di lei...Ma dovevamo parlare delle clausole, giusto?”

Griffin stava andando nel pallone. Fu Terry a salvarlo dal trance. “Kristen ci ha detto che siamo stati ‘assunti’ in questa FSDN...Ora, non che non ci piaccia un lavoro fisso, ma non sarebbe stato il caso di chiedercelo, almeno? Non sappiamo neanche in cosa consista questo lavoro! E perché noi?

Alexander non perse un atomo di compostezza. Si mise seduto su un divano di fronte al loro, un bastone dal pomolo d’argento fra le gambe. “E’ molto semplice: lo Zilnawa è la più recente delle neonate democrazie, nata perfino dopo la crisi Bosniaca in Europa. Non occupa una posizione strategica speciale, ma si trova nella zona più fertile e ricca di minerali di tutto il Sud Africa.

“I bianchi che un tempo governavano il Sud Africa ora sperano di reinstaurarsi nello Zilnawa. Se riuscissero, potrebbero riportare l’intera area in uno stato di caos, dal quale loro trarrebbero il massimo profitto, a spese della libertà e del mercato mondiale.

“Le FSDN esistono per prevenire problemi come questo: devono contemporaneamente proteggere lo Zilnawa e rimuovere le ‘minacce speciali’ che solo un gruppo di paranormali può gestire...Ammetto, in tale senso, di avere scelto voi proprio per due ragione: primo, siete pressoché sconosciuti, a parte Capitan Ultra, del quale i media possono al massimo trasmettere l’immagine di una ‘recluta’ nel mondo dei super-esseri, ma una recluta dalle buone intenzioni. E nessun media potrà ricamare su di voi più di tanto. Secondo, la vostra eterogenicità catturerà le simpatie dei media e quindi del pubblico. Altre domande?”

Griffin disse, “La nostra libertà di azione. Cosa dovremo e non potremo fare? Perfino i Vendicatori sono stati costretti a...”

Thran fece un cenno secco con la mano. “Tranne lo stupro e il saccheggio, avrete totale libertà di azione. Voi sarete i Campioni, i campioni di questo Stato e della gente comune, dell’uomo della strada. Avete la mentalità giusta e l’entusiasmo: se avessi voluto dei mercenari, avremmo contattato gli Eroi a Pagamento o la Symkaria. Tuttavia, quando lo Zilnawa dovesse essere impegnato in un’azione militare, voi dovrete scattare al comando del Presidente o di chiunque lo rappresenti legalmente. E tutte le volte che decideste di intraprendere delle ‘crociate’ personali, ricordate che in tali frangenti rappresentate solo voi stessi. Quanto alla paga: 1 milione di Euro all’anno a testa, e tutto spesato per quanto concerne iniziative ed operazioni governative.” Tre fischi all’unisono salutarono l’ultimo annuncio.

“In...in tutto qu-questo,” balbettò Griffin, che improvvisamente si vide proiettato alla fascia-weekend-ai-Caraibi, “La, ah, Talon, che ruolo ha?”

Thran si fece di colpo serio, l’uomo di affari. “Lo Zilnawa non sarebbe nato senza la Talon, e questo è un fatto: anzi, le tensioni tribali minacciano ancora la popolazione dentro e fuori i confini. Ci vorrà tempo, per ottenere un consolidamento del regime democratico...Ma se anche lo Zilnawa è uno stato ‘privato’, non ho intenzione di interferire con la sua politica. Lo Zilnawa mi è più utile come appoggio, che come marionetta.”

Dave. “Le FSDN sono una tua creatura?”

“Una forza privata, sì. Tuttavia, si tratta di forze registrate presso l’ONU e approvate dal Consiglio di Sicurezza. Un uso...improprio ci costerebbe l’appoggio della comunità internazionale; ecco perché la necessità della vostra incondizionata obbedienza nei casi summenzionati.”

Thran si fregò le mani, di colpo nuovamente l’ospite gioviale. “Altre domande? Bene, in caso di dubbio, vi presenterò il contratto da firmare a fine viaggio. Intanto, sarà meglio che incontriate le ultime due aggiunte al vostro gruppo.”

??

Ma Thran si stava già dirigendo verso la porta.

 

“Naturalmente, l’idea delle FSDN precede la vostra scelta.”

L’uovo di cristallo stava percorrendo un binario a un livello diverso.

Thran proseguì. “Si era pensato, inizialmente, a una struttura più...militare, con membri specificamente addestrati ed armati. Ho dovuto fare molte pressioni sul CdA, per rendere la struttura un po’ più...flessibile.”

L’uovo si fermò, e scesero. Ad accoglierli, trovarono un uomo...quasi un ragazzo, ad essere onesti, con indosso un’uniforme bianca e verde. I galloni, come spiegò brevemente Thran, identificavano l’uomo come un Tecnico.

“Signore,” disse il tecnico con un inchino, “siamo onorati di averla a bordo. Il Professor Giapeto si scusa per non averla ricevuta personalmente, ma deve supervisionare una batteria di esperimenti. Sarò io il vostro accompagnatore.”

“Un italiano?” chiese distrattamente Griffin, mentre si avviavano. Il tecnico indicò loro delle piastre su cui fermarsi, e si assicurò che il lupo sedesse sulla sua. Poi, le piastre si mossero.

“Sì,” rispose Thran. “Un paese davvero strano, l’Italia: anche adesso, può produrre degli autentici geni, per poi lasciarli o marcire o prede di imprenditori senza scrupoli come me.”

Qualcuno nel gruppo tossicchiò discretamente. C’erano rumori di corridoio, voci da tabloid, che la Talon avesse raggiunto la posizione di stella grazie al saccheggio di risorse appartenute alla Roxxon e al Maggia...

Poi, i pensieri furono messi da parte. Erano arrivati all’hangar centrale, una specie di alveare dove uomini e droni lavoravano febbrilmente come formiche intorno al gigante sdraiato sulla schiena...

E che gigante! Un titano d’acciaio di 30 metri, un mostro così finemente elaborato da sembrare vivo. Massiccio, elegante con le sue due piastre scarlatte pettorali simili ad ali di drago spalancate, e le affilate pinne degli avambracci terminanti in propulsori. La testa era dotata di un enorme paio di corna dorate laterali ad ‘L’, la sommità del cranio aperta in due placche che ne circondavano la cavità.

Thran fremeva di orgoglio. “Mazinkaiser. Il culmine della tecnologia terrestre in fatto di super-robot. Un arsenale mobile pilotabile da un uomo solo.”

“Gesù,” fece Terry. “Con quello, avreste potuto demolire i Marziani in un batter d’occhio. Scommetto che si prende Red Ronin e ne fa stuzzicadenti.”

Thran sospirò. “Ahimè, i Marziani sono arrivati prima che Mazinkaiser fosse dichiarato operativo...Ma, almeno, sarà un ottimo supporto per la pace dello Zilnawa.” Un suono di passi alle loro spalle, e il gruppo si voltò. “Ah, ecco il suo pilota e vostro teammate: Robert Takiguchi.”

Robert era un ragazzo, praticamente appena arrivato ai 18 anni, un giapponese dai tratti delicati e i capelli neri ribelli. Indossava una tuta imbottita che riproduceva in modo stilizzato le sembianze del Mazinger. In un braccio, teneva un casco. Robert fece un inchino. “Sono onorato di incontrarvi,” disse in un inglese perfetto.

Accanto al ragazzo, stava una figura umana che avrebbe potuto essere sia uomo che donna, sotto il costume bianco nel perfetto stile del ninja. Di lui/lei si vedevano solo gli occhi e le sopracciglia, e si poteva solo intuire che fosse un orientale. Anche la figura si esibì in un breve inchino, ma non disse nulla.

“Il Ninja Bianco,” disse Thran. “Specialista dei Servizi Segreti. Insieme, tutti voi rappresentante i tre rami delle FSDN. Vi affido al Dottor Stone, io ho da terminare alcuni affari.”

Allontanatosi Thran, il gruppo riprese il tour. Terry chiese a Stone, “Chi ha progettato Mazinkaiser? Non sembra neanche un prodotto terrestre...”

Stone annuì. “Oh, lo è, anche se per la sua concezione abbiamo usato quanto rimase degli Shogun Warriors, dopo che furono distrutti.”

“Mi pare di ricordarli,” fece Griffin. “Non erano anche loro tre super robot, che se la fecero contro un certo...Dottor Demonicus?

Stone disse, “Proprio loro: Raydeen, Danguard A e Combattler V...Purtroppo, la storia ha provato che, presi individualmente, potevano essere un facile bersaglio. Fu sufficiente seppellirli sotto la roccia, per distruggerli. Mazinkaiser, invece, è un campione perfino in questa categoria: la lega in cui è realizzato è seconda solo all’adamantio per resistenza. Ed ha molte più armi a disposizione. Inoltre, con questa base mobile di appoggio ed alloggiamento, nessun attacco a sorpresa può raggiungerlo, e può essere riparato in un batter d’occhio.”

Dave indicò Robert con un pollice. “Yea, e il moccioso qui riuscirebbe a pilotarlo? Ha più l’aspetto di intendersi di Nintendo che di...”

Stone redarguì il mutante con un’occhiata di disapprovazione. “Takiguchi ha molta più esperienza ed elasticità mentale di quanto lei possa immaginare: durante l’affare Godzilla, è stato l’unico a tentare di avvicinare il mostro per comunicare, invece di uccidere. E’ arrivato a pilotare il Red Ronin, per tale scopo. Senza contare che sono i suoi tracciati mentali, ad essere inseriti nel Mazinger; nessun altro potrebbe pilotarlo.”

Griffin avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli. Decisamente, avrebbe dovuto fare un discorsetto a Dave..!

“Prego, proseguiamo,” disse Stone, rimettendosi la sua maschera di cordialità.

 

Nella maggior parte del tempo del viaggio, fu un autentico sovraccarico di informazioni! Visitarono tutto: i laboratori dove gli esperimenti venivano fatti in RV con una precisione superiore a quella usata con cavie e oggetti reali; il Centro Informazioni, un ‘orecchio’ che avrebbe fatto molto comodo alla NSA americana. E poi, il Centro Elaborazione Dati, il vero cuore informatico dell’SG1000. L’osservatorio spaziale, un occhio collegato a tutti i centri di ricerca in Rete sulla Terra. Il ‘giardino’, in realtà una fila di serbatoi idroponici, alcuni dei quali letteralmente fabbricavano la carne con processi di clonazione, rimuovendo così la necessità di allevamenti. Il Centro Armamenti, che fra le sue disponibilità comprendeva droni umanoidi da combattimento...

 

Quando, finalmente, furono introdotti alla loro residenza –una vasto monolocale che in un solo volume comprendeva tutto quello che avrebbe avuto un appartamento a più stanze- avevano più calli che piedi, e la testa era ridotta a un calderone ribollente. Ninja e Takiguchi esclusi, che invece squadravano i loro compagni con aria di compatimento.

Dave si buttò su un letto che lo avvolse come una benedizione, ma riuscì a dire, “Non ci godere troppo, moccioso. Scommetto che la tua prima volta non è stata diversa.” Hrimhari si sdraiò pesantemente al suo fianco.

Griffin, dal suo giaciglio, disse, “un peccato, non avere potuto incontrare il Prof. Giapeto. Che tipo è, Bob?”

“Un tipo tutto chiesa, te lo dico io,” fece Terry, sprofondato a faccia in giù nel cuscino. Sembrava di guardar parlare un cadavere. “Dio del suo Olimpo tecnocratico, inavvicinabile, burbero e con 60 anni per gamba...Be’, com’è che siete tutti ammutoliti? E’ arrivato il babau?”

“Desideravo solo potervi incontrare in privato, senza dovervi distrarre dal vostro primo giro qui,” rispose la voce maschile dalla soglia.

I quattro Campioni esausti saltarono sull’attenti con inaspettata energia.

Simone Giapeto venne avanti, le mani giunte dietro la schiena e un sorriso amichevole sulla faccia. Era un pezzo d’uomo che, senza l’uniforme e i galloni, sarebbe stato meglio dietro il bancone di un bar del vecchio West che dietro un computer. Il volto era mediterraneo, pronunciato, abbronzato con due ampi occhi neri. “Comodi, signori. Anche se Stone vi avrà certamente detto che qui a bordo io sono la massima autorità, non è una ragione per inutili salamelecchi. Siete giustamente stanchi, e vi ruberò poco tempo. Il tempo necessario per dettagliarvi della prima missione che vi attende.”

 

Episodio 4 - Prima linea!

 

T: ora. Una giungla africana, 30 Km a nordest dalla capitale dello Zilnawa.

 

Si muovevano in silenzio, veloci, su un veicolo a repulsione di nuova concezione –un gentile dono degli ‘sponsor’. Il manto erboso della giungla scorreva sotto di loro, innocuo. Poche manovre erano sufficienti per evitare gli alberi e le rocce più alte.

La squadra a bordo, di sette elementi, era tranquilla. Fino a quel momento, le nuove tecnologie stealth avevano protetto il veicolo dalle intrusioni dei satelliti americani, europei e russi.

Il commando alla guida si affidava interamente all’HUD direttamente collegato al computer di bordo, senza dovere spostare lo sguardo dal panorama. “Nessun segno di detenzione. Fase B fra sessanta secondi.”

 

Il veicolo si fermò come previsto un minuto dopo, in un’area dalla vegetazione così fitta da potersi perdere in un metro quadro di spazio. La squadra scese; avrebbero potuto essere robot, per la sincronia con cui si muovevano, asessuati nelle loro uniformi integrali, dalle proprietà camaleontiche che le rendevano quasi perfettamente invisibili. Il loro equipaggiamento era racchiuso in robusti zaini alla schiena.

Il teamleader, sceso per ultimo, controllò il cronometro. Perfetto! Erano addirittura in anticipo sulla tabella.

Come ombre, i membri della Squadra Sincronizzata si mossero.

 

Poco dopo, furono in vista del loro obiettivo.

Il ponte era una delle nuove meraviglie dell’ingegneria moderna, una struttura sospesa sulla giungla, acciaio e plastivetro, in cui i veicoli potevano muoversi senza disturbare il mondo sottostante.

La squadra sincronizzata si divise in due coppie, ognuna per un pilastro, il settimo di copertura.

Un attimo prima di arrivare a portata di campo degli scansori, unità di induzione di immagine ‘trasformarono’ i Sincronizzati in neri in mimetica, con mitra a tracolla e zainetti laceri.

Poche cariche ben piazzate, e una nuova crisi internazionale sarebbe esplosa più in fretta che a dire ‘tombola’. Nelle menti e nei cuori della Squadra non c’era altro –persino la ricompensa che li attendeva era ben poca cosa, di fronte alla prospettiva di riuscire nel lavoro assegnato. Riuscire perfettamente, come il loro addestramento richiedeva, e come le apparecchiature di cui disponevano concedevano.

Un ‘click’ metallico annunciò il piazzamento della carica. I ‘guerriglieri’ si guardarono, annuirono e corsero via. Tra poco, sarebbero stati molto ricchi.

 

T: -60 minuti e 27 secondi, sui cieli del Sudafrica

 

Lo StarGlider-1000 era letteralmente l’ultimo ritrovato in fatto di basi mobili aeree. Dove, indubbiamente, la famosa elifortezza dello SHIELD era una struttura era una città mobile, ma goffa, lenta, l’SG-1000 era un mezzo veloce, e miracolo di compattezza.

Doveva essere il meglio, in quanto non solo Air Force One dello Zilnawa, ma anche quartier generale mobile delle Forze Speciali di Difesa Nazionale, la prima organizzazione ‘a tutto campo’ di questa neonata democrazia.

Un’organizzazione che trovava il suo fulcro nel team paranormale dei Campioni.

 

Simone Giapeto venne avanti, le mani giunte dietro la schiena e un sorriso amichevole sulla faccia. Era un pezzo d’uomo che, senza l’uniforme e i galloni, sarebbe stato meglio dietro il bancone di un bar del vecchio West che dietro un computer. Il volto era mediterraneo, pronunciato, abbronzato con due ampi occhi neri. “Comodi, signori. Anche se Stone vi avrà certamente detto che qui a bordo io sono la massima autorità, non è una ragione per inutili salamelecchi. Siete giustamente stanchi, e vi ruberò poco tempo. Il tempo necessario per dettagliarvi della prima missione che vi attende.” Ignorò i salaci borbottii dai suoi ‘ospiti’, e si avvicinò al tavolo centrale. Attivò una specie di scatolina al centro, e sulla superficie di plastica apparve una tastiera da computer!

 “Immagino che vi aspettaste un briefing in qualche bel salone dedicato,” disse Giapeto, digitando sulla ‘tastiera’. “Ma, poiché il resto del personale è già stato informato...Ecco. Osservate.”

L’intera superficie della tavola, tastiera esclusa, si animò e divenne una mappa tridimensionale a colori reali dell’area che l’SG stava sorvolando. La città/stato di Zilnawa faceva la sua bella figura all’interno di una immensa depressione naturale che arrivava a toccare la più vicina Pretoria.

“Lo Zilnawa è nato al centro del Vredefort, il più ampio cratere da impatto conosciuto sulla Terra. Sulla scia di quella distruzione, è rimasta una impressionante quantità di preziose risorse minerarie, fra qui abbondante iridio e nuove leghe metalliche naturali –leghe che fra parentesi sono state applicate nella realizzazione del Mazinkaiser.

“Fortunatamente, tali giacimenti sono sempre stati sottovalutati dai vari governi sudafricani. Oro, uranio e altre risorse erano –e sono- già disponibili a costi più accessibili.

“Come saprete, la Talon Corporation ha creato la propria fortuna assorbendo le tecnologie avanzate di aziende fallite per eccesso di pionierismo in un mercato sordo al progresso senza profitto immediato. Fusione nucleare, antimateria, energia solare, propulsione a idrogeno...La gente che ha lavorato su questi sogni e che ha perso contro la realpolitik ha accettato con gioia di saltare sul treno della Talon. Le risorse naturali del Vredefort e investimenti oculati hanno fatto il resto. A tutt’oggi, lo Zilnawa è la Latveria del Sud Africa.

“Naturalmente, un simile sviluppo è stato possibile solo perché i nostri ‘vicini’ e ‘alleati’ hanno lasciato che noi scalassimo la vetta per primi.”

“E adesso che le nuove risorse sono disponibili,” disse Schizoid Man, la bocca piegata in un sorriso nel lato nero del volto, “è giunto il momento di reclamare tutta la torta. Senza fare troppo rumore, naturalmente.”

Giapeto annuì. “Non tutti. Abbiamo un gioco di alleanze che vi illustrerò meglio in seguito. Comunque, è vero che le borse di tutto il mondo sono impazzite, nella nuova corsa all’oro. La Talon è un consorzio, e stanno cercando di strapparne i rami...Ma è questo, il nostro vero problema.” Giapeto puntò un dito sulla mappa. Sensibili campi elettromagnetici interpretarono il comando, trasformando la rappresentazione in una visione ravvicinata dell’area fra Pretoria e lo Zilnawa. Puntini rossi brillavano in mezzo al verde della giungla.

“Basi militari. Pretoria, ufficialmente, è preoccupata dalle montanti ondate di disordini nel Sudafrica fin dalla fine dell’Apartheid, e le fazioni di guerriglia filoislamica sono solo la ciliegina sulla torta dei pretesti. Poiché lo Zilnawa non ha mai espresso una chiara posizione nel quadro politico africano, Pretoria intende tutelare la propria sicurezza. La comunità internazionale storce il naso, ma le pressanti questioni mediorientali Israele/Palestina costringono a guardare altrove, per ora.”

Il leader del gruppo, Capitan Ultra, digrignò i denti. Lui stesso era ebreo, e quell’assurdo conflitto era una ferita nella sua anima. Aveva potere sufficiente a volare fin nel campo di battaglia, afferrare per la collottola Sharon e i leader terroristici e metterli in galera...e non sarebbe servito a niente, se i popoli stessi non avessero prima trovato il coraggio di cercare la pace, rovesciare i loro incapaci ‘leader’...

Giapeto stava parlando, e Ultra si scosse. “Chiedo scusa?”

“Stavo dicendo,” disse Giapeto, “che l’attività nelle basi, in questi giorni, ha subito un incremento. Stanno preparandosi a muoversi.

“Non oseranno attaccare direttamente la città, ma useranno guerriglieri e terroristi come scusa per arrivare agli impianti minerari, fabbricare prove, screditare in un colpo solo lo Zilnawa e la Talon che ne ha appoggiato la nascita.”

“Stiamo per entrare in guerra, insomma,” disse Terry Sorenson.

Giapeto non perse una virgola della propria formalità. “Non ufficialmente. Se a Pretoria sono furbi, ordineranno delle manovre di commandos, una ‘black op’. Senza prove di ‘coinvolgimento’ dello Zilnawa con i terroristi, non possono sparare neppure un colpo a salve. Combatteremo astuzia per astuzia. Se anche usassero dei metaumani, con voi siamo coperti.”

“Limiti?” chiese Ultra.

“Nessuno, finquando vi scontrerete all’interno dei confini Zilnawani. In caso di coinvolgimento di civili, occupatevi prima di questi ultimi senza indugio.”

Uno dei Campioni emise un brontolio, e tutti si voltarono a guardarlo con curiosità –era Hrimhari, il principe-lupo di Asgard. Era uno splendido esemplare, nel pieno della forma e dal manto argenteo. Stava sdraiato per terra, regalmente, le zampe anteriori incrociate. Parlò con una voce profonda e ricca del suo accento nordeuropeo. “Tre dei mortali di Midgard qui presenti mi hanno salvato da fine certa, e combatterò al loro fianco come fossero membri del mio branco. Tuttavia, non finirò mai di sorprendermi di fronte alle energie che la vostra gente sa profondere per l’accumulo di ricchezze materiali. Il ‘progresso’ dell’uomo non sta che avvelenando la terra da cui trae sostentamento.”

Giapeto sorrise, per nulla a disagio di discutere di simili argomenti con una creatura ritenuta dai più ‘inferiore’. “Più che una democrazia, lo Zilnawa è un esperimento, Hrimhari.

“Noi possiamo dimostrare che le nuove tecnologie sono a portata di mano, e a costi rapidamente riammortizzabili. Mentre parliamo, stanno preparando il lancio dell’ultimo componente del nuovo satellite a trasmissione energetica. L’energia solare sarà convogliata in un laser e trasmessa ai ricettori a terra; questo, da solo, proverà che il carbone e il petrolio sono obsoleti, e da tempo.

“Se lo Zilnawa cadesse nelle mani sbagliate, la Terra perderebbe la sua ultima speranza di frenare la distruzione dell’ecosistema. I paesi del terzo mondo vogliono e hanno diritto allo sviluppo, ma non si può permettere che passino per gli stessi stadi delle nazioni occidentali, o l’atmosfera sarà avvelenata senza scampo e la desertificazione diventerà inarrestabile. Fra undici mesi, quando inizierà il nuovo summit sullo sviluppo mondiale sponsorizzato dall’ONU, dovremo essere in grado di provare che le nuove tecnologie sono applicabili a tutti gli effetti. Domande? Capitano, lei non mi sembra ancora convinto.”

Fra sé, Ultra si impose di praticare meglio la faccia da poker. Per quel che ne sapeva, stava aiutando un gruppo di industriali senza scrupoli a fondare una elite pericolosa per il mondo libero...Ma qual’era l’alternativa? Ripensò ad Israele, all’Afghanistan...A quei territori che un tempo erano parte della ‘mezzaluna fertile’, la ‘terra del latte e miele’ della Bibbia. Posti meravigliosi, degni del Giardino dell’Eden...fino a quando l’esplosione demografica e la conseguente estensione di agricoltura e pascolo non avevano causato la desertificazione di quelle terre!

No, si sarebbe riservato almeno di vedere da vicino la vita nello Zilnawa. Dopo, avrebbe deciso se tirarsi indietro o no.

“Solo una,” disse alla fine. “Quando si comincia?”

 

T –40m, 55s. Impianto di estrazione 23, 12Km a nord della capitale, Vredefort Crater

 

Il velivolo, simile ad uno space shuttle in miniatura, atterrò docilmente sulla piattaforma. Un attimo dopo, sotto un sole impietoso, ne scesero cinque dei sei Campioni.

Ad accoglierli, trovarono il direttore dell’impianto in persona. Era questi un nero brizzolato in maniche della più abbagliante camicia bianca mai vista, intonata al suo largo, perfetto sorriso. “Sono Richard Zana. Felice di incontrarvi, signori. Il signor Thran ci ha dettagliato sulle vostre funzioni, ma spero proprio che non ci sia bisogno del vostro intervento. Di qua, prego.”

Si diressero all’ascensore, che consisteva di una struttura interamente in plastivetro, con una panoramica sull’intero impianto. Durante la discesa, Zana lanciò un’occhiata incuriosita al lupo e al minuscolo essere umano seduto sulla sua testa. “Con tutto il rispetto...In che modo un animale può cavarsela in un eventuale combattimento armato?”

“Può cavarsela meglio di te, mortale,” disse la faerie, con la voce chiara di una persona dalle normali dimensioni.

“Cosa estraete qui?” chiese Terry, che per unanime consenso non avrebbe assunto la sua modalità da combattimento in qualunque ambiente angusto se non necessario. Era da molto tempo che non si trovava a guardare dal vivo un simile dispiego di tecnologia. La presenza umana era letteralmente ridotta al minimo, di fatto gli operai erano robot, delle più strane forme, ognuna specializzata nel proprio campo. Sciamavano per l’impianto come laboriose formiche. “Non avete problemi con i sindacati?”

Zana era visibilmente orgoglioso. “Qui estraiamo iridio e Starlega. Questo impianto è di fatto la linfa vitale dello Zilnawa e delle industrie di mezzo mondo –come sapete, l’iridio è il più raro dei metalli, insieme al Vibranio. La Starlega è ancora più rara, e quella che troviamo è conservata in un deposito a prova di bomba a fusione pura. Prima di immetterla sul mercato, sarà indispensabile analizzarla e scoprirne le potenzialità...”

“Il Professor Giapeto ha detto che è già stata usata, per il Mazinkaiser,” intervenne Ultra.

“Vero, ma è stata usata una tale quantità di energia, da rendere quel robot, per quel che ne so, il più costoso macchinario del mondo. Pochissimi potrebbero usarla, mentre il nostro governo ha intenzione di renderla disponibile alle più ampie fasce di mercato possibile.” L’ascensore arrivò a terra, e mentre uscivano, il direttore proseguì. “Quanto ai sindacati, no, nessun problema. Vedete, la ricchezza viene ridistribuita equamente fra tutta la popolazione, in un sistema di welfare pubblico che segue il 100% dei bisogni, senza ingerenze da privati. Di fatto, sono pochi specialisti a dovere lavorare, nello Zilnawa. I lavori pesanti sono tutti svolti dalle macchine.”

“Mary Shelley crepa d’invidia,” disse Schizoid Man.

Zana fece un cenno di ‘lasciamo stare’. “Noi siamo più seguaci di Arthur Clarke che di una paranoica di una cultura che dovrebbe essere morta e sepolta. Nello Zilnawa, crediamo che il giusto buon senso possa prevenire qualunque ‘ribellione’. Ogni robot è assolutamente e specificamente programmato per una sola serie di funzioni. Le sole intelligenze artificiali veramente sviluppate sono presenti nei laboratori di ricerca, non sul campo.”

Passando vicino a una sentinella nera, armata con un fucile come mai si era visto sul mercato ufficiale, Hrimhari non poté trattenersi da un’annusata volante. “Come mai le guardie sono umane? Queste vostre meravigliose macchine potrebbero impedire un inutile spreco di sangue.”

Zana quasi inciampò sui suoi passi, gli occhi a palla. Quando Thran gli aveva detto che il lupo era un esemplare...insolito, non aveva assolutamente accennato alla parola. Ma lo stupore durò un istante, poi tornò il sorriso –per quanto leggermente sbiadito. “Err, le variabili impazzite sono troppe, per quanto concerne la sicurezza. Un robot può essere rubato e riprogrammato contro di noi, la sua tecnologia copiata...senza contare che i danni a un robot costano molto più da riparare –quando non si parla di sostituire l’intera macchina- di quanto costi curare una guardia umana. Inoltre, la fedeltà di questi uomini non è solo ideologica, ma basata su solidi guadagni e servizi pubblici pagati. Un nemico dovrebbe rovinarsi a colpi di bustarelle solo per uno dei nostri uomini o donne. Senza contare che le guardie non hanno ‘passepartout’ per i sistemi di sorveglianza. Abbiamo abbastanza ridondanze da fregare qualunque tentativo di doppio gioco.”

Entrarono nel palazzo della direzione, un cubo a tre piani tutto bianco. Dentro, l’attività era a dir poco frenetica; piacevole caos umano, dopo il relativo silenzio degli operai robot.

“Con tutto il rispetto,” disse Zana, “nessuna macchina saprebbe ancora cavarsela nel caos burocratico. E’ incredibile quante scartoffie possano sopravvivere all’informatizzazione, non è vero? Per me, è la naturale ritorsione. Sistemi così precisi richiedono un controllo umano sempre più accurato e documentabile su carta. Riciclata, s’intende.”

Entrarono nel suo ufficio, un luogo apparentemente spartano, quasi claustrofobico nonostante il finestrone.

“Niente piani alti e piante di ficus?” fece Schizoid Man. Si accomodarono su una enorme poltrona in similpelle, Hrimhari seduto ai piedi del mobile.

“Dati i vostri dispositivi di sicurezza,” chiese Terry, “dov’è che interverremmo, noi?”

Zana fece spallucce. “E’ un tirare a indovinare. I servizi segreti, nella loro eterna paranoia, sono convinti che l’attacco avverrà qui, ma di più o non sanno o non vogliono dire. Voi cosa sapete?” Ma ebbe la risposta appena vide le loro espressioni sconsolate. “Ad ogni modo, quanto al lusso...” digitò un pulsante della tastiera incisa nella scrivania.

L’intera stanza si trasformò nello spaccato di una verdeggiante foresta! Persino odori e temperatura erano perfettamente simulati, tanto che il lupo iniziò a guardarsi intorno, e poi verso un tronco caduto dove uno scoiattolo era appena fuggito.

“Spero la troviate un’applicazione pratica, per l’home entertainment,” disse Zana. “Ci servirebbe, un po’ di pubblicità, per quando immetteremo sul mercato questi dispositivi. La scelta di scenari è pressoché infinita.”

Una vespa passò davanti al Ninja Bianco, che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte, presente come un fantasma più che una persona. Solo per prova, il guerriero fece scattare due dita contro l’insetto, che fu distrutto come fosse stato reale, fin nel minimo dettaglio.

Hrimhari, apparentemente, perse interesse per quella simulazione degna della Stanza del Pericolo. “Capitano,” disse, “siamo in pericolo. Lo sento.”

Zana reagì istintivamente a quel tono che non ammetteva dubbi, e spense la simulazione. “Ma è impossibile...Non è stato segnalato nemmeno...” In quel momento, fu interrotto dal cicalino dell’intercom. “Direttore,” disse la voce di un’impiegata, “abbiamo appena perso tutti i monitor e gli scansori del Livello G1!”

“Le ultime parole...,” disse Ultra, alzandosi in piedi, “vediamo subito.” Detto fatto, attivò la sua ultra-visione, una ‘vista’ a neutrini, di fronte alla quale anche il neutronio era semitrasparente.

“Guardi in basso!” disse Zana, “Al primo piano sotterraneo.”

Ultra obbedì. Un attimo, e, “E’ lì! E ha una specie di bomba! Me ne...” si guardò intorno, costernato. “Ma dov’è finito il Ninja?” Le sue parole si persero nell’allarme attivato da Zana.

 

Il sicario, del guerrigliero o del sabotatore infiltrato, non aveva onestamente nulla –ed era per questo che si era assicurato di potere lavorare in perfetta privacy. Le solide porte antincendio erano sigillate alle pareti con resina metallica. E senza scansori, le autorità Zilwanane avrebbero solo potuto esaminare, come prova, quello che sarebbe rimasto del cadavere vestito da guerrigliero che il mercenario si era portato dietro.

Il mercenario, una figura vestita da un costume interamente bianco, con un cappuccio e occhialoni anch’essi bianchi, stava ora programmando un ordigno apparentemente troppo piccolo per i suoi propositi...Ma nel design futuristico di quello strumento giaceva un cuore di materia superdensa. Una carica più che sufficiente a ridurre in pappa le travi portanti del palazzo... “Eh?”

L’allarme! Stavano suonando il segnale di evacuazione! Il mercenario sibilò una bestemmia, e inserì l’ultimo comando. Entro un minuto... “YARRGH!”

Colpito! L’avevano colpito alle spalle! Sotto la maschera, colui noto come il Fantasma guardò con orrore la lama della katana uscire dal petto, il metallo percorso da piccoli archi voltaici.

La lama fu ritratta, e il Fantasma ricadde a terra. Su di lui, torreggiava le figura del Ninja Bianco! “Un...professionista, dunque...Pff, per quello che ti servirà...” Mancavano solo 30 secondi. Almeno, un risultato l’avrebbe ottenuto...

“Servirà a guadagnare tempo, per cominciare,” disse, dietro di lui, la voce

di Capitan Ultra, che reggeva in mano l’ordigno. “Scusami la fretta, ma ci presentiamo dopo, OK?” E, come era venuto, l’eroe fasò con la bomba attraverso il soffitto.

 

Una volta all’aperto, Ultra lanciò la bomba con forza, e contemporaneamente la investì con un cono di energia Ultra dalla visiera per ridirigere l’esplosione verso l’alto...E quasi fallì, avendo seriamente sottovalutato la potenza dell’esplosione!

 

Il Fantasma si alzò in piedi, sempre sotto la vigile lama della katana. Ancora qualche minuto, per la riparazione completa... “Tu sei il Ninja Bianco, un perdente che l’Uomo Ragno ha messo sotto al primo round. Eri scomparso: credevo ti fossi ritirato.”

La risposta giunse fredda, priva di emozioni. “Ho migliorato il mio addestramento e le mie armi. Lavoro per lo Zilnawa, adesso.”

“Vuol dire che sarà il tuo epitaffio,” disse il Fantasma, scomparendo dalla vista.

Prevedendo quello che sarebbe successo, il Ninja saltò in aria. Un attimo dopo, il suo corpo fu investito da una tremenda scarica di energia, e cadde, inerte.

Il Fantasma, una pistola hi-tech in mano, tornò visibile...e sussultò. “Maledizione!”

A terra, ancora fumante per il colpo, giaceva un pezzo di legno!

Movimento! Alle sue spalle! Il Fantasma sparò colpi in rapidissima sequenza; ironicamente, se il suo avversario fosse stato Iron Man, sarebbe anche riuscito a colpirlo...Ma il Ninja non aveva scherzato, dicendo di essere migliorato. Si stava già muovendo, nel momento in cui il Fantasma premeva il grilletto, e ogni colpo arrivava a segno con un attimo di ritardo!

Nel correre, il Ninja ripose la katana dietro la schiena. Arrivato al muro, semplicemente, vi proseguì la corsa come fosse stato un piano orizzontale! Un rapido movimento del braccio, e una pioggia di shuriken volò verso il Fantasma! Le temibili stelle appuntite di metallo erano sature di energia, sufficienti a penetrare il corpo del Fantasma come proiettili. E lo penetrarono, infatti...ma solo perché a quel punto il corpo del nemico era intangibile!

“Peccato, bianco, sarà per un’altra volta. Ci si vede!” E il Fantasma sparì attraverso il pavimento.

 

In mezzo a un capannello, Equinox aiutò Ultra a rimettersi in piedi. “Tutto bene, Cap?”

L’eroe si stava massaggiando la testa. “A parte il mal di testa e l’orgoglio, sì...credo...Oy, volevano veramente darci dentro. Qualcuno sa cosa è successo al Ninja?”

In risposta, il Ninja stesso apparve dal nulla in un vibrare di energia, facendo sobbalzare la folla. Subito, il guerriero fece un inchino marziale. “Il Fantasma è fuggito. Domando perdono.”

“Il chi?” domandò Schizoid Man.

“Un mercenario specializzato in sabotaggi industriali. E’ particolarmente feroce contro tutto ciò che riguarda le imprese Stark.”

“Faceva meglio a continuare a prendersela con loro,” disse il mutante. “Adesso ci sono abbastanza prove da affossare Pretoria davanti a qualunque...”

“Prove del tutto insufficienti,” disse Zana, sconsolato. “Per quanto ne può sapere qualunque corte internazionale, il Fantasma è solo l’ennesimo pazzo in costume impegnato in qualche personale crociata. La sua bomba è distrutta,” e qui lanciò una breve occhiataccia a Ultra. “Insomma, abbiamo solo perso tempo.”

In quell’istante, suonò un cicalino nella cintura dei Campioni –nel collare, per Hrimhari. La voce di Giapeto era allarmata. “Campioni, ci hanno preso in giro! I dispositivi di sicurezza al Km 199 del Ponte del Dalai segnalano attività di sabotaggio dei guerriglieri! Vogliono colpire il Presidente K’Auna! Fate presto, vi trasmetto le coordinate!”

Ultra disse, “Io vi precedo. Raggiungetemi con l’X-101,” e prese il volo. Un assordante bang sonico e una fiammata di attrito atmosferico annunciarono l’immediato raggiungimento della velocità di fuga.

 

A bordo dell’SG-1000, il sesto Campione misurava la sala di controllo a falcate da tigre in gabbia, lanciando occhiate nervose al maxischermo che occupava un’intera parete. Su di esso, si vedeva la rampa di lancio di Cape Laika, così chiamato in omaggio al primo animale lanciato nello spazio; l’R(Reusable)M(Multi)S(Stadium)V(Vector) Skywolf I stava entrando nell’ultima fase dei preliminari al lancio. In distanza, una folla di gente si agitava come un unico organismo –a Robert Takiguchi ricordavano un’ameba oscena, desiderosa di inglobarsi la preda. Una finestra dello schermo mostrava l’ameba come composta di uomini esaltati, urlanti, ipnotizzati dalla propria rabbia, mentre brandivano striscioni e cartelli –solo che, insieme alle ben note diciture razziste, facevano mostra di sé deliranti slogan anti-tecnologici...E, come temuto, fra i manifestanti c’erano le familiari tuniche bianche col sole infuocato dei Luciferi.

Simone Giapeto sedeva al centro della stanza, circondato da una propria consolle. Levò gli occhi dal suo lavoro giusto il tempo di rivolgersi al giovane giapponese. “Robert, so che vorresti essere lì, a garantire la sicurezza personalmente, ma non si tratta di un’operazione militare, e le Forze Speciali di Difesa Nazionale non sono state invitate.”

Robert, che indossava l’uniforme da pilota, in mano il suo casco, si piantò davanti all’uomo che ora per lui era come un padre. “Direttore, i Campioni sono già stati depistati per quanto riguardava i sabotaggi. Per quanto ne sappiamo, fra quei ‘dimostranti’...”

Giapeto lanciò un’occhiata severa al ragazzo, rimettendolo compos sui. “Quei dimostranti sono sotto continuo monitoraggio, e nessuno di loro è un metaumano o un mutante o un sicario hi-teche lo Skywolf I è protetto da abbastanza misure di sicurezza, che quelli avrebbero bisogno di armi molto potenti per fermarlo...Ma su una cosa hai ragione, ed è per questo che sei rimasto qui. Se questa volta i nostri agenti non hanno preso un granchio colossale, la missione avrà bisogno di noi molto presto.”

 

Il condensato comunicato radiotrasmesso informò Ultra della tremenda realtà che si stava prospettando. L’auto del Presidente dello Zilnawa era diretta verso la capitale dopo un lungo tour di visite ai vari villaggi autoctoni sparsi fra la nazione e Pretoria. L’idea era quella di assicurarsi proprio il supporto delle popolazioni ancora ignorate dai ricchi ‘vicini’ africani –una politica poco ben vista da Pretoria e dintorni, ma non certo ufficialmente contrastata.

La morte del Presidente K’Auna, in quel momento a pochissimo dal KM 199 del ponte di cristallo, avrebbe acceso una nuova polveriera! Ultra era una palla di fuoco, concentrato su ogni centimetro quadrato dei pilastri, e bestemmiava sordamente –fra tutti quei maledetti strumenti, come faceva a distinguere una %£$@°!? di bomba?? Solo quella del Fantasma sembrava un cric della navetta della Voyager!!

L’auto del Presidente era ormai al Km 199! Ma perché diavolo non l’avevano almeno fatta fermare?

Poi, anche pensare, perse di importanza, quando gli ordigni detonarono! La sezione danneggiata sussultò ma tenne, oscillando paurosamente. E per quanto il ponte potesse essere una struttura flessibile, il potente trauma ne avrebbe spezzato la coerenza in pochi istanti! C’era una sola cosa, da fare! E, perversamente, Ultra si sentì proprio come Superman, mentre usava il suo stesso corpo come pilastro portante!

Sentì l’auto presidenziale passare sopra di lui, ma non per questo Ultra mollò la presa. Attivò la visione Ultra, e scandagliò quanto possibile della giungla...Eccoli! Ultra attivò la radio. “Sono su un hovercraft, direzione...” già! Nessuno gli aveva ancora dato lezioni di goniometria. “Fa niente, ve lo indico con il raggio Ultra. Prendeteli, gente, io resto qui ad aspettare le squadre di riparazione.”

Finalmente, vide l’X-101 sfrecciare nel cielo all’inseguimento. Conoscendo gli altri, era sicuro che nessuno di loro si sarebbe perso quest’occasione di menare le mani –però potevano almeno fargli le congratulazioni!!

 

Sullo schermo, l’hovercraft si diresse verso l’imboccatura di una caverna, passandoci a stento.

Automaticamente, il sistema operativo a fuzzy logic del computer di bordo prevenne i desideri dei suoi padroni e mostrò una mappa del sottosuolo in quell’area.

“Ci mancava solo questa,” disse Equinox, “un network di caverne sotterranee! Scommetto che è la residenza estiva dell’Uomo Talpa. Non li troveremo più.”

“Li troveremo,” disse Hrimhari. “Io sono il migliore esploratore e cacciatore di tutte le foreste di Asgard, e quel labirinto è poca cosa.” Il suo tono non ammetteva repliche, e la navetta fu diretta da Schizoid Man verso l’imbocco, dove fu fatta atterrare.

“A proposito,” disse l’uomo termodinamico al mutante, “dove hai imparato a pilotare?”

Sorriso enigmatico. “Un giorno te lo racconterò. Andiamo!”

 

All’imboccatura della caverna, Schizoid Man si rivolse a Hrimhari. “Abbiamo poco tempo, giusto? Vieni con me, forza!” e si tuffò senza esitare in quel pozzo oscuro, seguito a ruota dal lupo...

 

...che atterrò, nel cono di luce dall’esterno, al fianco del compagno, in piedi su una mostruosa manifestazione che sembrava la versione diabolica di una manta, con tanto di zanne e artigli! La creatura era, in realtà, puro ectoplasma mentale, generato dalla mente del mutante.

“Tu hai dei problemi, amico,” disse Equinox, entrando a sua volta, contemplando la mostruosità.

“Da che parte?” chiese Schizoid Man, ignorandolo.

In un attimo, la forma del lupo assunse postura bipede. Hrimhari si concentrò, diventando tutt’uno con l’ambiente che lo circondava...Finalmente puntò un dito ad est. “Di là, ma sono molto veloci.”

“Davvero?” disse Schizoid Man, e quasi fece volare via l’asgardiano, tanto veloce fu lo scatto in avanti della ‘manta’! Equinox dovette darsi da fare per stargli dietro. Tutti maniaci della Formula 1, oggi!!

 

Era uno spettacolo impressionante! Era davvero un mondo a parte, là sotto, sembrava di essere in un romanzo di Verne. La scia di plasma di Equinox si rifletteva su poderose formazioni di quarzi e stalattiti come zanne di giganti dimenticati. Dove la luce del plasma non arrivava, brillavano colonie di organismi fotosfori. C’era di che restare intimiditi, di fronte alla maestà del luogo –e all’ignoranza che i Terrestri avevano del proprio mondo!

“Beccato!” disse Schizoid Man, alla vista dell’hovercraft nemico, diretto verso nessuna direzione in particolare.

Hrimhari strinse gli occhi, il pelo sulla schiena istintivamente teso. “Questo è il momento critico: la preda è disperata, e proprio ora potrebbe voltarsi contro il cacciatore. State attenti!”

Sembrava proprio che a bordo lo avessero udito, perché, senza preavviso, l’intero veicolo si trasformò in una palla di luce!

Equinox, già messo sull’attenti, fu il primo a reagire, frapponendosi fra i suoi compagni e l’esplosione, assorbendone l’onda termica! Purtroppo, lo spostamento d’aria e i detriti letali come proiettili furono un’altra, e tutti ne furono investiti! Schizoid Man perse la concentrazione, insieme alla conoscenza, e la sua ‘manta’ si dissolse.

Tutti precipitarono verso un abisso apparentemente senza fondo...

 

“Ricevuto, Campione,” disse l’operatore in camice bianco. Poi, a Giapeto, “Direttore, non abbiamo più contatti con Schizoid Man, Equinox e Hrimhari. Il Ninja Bianco chiede il permesso di andare in esplorazione.”

 “Negativo,” rispose Giapeto. “Digli di attendere Capitan Ultra. Tra quando sarà lì la squadra di riparazione?”

“Venti minuti, signore.”

Più il tempo necessario a mettere su le impalcature provvisorie... pensò l’italiano, stringendo un pugno. Ma quella è terra ignota, e il Ninja da solo rischia di andare al macello per niente! Come... “Cosa succede?”

Era l’allarme generale, come programmato proprio nel caso di...E infatti, eccole! Sia sugli scansori che sul maxischermo.

Su una finestra, proprio in quel momento, stava per decollare lo Skywolf I. E sull’altra, una formazione di Sentinelle, che si dirigeva verso l’RMSV!

L’informazione era dunque corretta! “Robert, tocca a te!”

 

Episodio 5 - Arriva Mazinkaiser!

 

Robert, tocca a te!

Con queste parole nella mente, il volto del soldato risoluto su nient’altro che la propria missione, il giovane Robert Takiguchi, vestito della propria, colorata uniforme di pilota, stava in piedi nell’ascensore in plastivetro. Accanto alle pareti, scorrevano i numeri dei livelli –3...2...1... Robert si tese.

0! Il pavimento della cabina si aprì. Robert sollevò le braccia, e si lasciò cadere

lungo il tubo telescopico che, dal soffitto del colossale hangar, portava fino al super-robot che vi giaceva sulla schiena. La macchina misurava 30 metri, un concentrato di tecnologia come non si vedeva sulla Terra dai tempi degli Shogun Warriors.

Il tubo portò Robert nella cabina di pilotaggio, all’interno della calotta cranica, che proprio sopra gli occhi si apriva in due placche a doppia punta. Robert scivolò senza difficoltà sul sedile. Il tubo si ritirò.

Posò le mani sul pannello di guida –di fatto, un touchpad che sostituiva l’antiquato gioco di leve e cloche dei predecessori. Sofisticati sensori registrarono l’impronta genetica e le onde cerebrali dal casco; richiese un microsecondo. Le luci della cabina si accesero, la calotta si chiuse con un sibilo idraulico.

Gli occhi del gigante si accesero di giallo. Le sirene di allarme risuonarono a titolo precauzionale, in quanto il personale era già stato allertato di allontanarsi. Allo stesso tempo, ogni infrastruttura era già stata ritirata in speciali alloggiamenti nelle pareti.

 

Il portello posteriore dello StarGlider-1000, Air Force One e Base Mobile Strategica delle FSDN, si aprì in due per il lungo, estroflettendo una pista.

 

Robert attese le luci di ‘GO’...ed eccole! Diede fiato ai polmoni, e

“MAZIINGA FUORI!”

 

Oggi, stava per compiersi il disastro, per la storia del progresso umano.

A Cape Laika, centro spaziale della neonata democrazia tecnocratica dello Zilnawa, stava per essere lanciato lo Skywolf I, un RMSV (Reusable Multi-Stadium Vehicle) che ospitava l’ultimo componente per una ministazione automatizzata geosincrona. Una stazione il cui scopo era raccogliere l’energia solare e reindirizzarla in forma di laser a una stazione a terra, che avrebbe convertito la luce in energia. Se i costi di quel progetto fossero stati ammortizzati secondo i piani prestabiliti, il mondo occidentale sarebbe stato testimone di una rivoluzione, il primo passo verso il tramonto dell’era dei combustibili fossili.

Un’ottima ragione, per le forze conservatrici, che su tali combustibili avevano costruito fortune, per impedire che quel passo fosse compiuto. E a tale scopo, una squadra di Sentinelle era stata inviata a Cape Laika.

Per distruggere lo Skywolf I.

 

Dalla ‘stanza dei bottoni’ di C.L., il personale osservava con non poca trepidazione i robot in avvicinamento. Erano modelli potenziati, inconfondibili, identici a quelli usati per la difesa dell’Africa durante Guerra dei Mondi!

Jason Raga, Direttore di C.L., in maniche di camicia, contemplava, tuttavia, l’imminente attacco per quello che era –una seccatura. Era un uomo dedito alla precisione, un individuo maniacale nel rispettare la più insignificante scadenza col massimo della precisione, e quelle lattine ambulanti gli avrebbero rovinato il record! Il grande cronometro sulla parete segnava –180 secondi al lancio. La finestra di lancio, su un indicatore sottostante, regalava ancora ben 30 minuti.

Le Sentinelle ruppero la formazione. Tre di loro si diressero senza indugio al missile; le altre si sparpagliarono ed iniziarono a seminare distruzione su Cape Laika.

 

Le tre sentinelle mirarono allo Skywolf. I loro occhi laser investirono l’apparecchio, ma l’energia fu deviata dalla corazzatura antilaser.

 

In sala controllo, l’entusiasmo fu intenso ma di breve durata. Tremende esplosioni scossero il grande palazzo. Suonò l’allarme di evacuazione.

Do riflesso, qualcuno iniziò a dirigersi verso l’uscita, ma fu ghiacciato dalla voce tonante di Raga.

Il Direttore era una maschera di determinazione. “Il primo che si azzarda a lasciare il suo posto prima del lancio dello Skywolf lo seppellisco personalmente prima che lo facciano quelle macchine. Chiaro?!”

Lo conoscevano tutti, e nessuno fiatò, anche se non poche volte si levarono sguardi pietosi al soffitto da cui cadeva polvere.

 

Lo Skywolf stava per decollare.

Le Sentinelle decisero di cambiare tattica. puntarono le mani...Prima che la testa di una Sentinella venisse letteralmente sbriciolata, mentre due paia di mani furono troncate, di netto, da una coppia di oggetti rotanti, velocissimi! I robot emisero un grido di elettronica sorpresa. “Allarme! Allarme! Minaccia sconosciuta classe IV! Scanalisi, scanalisi! Ripristinare nuovi parametri di priorità! Minaccia avvistata! Classificare ed archiviare!”

Gli oggetti rotanti tornarono a congiungersi con le braccia del loro proprietario, che stava in piedi, agguerrito, sopra il centro spaziale, sospeso dai propulsori alla schiena. I pugni a lame rotanti smisero di girare.

 

Robert socchiuse gli occhi, l’espressione truce. “Archiviami questo, stronzo. Ra*”

“Che cosa credi di combinare, Takiguchi?”

Lui quasi si morse la lingua, ma non terminò il comando. Da una finestra nell’HUD, lo guardava severamente il Direttore della base SG-1000, Simone Giapeto.

“Signore, lo Skywolf...”

“Una macchina si può ricostruire in tempi brevi, ma non potremo lanciare nulla se Cape Laika venisse distrutto. Ferma le altre sentinelle, ora!”

Robert perse un secondo, durante il quale fece saettare l’occhio sulla distruzione che le altre Sentinelle stavano apportando. Se l’architettura non fosse stata concepita per un simile evento, ci sarebbero state solo macerie, adesso...Ma il lancio era automatizzato comunque, Salvando lo Sky*

Poi, Robert si accorse di un dettaglio sul pannello di controllo. La trasmissione era in chiaro!

Nuova speranza inondò i suoi pensieri.

 

Su un maxischermo, in una stanza immersa nella penombra e nel fumo di molte sigarette, un’assemblea di uomini e donne stava contemplando lo spettacolo del Mazinkaiser che abbandonava il missile.

“Davvero,” disse uno di loro, la voce arrochita non dal fumo ma dagli anni, “Il nostro Dottor Giapeto è uno degli ultimi ottimisti. Quando avremo finito di sbranare le imprese della Talon Corporation, non resterà loro abbastanza denaro da mandare in orbita un palloncino.”

Un’altra voce maschile, più giovane, puntò lo schermo. “Sono lieto che le azioni siano la tua principale preoccupazione. Dovremmo invece preoccuparci di quel robot, o tutti i nostri piani vanno a monte. Propongo di usare l’unità TS Overkill sul secondo obiettivo adesso, o faremo solo un buco nell’acqua.”

Una donna si fece sentire. “Non è una buona idea. Ci siamo esposti a sufficienza con queste Sentinelle. Una volta schierato in campo l’Overkill, non potremo tornare sui nostri passi.”

“Per quello che vale la tua prudenza! Quelle Sentinelle avrebbero dovuto fungere da diversivo, e di questo passo resisteranno per pochi minuti al massimo. La seconda ondata non farà una fine migliore!”

“Un peccato, lo ammetto,” disse la donna. “Ma abbiamo comunque raggiunto un obiettivo importante: ci vorranno comunque anni, per costruire un nuovo componente, e nel frattempo, la stazione orbitale sarà stata distrutta. Vinciamo comunque.”

 

L’apparecchio stava decollando. Le sentinelle si lanciarono contro di esso...e si lasciarono esplodere! L’RMSV si spezzò in due, e nonostante ciò sembrò volere un’ultima volta tentare di sfidare il cielo...prima che il carburante fuori controllo esplodesse a sua volta. Decine di migliaia di litri di idrogeno e ossigeno supercompressi, che divennero un piccolo fuoco atomico! Quanto era rimasto delle finestre di Cape Laika si trasformò in aguzzi torrenti di schegge.

 

Mazinkaiser atterrò. Il gruppo propulsore si ritrasse nella schiena.

Il robot diede una rapida occhiata all’olocausto, prima di puntare sulle Sentinelle intente a cercare di demolire il poderoso palazzo principale della ZSCA (Zilnawa Space Colonization Agency)

Raggi Fotonici! un’abbagliante coppia di laser dagli occhi fulminò come lame altrettante Sentinelle, tranciandole di netto. I frammenti, purtroppo, non si rivelarono tanto innocui, quando andarono a distruggere l’intero parcheggio. Poi, i frammenti esplosero.

 

Il Direttore contemplò l’oscena, fiammeggiante frittata metallica –con quello che costava un’auto a idrogeno!

Raga si toccò il microfono dell’headphone. “Mazinkaiser, ti siamo riconoscenti e tutto il resto...ma qui non siamo in un cartone animato! Cerca di portarti i tuoi amichetti fuori di qui, sì?”

 

Robert era perplesso. Sì, era sua intenzione distruggere ogni Sentinella...Ma queste saltavano in aria con una potenza eccessiva per il tipo di attacco usato...Ma era roba per le squadre DC (Damage Control).

Mazinkaiser puntò le braccia ad altrettante Sentinelle intente contro i dormitori. Turbosmasher Punch!

Di nuovo gli avambracci ruotarono velocissimi, un secondo prima che questi si staccassero come missili, roteando come due proiettili-tornado!

 

Una Sentinella fu centrata allo stomaco, si irrigidì ed esplose, lasciando di sé i soliti, pochi rottami. La seconda tentò di evitare il letale arto...solo per scoprire che questi era dotato di un puntatore automatico. Fu colpita al bacino, perdendo la metà inferiore del corpo...e fu sufficiente a farla esplodere.

Altre due Sentinelle tentarono l’attacco frontale, ora che Mazinkaiser era senza braccia.

Missili Perforanti! l’interno delle braccia si mise a ruotare come il caricatore di una mitragliatrice vecchio stile...con la differenza che i proiettili che ne vennero espulsi erano missili ruotanti, dal corpo affilato come la loro punta!

Le Sentinelle furono penetrate come tanti puntaspilli. I missili esplosero, aggiungendosi alla solita esplosione spontanea.

 

Gli avambracci si ricollegarono al loro padrone.

Robert non aveva più dubbi, e dovette sorridere di ammirazione –furbi, gli amici! Dispositivi di autodistruzione per cancellare le prove! Chissà perché non gli risparmiavano la fatica, allora? Delle 12 Sentinelle inviate, 9 erano fuori gioco...Poi, capì!

“Già, volete studiarmi, giusto? Imparare come giocano i grandi...” fece una smorfia cattiva. “Allora, imparate questo: Missile Gigante!

Una sezione del ventre di Mazinkaiser si aprì, rivelando il missile in questione, che fu eruttato con tutta la forza dei suoi propulsori H/O. Un solo missile, ma sarebbe bastato –visto che questo missile possedeva una testata multipla, che rivelò poco dopo l’apertura della calotta.

Le Sentinelle superstiti non tentarono neppure di fuggire. Poterono solo continuare a registrare e trasmettere, mentre, una dopo l’altra, venivano infallibilmente colpite!

 

Robert schioccò allegramente le dita. “Yatta! Che ne dice, Dottore? Se questo lattine sono il massimo che possono offrire…”

Di nuovo, il mediterraneo Direttore della BMS lo interruppe seccamente. “I trionfi a dopo, Robert. In questo momento, una seconda squadra di Sentinelle è stata teletrasportata presso la Centrale di Ricezione.”

Non se lo fece dire due volte. Pronti al combattimento!

Mazinkaiser fece un breve tratto di corsa, piegò le gambe e saltò. Il gruppo propulsore sulla schiena si allargò, e lo lanciò a tutta velocità verso il nuovo obiettivo.

 

Il Direttore Raga si scosse la polvere dagli abiti e dai capelli. Tutt’intorno a lui, nel centro di controllo, era il caos –il personale era stordito, tanti fantasmi impolverati e doloranti, battuti dal vento caldo dalle finestre rotte. Il pavimento cosparso di calcinacci e schegge di vetro, lampade che pendevano dal soffitto in posizione precaria…eppure, le apparecchiature informatizzate avevano resistito. Il generatore di emergenza era entrato in funzione efficacemente, i case antipolvere e antishock dell’hardware di nuova generazione avevano superato la prova.

Raga sorrise, vedendo la sua armata tornare ai propri posti, mentre la fiducia riguadagnava il terreno perso. La battaglia fra le macchine era stata intensa, ma breve, e avevano ancora tempo.

Una vera fortuna, avere dalla loro un’organizzazione ricca come la Talon –la NASA o l’ESA non avrebbero mai potuto permettersi un ‘trucco’ del genere…

 

Un cerchio di luci di segnalazione nel piazzale di lancio si accese in rapida sequenza. Poi, la sezione delimitata dal luminoso perimetro prese ad abbassarsi. Quando l’enorme depressione circolare che si formò fu abbastanza profonda, quello che era il portello della piattaforma iniziò ad inclinarsi, sempre di più, in un rumoroso concerto di giganteschi ingranaggi e pulegge idrauliche.

“Sequenza finale di lancio iniziata,” disse un altoparlante. “Tutto il personale si tenga a distanza di sicurezza. 10 secondi al lancio. 9 – 8 – 7 – 6 – 5…” volute di vapore si levavano dal cratere, insieme alla luce ed al ruggito delle fiamme dei propulsori “…2 – 1 – LANCIO!”

In un boato assordante, musica per i suoi costruttori e per i tecnici della sala controllo, lo Skywolf II partì dalla piattaforma-bunker a mo’ di ICBM!

 

Molte mascelle pendule seguirono la partenza, e la promessa di disastro che essa portava alle loro infime speranze.

L’anziano suonava come fosse stato sull’orlo di un colpo apoplettico. “Un altro…I figli di troia ne avevano un altro, ci hanno fatto credere…”

“Non possiamo intercettarlo? Distruggerlo in volo?” fece qualcuno, che balbettava come un ragazzino smarrito.

Il giovane arrogante di prima afferrò un bicchiere di scotch. Sul maxischermo, lo StarGlider stava mettendosi in rotta per seguire e proteggere l’apparecchio “La loro Base Mobile può raggiungere quota suborbitale, e i suoi armamenti sono in grado di coprire lo Skywolf a distanza. Possiamo solo sperare di distruggere la loro Centrale di Ricezione, così che quella maledetta stazione diventi solo un mucchio di costosa ferraglia orbitale.”

Le implicazioni erano chiare. Che TS Overkill fosse o no in grado di distruggere Mazinkaiser, era un tentativo che andava fatto! E non avrebbero avuto altre chance, non con il costo in energia che avrebbe richiesto quel particolare teletrasporto!

Poi le venne in mente –sì, potevano addirittura prendere 3 piccioni con una fava, se avessero giocato bene le carte! La donna si preparò ad esporre il neonato piano ai suoi colleghi…

 

Propulso oltre Mach 5, Mazinkaiser raggiunse La Centrale di Ricezione, denominata Sun Mountain, in pochi minuti.

L’attacco era, ovviamente, in corso –ma era appena iniziato, e i danni alle infrastrutture erano quasi inesistenti. Sun Mountain meritava il suo nome. Era una enorme struttura artificiale, una massiccia piramide tronca, bianca e riccamente decorata da fiammeggianti fregi dorati, la cui cima era l’’occhio’ destinato a raccogliere l’energia solare dalla stazione orbitale.

Un occhio protetto da una enorme cupola geodetica, cupola contro cui metà delle sentinelle si accanivano inutilmente –le pareti erano state trattate, come lo Skywolf, contro attacchi laser, e i missili la scalfivano appena.

 

Robert sorrise. “La ricreazione è finita, lattine. Raggi Fotonici!

Due Sentinelle furono abbattute sul posto.

Altre cinque si lanciarono verso Mazinkaiser, mentre le altre dedicarono ogni iota di energia contro un unico punto della Sun Mountain.

“Volete scherzare, vero? Rust Tornado!

Un breve lampo di luce, e dalle griglie del copribocca partirono tre mostruosi vortici d’aria! Come uno solo, colpirono le Sentinelle, sbatacchiandole come giocattoli, strappando loro gli arti; in aggiunta, gli agenti corrosivi all’interno dei vortici polverizzarono in pochi secondi quanto rimase dei robot nemici.

 

Gli ultimi robot cambiarono tattica. Si posarono tutti insieme sulla cupola, disponendosi in piedi l’uno agganciato all’altro come le facce di una colonna.

 

Robert era perplesso…Ma durò poco –qualunque piano le lattine avessero nei chip, stavano per*

MOVIMENTO! Dietro di lui –ma come..? “Huuf!

Un poderoso pugno colpì il super-robot alla schiena! Mazinkaiser andò a sbattere contro la parete della Mountain. Non fosse stato ‘patinato’ di starlega, avrebbe ricevuto dei danni seri. Si voltò –ma cosa poteva colpirlo con tanta forz… “Occavoli!”

Anche i cattivi avevano deciso di giocare duro, e avevano teleportato il loro colosso: una Sentinella, certo, ma un modello composito, grande quanto il Mazinkaiser. Un modello che assemblava in sé 3 diverse Sentinelle. Robert la riconobbe subito, visto che aveva fatto, tempo prima, una pubblica apparizione a New York, solo per essere travolta da un Uomo Ragno dotato per un breve periodo del potere di Capitan Universo.

La Tri-Sentinella, era scesa in campo.

Insospettabilmente veloci, un paio delle 4 braccia del nuovo nemico afferrarono Mazinkaiser per le gambe. “Soggetto immobilizzato. Inizio procedura di disassemblaggio.” Altre due per le braccia. E iniziarono a tirare. Le rimanenti braccia tempestarono la schiena della preda con colpi di repulsore, ai quali si unirono raggi di energia sparati dagli occhi della testa tricefala.

“YAARGH!” una ritorsione dell’essere cerebralmente collegati alla sua macchina, era che Robert doveva poterla avvertire come fosse il proprio corpo. Il che implicava il dolore, per evitare di sovraccaricare ogni eventuale parte danneggiata.

Solo che così stavano sovraccaricando lui! Di questo passo, entro sera Robert si sarebbe ritrovato con più lividi di un lottatore del WWF [la World Wrestling Federation, cosa pensavate?]!

Robert serrò i denti. Tutto questo era ridicolo! Lui era stato addestrato per situazioni ben peggiori –diamine, senza neanche un addestramento, aveva pilotato il Red Ronin contro Godzilla!

“Soggetto dotato di resistenza superiore ai parametri di archivio,” disse una testa laterale di Overkill. La faccia opposta aggiunse, “Incrementare attacco a massima potenza.”

Turbosmasher Punch! nonostante il violento distacco, le mani della TriSentinella tennero la presa. Ma il super robot nemico fu per un attimo sbilanciato, distratto. E, comunque, in quell’attimo, Mazinkaiser era libero! Cadendo, portò le braccia tronche all’indietro. Missili Perforanti!

Il torace di Overkill fu trasformato in un puntaspilli. La TriSentinella urlò, quando i proiettili piantati nel corpo esplosero. Barcollò, e lasciò la presa.

I pugni a razzo, liberi, volarono in avanti per un breve tratto, compirono un arco, e, roteanti e velocissimi,

travolsero le braccia di Overkill, staccandone la metà!

I pugni si riagganciarono a Mazinkaiser. Solennemente, il robot sollevò le braccia, come a flettere i muscoli…E in quel momento, si udì una voce venire dalla Mountain. Una voce umana! “Uno splendido combattimento. Riconosciamo di averti sottovalutato, robot.”

Mazinkaiser abbassò il braccio e voltò la testa.

A parlare, era stato l’ologramma che troneggiava come un gigantesco spirito malvagio sopra le Sentinelle. L’ologramma rappresentava un uomo –caucasico, i capelli biondi tagliati a spazzola, cortissimi ma lunghi in nuca, dove si trasformavano in un codino annodato fino alla schiena come uno scudiscio. Il volto sembrava tagliato con l’accetta, con due occhi grigio metallico, naso Patrizio e la fronte alta. La figura indossava una specie di misto fra un abito civile di lusso, con tanto di colletto e maniche a sbuffo, e uniforme militare kaki. La sua voce era priva di ogni accento, arrogante, di un uomo abituato a farsi obbedire con le buone o le cattive. “E’ giunto il momento di porre fine alle sciarade, robot. Hai un nome?”

“Mazinkaiser, delle FSDN dello Zilnawa. E tu chi sei?”

L’ologramma annuì. “Sono il Barone Maximillian von Staar, al servizio dello Stato. E sono il tuo prossimo padrone.”

 

“Non avete ancora trovato niente?” fece Giapeto, in piedi davanti al maxischermo.

Un gruppo di tecnici lavorava febbrilmente ai terminali. “Ancora niente di niente: quest’uomo sembra spuntare dal nulla. Ma non abbiamo ancora coperto il…”

Giapeto scosse la testa. Del resto, non si aspettava dei miracoli: se i superiori di questo ‘Barone’ erano previdenti come con le Sentinelle rubate, di Staar dovevano avere cancellato ogni minima traccia da ogni database anagrafico mondiale. E poi, che razza di organizzazione era, questo ‘Stato’? L’Impero Segreto, forse? Di sicuro, dovevano avere soldi e connessioni ad altissimo livello… “Che c’è?” chiese un po’ bruscamente al tecnico che lo stava chiamando.

“Direttore, comunicazione dal Ponte del Dalai.”

Giapeto ascoltò il resoconto, e si preparò a lanciare l’ordine.

 

“Vedi queste Sentinelle? Separatamente, non sono alla tua altezza, certo…Ma, insieme, i loro accumulatori hanno sufficientemente massa da generare un’esplosione atomica.”

Mazinkaiser, che si stava per lanciare contro l’immobile TriSentinella, si fermò di colpo. “Esplosione atomica??”

Staar annuì. “Tutto o niente, Mazinkaiser. Questo è il mio motto: la tua potenza è un ostacolo troppo grande, e non possiamo permetterci di perdere. Siamo pronti a un gesto estremo, se necessario.”

 

Robert serrò i denti, poi. “Dottore, sta dicendo la verità? Quelle Sentinelle…?”

“Non lo possiamo confermare, sono troppo bene schermate. Ma non è un bluff che possiamo chiamare, adesso.”

 

“Arrenditi e consegnati allo Stato, Mazinkaiser. Se lo farai, risparmieremo la vostra installazione. Altrimenti…be’, credo che neppure tu possa resistere al fuoco atomico, non a questa distanza.” Staar rise.

 

“Cedere Mazinkaiser è fuori discussione, Robert: con un solo esemplare, possono fare molti più danni di intere armate di Sentinelle messe insieme. Preparati a combattere.”

“…” Robert non era abituato a che fare con uno scienziato dalla lingua biforcuta come quella di un politico –doveva essere un tratto tutto italiano! Era chiaro che il Direttore aveva qualcosa in mente, ma quella sua maledetta abitudine di ingannare prima l’amico per confondere le idee al nem*

Successe talmente in fretta, che il giovane pilota fece un sobbalzo sulla poltrona! A 11 Km/s, la velocità di fuga, una specie di cometa bianca andò a sfondare fra le Sentinelle in piedi.

 

“Scusami il ritardo, amico!” disse Capitan Ultra, già volgendosi contro le Sentinelle superstiti. “E stai tranquillo. Se insieme erano una bomba, adesso sono ferraglia!” La visiera del suo casco lanciò scariche di Energia Ultra, e demolì uno ad uno i robot, che terminarono l’opera con l’autodistruzione.

 

Giusto il tempo di verificare che nessuna radioattività fosse fuoriuscita dalle Sentinelle, poi il comando, Fire Blaster!

Le ali pettorali si accesero, così come la ‘Z’ barrata nel gioiello al centro di esse. Il petto eruttò una vampa infernale, un torrente di energia termica.

La Super-Sentinella non ebbe scampo: la sua corazza giunse al calor bianco in pochi secondi, poi iniziò a fondere come neve al sole…

Alla fine, rimase solo un mucchietto di metallo fuso informe.

 

In piedi davanti a uno schermo, Staar seguì la fine della super-arma con un ghigno adombrato. “Goditi la tua vittoria, oggi, Mazinkaiser: un giorno, sarai mio. E so già come…”

 

“Ci hai fatto correre un bel rischio, Cap. Va bene che alla fine era un bluff, ma…”

Capitan Ultra stava sospeso davanti alla cabina di pilotaggio, rigorosamente coperta dalla calotta a specchio monodirezionale. “Una cosa che si tende ad ignorare, amico mio, è che una bomba nucleare è uno degli oggetti più delicati che tu possa immaginare. Se un paio di componenti non funzionano, puoi avere un gran botto, ma niente superboom. Distrutte due Sentinelle, era cosa fatta...Ma occupiamoci di cose più importanti, ora!”

Mazinkaiser annuì. “Lo so. Sono in grado di penetrare la crosta, se si rivelasse abbastanza sottile. Se quelle caverne sotterranee[i] facessero parte di un qualche regno sotterraneo abitato, ti sarò utile contro eventuali cani da guardia. Pronti al combattimento!

Mazinkaiser spiccò il volo...lasciandosi dietro un Capitan Ultra alquanto annerito e rintronato! Spero che non lo f-f-faccia s-s-sempre!

 

 

Episodio 6 - Tutte le strade portano sempre…

 

Lo odiava, quando succedeva. Ogni volta, doveva ripassare tutto, come uno di quei poveretti che soffrivano di amnesie ricorrenti...Già, come li invidiava, quelli.

(faceva male)

Loro dovevano solo preoccuparsi di annotarsi gli eventi delle ultime ore, magari erano assistiti da infermiere specializzate.

Lui no.

(Dio, doveva essersi rotto qualcosa!)

Lui soffriva di personalità multipla –niente trucchi, siore e siori, un corpo, due menti! Uno, lui, schivo e timido, e l’altro, pronto alla violenza come lui alla pace.

E, proprio come un interruttore, quando una delle personalità prendeva il sopravvento, l’altra andava a nanna. Il solo modo per scoprire cosa l’altra metà avesse fatto, era di attendere il risveglio.

(Stava rabbrividendo. Aveva la febbre? Era malato?)

Forse, questa volta, non era il caso che sapesse cosa fosse successo, al suo corpo.

Chip Martin aprì gli occhi, realizzando di trovarsi in una stanza.

O in un sogno a occhi aperti? Non che sarebbe stata la prima volta...ma mai con un simile scenario!

Il materasso su cui giaceva era posato su un letto di marmo a una piazza. L’azzurro dominava nella stanza, con qualche aggiunta decorativa di verde e pietre preziose. Drappeggi rossi coprivano l’unica finestra.

Nonostante la fame che si fece sentire non appena si mise seduto, Chip si alzò su gambe ancora malferme, ignorando la coppa di frutta, uva e mele decisamente invitanti, che giaceva sul tavolino vicino.

Su una panca, giacevano il suo costume metà ocra e metà nero e il medaglione: la roba che indossava quando era l’altro la personalità dominante. In quel momento, Chip stava indossando una genuina toga bianca e rossa, tenuta ferma alla spalla. Ma le domande che gli affollavano la testa avrebbero aspettato. Doveva scoprire una sola cosa, per ora.

Si avvicinò alla finestra. Esitò, la mano ferma a un centimetro dal drappeggio. Tirò un respiro, e diede uno strattone secco.

Dove diavolo era finito?

Il giovane mutante faceva fatica a digerire quello che stava vedendo: una città romana, o almeno quello che le sue scarse conoscenze di storia indicavano come tale.

Innanzi tutto, non era tutta di marmo bianco, come credeva, ma ricca di vivaci colori. I più curati e sfavillanti, naturalmente, erano quelli dei palazzi e dei templi, mentre le case, alte al massimo due piani, erano perlopiù grigie o ocra.

L’intera pianta si snodava lungo una immensa conca, sotto la severa volta di una caverna. Da quella volta pendevano stalattiti di tali dimensioni, che non si credeva possibile potessero restare attaccate. Colonie di fotofori tappezzavano letteralmente pareti e stalattiti, garantendo un’illuminazione permanente, per quanto crepuscolare e fredda.

Quattro strade, intersecate a croce, attraversavano la città, ognuna partendo da un grande tempio –e ogni tempio era diverso dall’altro, nei colori e nello stile...

Ma quello che faceva più paura era il silenzio: quel posto era grande quando Manhattan, ed era praticamente vuoto. Chip era sicuro di potere sentire l’eco del proprio respiro...

 

Chip smise di guardare. Era sovraccarico, sull’orlo di un’altra crisi –e se succedeva, l’Altro avrebbe ripreso il controllo!

“Non si sente bene, signore? Desidera che chiami il medico?”

Lui sobbalzò, neanche fosse stato morto da un serpente.

Ma non era un serpente, bensì una donna, quella che lo guardava con occhi sinceramente preoccupati dall’ingresso. Una donna nera, delicata, i capelli lunghi raccolti in un’elegante crocchia fasciata d’oro.

“Dove...Dove sono..?” faceva lui.

Un inchino. “Sei a Roma, la Capitale dell’Impero di Caesaria. Sarai felice di sapere che i tuoi compagni si sono già ripresi, e che uno di loro è venuto a trovarti.”

“Compagni..?” fece lui, mentre la donna si faceva da parte. “Oh, no...”

Quello che entrò, di umano aveva la postura, ma finiva lì. E lui non sarebbe mai stato amico di un simile essere –oh, non di un lupo mannaro! La creatura era nuda, coperta di pelliccia grigia, il muso e il resto dei tratti sufficientemente ‘evoluti’ da potervi leggere espressioni umane.

E in quel momento, la creatura era visibilmente incuriosita, diffidente. Poi, la creatura...parlò! “Persino il tuo odore è diverso, Dave. Invero...”

“’Dave’?” lo interruppe bruscamente Chip. “Si chiama Dave? Ed è tuo...amico..? Aspetta, l’ultima cosa che ricordo con la pelliccia è un lupo, ed eri tu? Oddio..” Si mise le mani alle tempie.

Il mannaro si avvicinò. “Sono Hrimhari di Asgard. E il resto dei nostri compagni d’arme, i Campioni...”

 “Stammi lontano!! Io non so in cosa mi avete coinvolto, cosa siano questi ‘Campioni’, e non ne voglio sapere. Fatemi solo uscire da qui!”

Hrimhari non insistette, anche se non poté fare a meno, istintivamente, di levare il pelo sul collo –non era estraneo a un simile fenomeno. Ricordava bene la mortale Danielle Moonstar, in cui per diverso tempo aveva vissuto lo spirito di una Valchiria, fino a quando questa non aveva preso il controllo[ii].

Ma questo Chip Martin era manifestamente –almeno, ai suoi raffinati sensi di lupo- ostile...Ma forse, era solo la paura che ottundeva il suo raziocinio. Non sarebbe stato giusto criticarlo per questo.

La donna si fece avanti discretamente. “L’Augusto vi sta aspettando.”

Hrimhari e Chip la seguirono mestamente. “Ci capisci qualcosa, di questa storia?” chiese Chip.

“Il ‘Popolo’, come ci chiamiamo noi lupi, ricorda bene la città che chiamavate Roma, e questo posto ne riflette la magnificenza...Ma hai bisogno di stare così distante. Non hai da temere alcunché, da me.”

“Uhm, è che non mi piacciono i...cani, e...-eep!”

Hrimhari si era fermato di colpo proprio davanti a lui, un ringhio di avvertimento. “Sono un Principe, mortale. Neppure il sommo Odino mi ha mai chiamato ‘cane’, sono stato chiaro?”

Chip fece ‘sì-sì’, e tacque, mentre la schiava li conduceva alla loro destinazione...

 

Sotto il cielo stellato, nel mezzo della giungla vergine, si ergeva la titanica figura di Mazinger Alfa.

Il Light Falcon, il veicolo solitamente agganciato all’interno della calotta cranica del colosso guerriero, stava ora ai suoi piedi.

E accanto al Falcon, su un ginocchio accanto a un’apertura naturale nel suolo, stava il pilota, Robert Takiguchi. Il giovane stava comunicando attraverso l’unità subcutanea alla gola. “Li hai trovati, Capitano?”

Accanto a lui, il silente Ninja Bianco scrutava la foresta per quelle eventuali minacce che dovessero sfuggire ai sensori del super-robot.

 

All’interno di un abisso che sembrava assorbire come una spugna la luce emanata dalla visiera del suo costume, Capitan Ultra disse, “Neanche una traccia. E dire che sto usando la Visione Ultra. Sono scomparsi!”

Anziché Robert, gli rispose un’altra voce –quella del loro capo, il Professor Simone Giapeto. “Non disperare: vuol dire che stiamo affrontando la cosa dalla prospettiva sbagliata.”

“Prego?”

 

A bordo dello StarGlider-1000, Giapeto stava controllando sul maxischermo una serie di immagini dell’area interessata, immagini che andavano dalle mappe storiche più antiche a moderne proiezioni satellitari. Apparentemente, non c’era nulla che non andasse –sì, la caverna era stata debitamente inserita, ma non era stata classificata rilevante, neppure ai fini del Progetto Exodus... “La VU si basa sull’uso dei neutrini. Non c’è letteralmente nulla che tu non possa scovare, grazie ad essa. Cosa vedi, invece, adesso?”

 

Cap lanciò un’altra occhiata verso il fondo dell’abisso. “Non vedo...nulla...”

“Esatto. Qualcosa sta interferendo con la VU. Tenteremo un altro approccio: Robert, lancia un drone verso il fondo dell’abisso.”

Pochi istanti dopo, un miniapparecchio volante simile a una telecamera, debitamente programmato, fece il suo ingresso nella caverna, impavidamente diretto verso l’obiettivo. Due paia di occhi lo seguirono speranzosi, mentre l’oscurità assorbiva le sue luci di posizione...

“E’ scomparso da ogni scansore. Nessun segnale di ritorno,” Ultra sentì dire Robert. “Trasmetto il punto esatto...Ecco, a 930 metri. Ultra, che mi dici?”

“Dico che mi butto!” disse il Capitano. “E’ ridicolo che con tutto il potere che ho io non*” fu fermato di colpo dall’imperioso Giapeto.

“Se vuoi renderti utile, adesso, inizia a lanciare scariche del tuo potere contro la ‘barriera’, per saggiarne la resistenza. Robert, lancia altri droni, ma questa volta cerca di determinare gradatamente il perimetro di questo ostacolo.”

 

Alla fine del corridoio, si trovarono davanti a un palazzo, che per maestosità e sfarzo avrebbe fatto l’invidia di ogni corte passata! Chip lo riconobbe subito come uno dei Grandi Templi.

Enormi leoni di bronzo sedevano a guardia del portone d’ingresso, bracieri ardenti nelle loro fauci spalancate. Altorilievi finemente cesellati di figure umane –‘Divinità romane’, come le aveva classificate un interessato Hrimhari- decoravano le pareti.

Davanti al portone, stava il terzo ‘ospite’ del misterioso Augusto. Era un nero, un giovane dalla testa calva, ma non era vestito da schiavo. Indossava la stessa toga di Chip, che su di lui esaltava la pelle scura. “Grazie a Dio stai bene,” disse Terrance Sorenson andando verso l’amico.

“Se si può dire così...” fece Chip. “Tu sai niente di...oh, lascia perdere...”

Terry annuì. Normalmente, sarebbe stato contento della rinnovata stabilità dell’amico, ma non poteva capitare in un momento peggiore. Mentre tutti e tre seguivano la donna, arrivando a quella che immaginò la sala delle udienze, si chiese se non avesse a che fare con il fatto che anche lui stesso aveva...

Un potente squillo di tromba dai valletti nella sala annunciò l’arrivo dell’anfitrione.

A questo punto, vederlo non fu certo una sorpresa in sé. In fondo, l’’Augusto’ non faceva che rappresentare il folklore locale. Indossava un’armatura interamente d’oro, con mantello e pennacchio a spazzola scarlatti. E se per Terry e Chip quella poteva essere un’armatura da centurione o che altro perfettamente normale,

per Hrimhari era il primo indizio che c’era qualcosa di ancora più strano in ballo: innanzitutto, l’Augusto portava una maschera anch’essa di metallo dorato, e le saette che si dipanavano dal disegno pettorale non erano in concordanza con quello che sapeva lui degli antichi mortali di Midgard..!

“Benvenuti nel mio Regno, stranieri. Sono Gaius Tiberius Augustus Agrippa. L’Augusto Imperatore di Caesaria.”

L’essere si mise seduto su una poltrona in marmo. “Siete impotenti per mio preciso volere. Io vi ho curato, ma non sarò altrettanto generoso, se doveste comunque decidere di attentare alla mia persona.

“Già in passato ho avuto a che fare con super-esseri venuti dall’esterno del mio dominio[iii]. Li sottovalutai, ed è un errore che non intendo ripetere.”

“Mi hai cancellato i poteri..?” Chip aveva una strana luce di adorazione negli occhi. “Mi hai liberato dell’Altro. Sono...”

“La tua gratitudine non sarà sprecata, mortale,” disse l’Imperatore. “Ma ora, altri, più urgenti affari ci attendono. Osservate.” Un suo cenno,

e fra lui e i suoi ‘ospiti’ apparve una sfera, che rappresentava l’incredibile network sotterraneo. Caesaria stava proprio al centro di uno ‘snodo’.

“Nonostante questo ed altri dei miei quattro grandi templi vigilino su Caesaria, forze a me ostili stanno sistematicamente minacciando il mio dominio. Avrete di certo notato l’assenza di attività, in città: il nemico agisce su una base regolare, e regolarmente sono costretto a un severo coprifuoco.” L’Imperatore sospirò. “Gli Dei mi hanno affidato il loro potere, ma esso non è stato sufficiente che a chiudermi a riccio, mentre la gloria di Roma deve essere libera di splendere ovunque. Disperavo, e gli Dei mi hanno mandato voi.”

Nessuno osò dirgli che ben diversamente stavano le cose: che loro stavano inseguendo un gruppo di terroristi in quelle caverne, quando il loro veicolo era esploso a distanza ravvicinata[iv]. Erano stati fortunati ad uscirne vivi!

Quanto a Hrimhari, tacque pietosamente sulle proprie origini: i rapporti fra le popolazioni nord-europee e Roma non erano stati decisamente dei migliori...

“Immagino che non ci sia un contratto o roba del genere,” disse Terry, avanzando. “Perciò, che ne dici di –Nyargh!-“ crollò a terra, colpito da qualcosa di invisibile, ma che gli aveva fatto male. Restò in piedi, a stento, reggendosi lo stomaco in preda alla nausea.

“Per prima cosa, negro, impara il rispetto, o quando andrai in battaglia, sarà senza la tua volontà, mi sono spiegato? Non so perché gli Dei mi abbiano mandato un essere della tua razza inferiore, ma non osare sfidare il loro favore!”

“In battaglia..?” chiese Chip, di nuovo ansioso. “Io...come farò a combattere? Non ho il potere per...”

“Lo riavrai, naturalmente. Quando sarà il momento.”

“NO! Tu non puoi capire! L’Altro non deve ripossedere il mio corpo!”si gettò in ginocchio, si piegò fino a toccare il freddo pavimento con la fronte. “Mio signore, per favore, farò quello che vuoi, ma non mi rimandare lì, nel buio. Non di nuovo, non ora...” singhiozzava.

La maschera di metallo era pressoché inespressiva –pure, quando parlò, essa sembrò riflettere la contrarietà della voce del suo proprietario. “Il tuo terrore è genuino, lo sento. E il tuo odio, nero, è altrettanto evidente...Possibile che mi sia sbagliato? Che non siate voi i campioni che salveranno il Regno Eterno?”

L’Imperatore si alzò in piedi. “E’ ora che vi ritiriate nelle vostre camere. Rifletterò sul vostro ruolo e domani prenderò una decisione.” Si allontanò in uno svolazzare di mantello e di rimbombi metallici.

Due legionari, soldati grossi come armadi, neri come il ferro battuto e altrettanto forti, si pararono davanti al trio, i loro volti più impassibili della maschera dell’Imperatore.

Terry aiutò Chip a mettersi in piedi. Qualunque battuta gli stesse venendo in mente sull’utilità di Dave quando era lui ad essere incazzato, la dimenticò appena vide il volto di Chip. Il ragazzo era prossimo alla catalessi, senza dubbio –che cosa strana! Dave, come Schizoid Man, era una creatura adattabile, paziente nell’attendere il momento giusto e capace di influenzare subliminalmente Chip per raggiungere il proprio scopo. Chip, invece...Be’ era quasi incredibile, che fosse rimasto lui, il dominante in tutti quegli anni! Era una cosa che meritava approfondimento...

Il gruppo si fece scortare dalle guardie verso il proprio destino.

 

C’era voluto il suo tempo, ma alla fine la mappa era pronta.

“Ma che diavolo è?” fece Robert.

L’olo-mappa mostrava l’interno della caverna sotterranea, e il disco nero che occupava quello che, in una mappa precedente, era il pavimento.

In una terza proiezione olografica, Giapeto si stava strofinando pensosamente il mento. “La cosa più simile a questo fenomeno è stato inserito nel database dei Vendicatori dal loro membro Iron Man tempo fa. Una ‘bolla’ di questa natura era stata eretta da una comunità di paranormali che veneravano i Fantastici Quattro. La bolla non era impenetrabile, ma al suo interno il tempo scorreva a una velocità considerevolmente maggiore[v].”

“E allora?” fece Ultra “Torneremo con la barba più lunga, tutto qui.”

“Non se ne parla nemmeno. Se quel fenomeno e quello registrato nei database sono uguali, i vostri compagni là dentro sono già sicuramente morti per vecchiaia. Parliamo di un rapporto di 1 minuto a 1 settimana! E se non sono ancora usciti avendo, dal loro punto di vista, interi anni, allora dobbiamo darli per dispersi.”

Il Ninja Bianco socchiuse gli occhi. Robert si morse il labbro. Ultra sgranò gli occhi. “Disp...” scosse la testa. “No, capo, non se ne parla neppure.”

“Capitano...”

“Niente ‘ma’! L’ha detto lei stesso: c’è una similitudine fra i due fenomeni, e solo nella forma esteriore! Se ci fosse anche la minima possibilità, allora è mio dovere andare lì dentro e recuperarli, punt*”

Non si era minimamente accorto del Ninja, che era scivolato come un’ombra alle sue spalle...e lo aveva colpito al collo con due dita! Una semplice secca pressione, e un uomo virtualmente invulnerabile andò a terra come un sacco di patate!

 

“Buon lavoro, Ninja,” disse Giapeto, “Tornate alla base. Lanceremo un’operazione solo con dati certi alla mano.”

Il robusto scienziato spense la comunicazione, scuotendo la testa. Si sentiva un traditore, ma il peggio era, che Ultra aveva ragione...in un certo senso.

Se ci fosse stata la minima possibilità che i due fenomeni fossero identici, non solo avrebbero perso anche tre membri-chiave del gruppo, ma lo Zilnawa sarebbe rimasto senza difese!

E Progetto Exodus aveva la priorità su tutto!

 

Il silenzio della città era assordante.

Il trio era stato lasciato a sé stesso, nella grande strada che si dipanava dal tempio dell’Imperatore.

Hrimhari osservava i quattro templi con attenzione, ma non con i soli occhi –potevano avergli tolto il potere di cambiare forma, ma percepire la presenza della magia, o meglio della forza vitale al Popolo nota come Pr’ana, usata per forgiare gli incantesimi, era nella sua natura dalla notte dei tempi come gli altri cinque sensi.

E i templi concentravano in sé una spaventosa quantità di potere! Erano come delle spugne, e quello che prendevano veniva usato per alimentare la falsa stabilità geologica...

Ed era sbagliato! Una simile concentrazione di potere non poteva non andare a discapito dello strano ecosistema che fremeva sotto la superficie!

“Comincio a comprendere la natura della ‘minaccia’ di cui parla l’Imperatore,” disse il Principe Lupo. “E potrebbe tornare a nostro vantaggio.”

“Buon per voi,” disse Chip, guardando verso la volta rocciosa. “Per quanto mi riguarda, morire, a questo punto, non farebbe molta differenza: tanto, muoio tutte le volte che ‘Dave’ prende il mio posto. Quanto a lungo è stato, questa volta, hm? E cosa sono questi ‘Campioni’?”

Con calma, Terry glielo spiegò, senza omettere il minimo dettaglio. Alla fine del resoconto, Chip fischiò, sarcastico. “Oh, sono stato arruolato in un branco di supereroi? E nessuno ha pensato di chiedermi un parere, giusto? Cosa importa, se tutto quello che voglio è un po’ di pace, lontano da tutta questa supergente, eh?! E dire che è stato proprio quel pazzo dell’Uomo Ragno a mettermi nei guai, e tu lo sai, Terry! Lo sai che*”

Un grido dall’alto lo raggelò a metà parola –era un verso orrendo, qualcosa che ne’ uomo ne’ animale avrebbe potuto lanciare!

E non era il solo!

Finalmente, videro la ‘minaccia’ a Roma: mostri, creature di un bianco malato, le cui braccia erano enormi membrane alari. La loro testa era cieca, con lunghe antenne flessibili che spuntavano da dove avrebbero dovuto esserci gli occhi. Le bocche erano caverne spalancate e ribollenti. Le gambe, come il resto del corpo, erano coperte di minacciose placche affilate.

Volavano in cerchio, in uno stormo circolare e fitto, ognuno di essi grande la metà di un uomo. E il loro grido era qualcosa che ti penetrava nei nervi e nella mente, stimolando l’istinto a cercare rifugio il più in fretta possibile. Erano i babau e gli Aliens, non maligni ma pura forza distruttiva della natura!

Le antenne si agitavano come fruste, puntate verso il basso. Verso le loro prede!

“Ecco, Chip: spiegalo a loro, il tuo punto di vista,” fece Terry.

Mentre si buttavano, in formazione sparsa, Hrimhari le vide attraversare la barriera come non esistesse neppure –e in un istante capì che la ragione era che i mostri non erano generati da qualche rito magico, ma erano creature naturali, immuni al potere dell’Imperatore! “A TERRA!”

Non ebbero bisogno di farselo ridire. Si buttarono appena in tempo per evitare di essere ingolfati da quelle bocche allucinanti. In compenso, non poterono evitare di essere colpiti dalle lame ossee sulle gambe! Terry e Chip rotolarono fuori dalla strada, lasciandosi dietro una scia di sangue.

Serrando i denti per il dolore, Hrimhari si rimise in piedi. Il suo fattore rigenerante naturale stava già mettendosi in azione –maledizione, avrebbe dovuto mangiare quantità maggiori della carne che gli avevano offerto. Senza sufficienti proteine, rischiava di morire solo a furia di guarirsi!

Ma adesso era compito suo fare qualcosa –i suoi amici non potevano fare nulla.

Un mostro fece una curva a L e gli venne addosso a rotta di collo. Adesso!

Hrimhari saltò,

ed atterrò dritto sulla schiena della creatura, agilmente evitando le placche sulla schiena. Un paio di antenne si torsero verso di lui, agitandosi come fruste...e cariche di abbagliante energia!

Intanto, la creatura stava riguadagnando il ‘cielo’, urlando. Inaspettatamente, il resto dello stormo le venne dietro.

Hrimhari aveva pensato di usare le antenne a mo’ di redini, ma era chiaro che erano anche armi offensive...Fece del suo meglio per schivarle, allo stesso tempo restando saldamente avvinghiato alla schiena molle con gli artigli dei piedi.

Le orecchie gli fliccarono. Rumore! Come di una fornace a pieno regime..!

Non si guardò neppure indietro, ma si chinò a quattro zampe, appena in tempo per evitare due raffiche di plasma che lo avrebbero altrimenti colpito alla schiena.

Sorrise. Andava bene! Se si fossero comportati come squali, avrebbero ucciso il loro compagno pur di arrivare alla preda –erano gregari, predatori, ma non assassini spietati, per questo lo stavano seguendo tutti, per salvar*

Un’antenna gli frustò il muso. Lui guaì di riflesso, ma scoprì di non essersi fatto niente!

Ma certo! Le antenne erano simili a quelle dei predatori degli abissi marini, esche luminose per attrarre le prede!

“Mi dispiace, creatura,” disse il Principe Lupo, afferrando saldamente le antenne.

La creatura urlò, subito risposta dallo stormo. Si agitava, cercando di scuotersi il fastidioso passeggero di dosso, ma un poco alla volta comprendeva che il solo modo per ridurre il propri fastidio era di seguire la tensione sulle antenne. E finalmente, Hrimhari seppe dove dirigerla. “Tenete duro, amici miei,”

 

Sotto la sua maschera metallica, l’Imperatore sorrise. “Dei, perdonatemi per avere dubitato del nobile lupo, la cui specie diede forza ai fondatori della Città Eterna. E se è stato capace di rischiare la vita per i suoi inetti compagni, sarà mio compito forgiarli perché il Vostro dono non vada sprecato.”

Fece un cenno.

 

In quell’istante, Hrimhari scomparve.

Lo stormo emise un collettivo grido, e si ritirò in fretta verso le viscere cavernose da cui erano venuti.

 

In basso, Terry e Chip, seduti contro la parete di una casa, indeboliti dalla perdita di sangue, avvertirono come un’ondata di tepore alla schiena, insieme come a un pizzicore, mentre le ferite si rimarginavano.

“Lo dicevo...che andava male...” fece il mutante, prima di svenire.

 

Episodio 7 - Il valore di un’amicizia

 

Cosa poteva fare?

La minuscola figura si muoveva lungo un corridoio di tenebre a malapena illuminate da organismi fotofori. Alla sua terribile stanchezza, si aggiungeva la sinistra disperazione istintiva di ritrovarsi al buio, lontana dalla luce del sole e dal profumo dell’aria fresca.

Lei non apparteneva a quel mondo di tenebre sotterranee, quell’oscurità l’avrebbe uccisa presto!

Lei era Yllyni, ed era una Faerie, una fatina. E stava volando a memoria, in quell’incubo di caverne sotterranee.

Nonostante le dimensioni, circa una mano umana di altezza, era una creaturina potente...Ma aveva bisogno della luce del Sole, per esercitare al meglio il suo potere. E la maggior parte dell’energia conservata nel suo corpo era stata quasi interamente usata per impedire la morte dei suoi amici da una caduta altrimenti fatale[vi].

Le era venuto naturale, di orientarsi in cerca della luce del Sole, la luce che poteva venire solo dalla stessa apertura da cui erano giunti in queste tenebre...Ma Yllyni era debole, e i fotofori l’ingannavano crudelmente, costringendola a perdere tempo...

Ma doveva farcela, avvertire gli altri. Ed aveva così sonno. Ormai, persino i fotofori sembravano abbastanza caldi e vivificanti...

 

Roma: Capitale d’Italia.

Roma: Centro della più potente Chiesa Monoteista del mondo.

Roma: Metropoli ostile, ipertrofica, soffocante, brillante di gloria riflessa dal suo glorioso, lontano passato.

Roma: Nome che ancora desta meraviglia, fra i pellegrini ed i turisti affamati di cultura. Politicamente, si suggerisce il velo pietoso.

In una stringata sintesi, questa è la città che ancora si fregia dell’appellativo di ‘Eterna’. Ha subito guerre, invasioni, epidemie, saccheggi...ma l’uomo della strada potrà contare sulla sua presenza, faro di perseveranza, nei secoli a venire.

 

Ma cosa potrebbe pensare, l’uomo della strada, se sapesse che al mondo c’è un’altra Roma?

Non la capitale di una nazione, ma di un Impero.

Il Centro di un potere che non deriva dalla fede, ma da una terribile scienza aliena.

Una metropoli meno grande, ma splendente di monumenti marmorei nei colori immaginati oltre 2.000 anni prima.

Un nome che desta meraviglia e timore fra i forestieri che vedono in essa un importante punto di riferimento per scambi culturali e commerciali. Abbastanza importante, politicamente, da giustificare una guerra per il dominio dei territori circostanti.

Una guerra segreta, combattuta nelle viscere della terra dove Roma e i suoi nemici giacevano...

 

“Credevo che ci avrebbero come minimo dato in pasto ai leoni o che...Invece, ci stanno trattando da principi. Io dico che ‘sto Augusto è ciclotimico.”

Si trovavano su un ampio terrazzo, circondati da una serra di piante tropicali, con una vista diretta sulla nuova Città Eterna, la Capitale dell’Impero di Caesaria. La città occupava una specie di immensa conca naturale, sovrastata dalle ‘colline’ che erano i quattro Grandi Templi.

Oltre alle piante, un nutrito gruppo di schiave dalla pelle bruna e toga bianca si occupavano con ogni premura dei bisogni dei tre speciali ‘ospiti’ dell’Impero.

Gli ‘ospiti’ stavano sdraiati sul ventre su soffici strati di cuscini su lettini marmorei. L’autore di quell’apparentemente irriverente commento era un ragazzo di pelle appena più chiara di quella delle schiave, ed era calvo come una palla da biliardo. Terry Sorenson allungò una mano verso dei panetti al miele, e inghiottì con un’espressione di delizia. “Ma fin quando serve questa roba, quasi gli perdono di averci quasi fatto ammazzare.”

Una schiava pettinava i capelli castani di Chip Martin, che lanciava occhiate di fuoco all’amico. Quello che gli bruciava di più era di sentirsi come abbandonato –per la prima volta nella sua vita, aveva l’opportunità di vivere una vita senza l’opprimente presenza nell’ombra di Dave, l’altra metà della sua personalità. In qualche modo, l’Imperatore era riuscito a rimuovere i suoi poteri mutanti, e con essi Dave.

In realtà, l’Imperatore voleva solo assicurarsi di non avere problemi con i suoi prigionieri, mentre presentava loro l’opportunità di combattere per lui o morire per sua mano!

Se avessero accettato, avrebbe ridato loro i poteri. E Chip sarebbe tornato ad essere Schizoid Man. E non doveva succedere! Mai più!

Per qualche folle ragione di fede, l’Imperatore era convinto che loro tre fossero giunti dalla Superficie per essere i suoi campioni contro un rivale nel dominio del sottosuolo[vii]. Per provarlo, in un atto di logica perversa, li aveva mandati senza i loro poteri contro dei ‘rappresentanti’ della fauna locale.

Ne erano usciti vivi solo grazie alla prontezza di Hrimhari, il Principe-Lupo di Asgard –che in quel momento, si stava godendo i massaggi alla schiena delle ancelle. Aveva un’espressione beata, scodinzolava e ogni tanto, appena lo tastavano su un punto sensibile, si metteva a grugnire e agitare la gamba sinistra.

Discutere di piani di fuga era fuori discussione. Erano guardati giorno e notte, ed erano certi che ogni loro frammento di conversazione fosse riferito all’Imperatore…

In altre parole, bisognava pazientare, subire e attendere il momento giusto, per darsela a gambe.

Sotto di loro, la città di Roma vibrava di attività, tutto il contrario della città fantasma che avevano trovato al loro arrivo. La gente si accalcava a grappoli nei mercati, camminava per le strade, facendosi disciplinatamente da parte al passaggio di carrozze tirate da cavalli o da soldati in armatura.

E quasi tutti si stavano dirigendo verso uno dei Grandi Templi.

Tutto questo vedeva Hrimhari, grazie alla sua vista, che già normalmente ben più acuta di quella umana, era ulteriormente potenziata dalla sua natura magica.

Così come vedeva che i Romani erano esattamente gli uomini e donne mediterranei, bassi e lontani dal modello caucasico moderno. L’Imperatore doveva avere poteri ben più terribili di quanto avesse immaginato, per potere ricostruire non solo una città, ma anche quel ceppo razziale vecchio di migliaia di anni!

Le sue considerazioni furono interrotte da un suono ritmico, metallico.

Il suono dei passi dell’Imperatore, Gaius Tiberius Augustus Agrippa, vestito della sua armatura dorata e l’immancabile maschera metallica, decorato da un ampio mantello scarlatto e il pennacchio pure rosso sull’elmo. Era accompagnato da un uomo che sembrava avere molto in comune con un orco, con le sue sopracciglia cespugliose, la stazza da montagna umana, le vene sporgenti sui muscoli e un cipiglio di occhi d’acciaio. Puzzava di stalle di qualcos’altro che era meglio non identificare.

“Avete riposato abbastanza,” disse l’Imperatore, freddo come il metallo che indossava. “Siete nutriti e guariti dalle vostre ferite per mia munifica concessione. E ora, Sorenson e Martin, voi due andrete incontro al vostro nuovo destino. E il lanista Carius sarà la vostra guida.

“Quanto a te, nobile Hrimhari, messaggero della volontà divina,” e qui il suo tono si era improvvisamente riscaldato di rispetto, “Avrai l’onore di fare parte delle mie legioni per la conquista del dominio del mio nemico.”

Hrimhari si alzò dal lettino, ed eseguì un perfetto inchino. “Sarà il mio dovere ed il mio onore, Augusto.”

Terry e Chip rimasero al loro posto. Terry sfoggiò il suo migliore sorriso sarcastico, e disse, “E noi, Ciccio? Con ‘sto lanicoso che ci dovremo fare? AllenamUNGH!” terminò la frase piegandosi in due ed accasciandosi sul pavimento. Si reggeva le tempie pulsanti dal dolore, sudore freddo imperlargli la fronte.

Dall’alto del suo potere, l’Imperatore poteva permettersi di non mostrare ira. La sua voce era piena di disprezzo, come un padrone con un cane da bastonare senza rimorso.  “Un tempo, avevo l’abitudine di rendere muti i Nigra come te. Non forzare la mia clemenza. Sei uno schiavo, e tale rimarrai…fino a quando non avrai conquistato la tua libertà nell’unico modo da me concesso. Nell’arena.”

A quel punto, l’Imperatore sembrò accorgersi del tremante Chip, che non osava fiatare. “Ho visto i martiri Cristiani mostrare più coraggio di te, giovane. Ma visto che il lupo garantisce per te, avrai la stessa opportunità del tuo amico. Lanista, provvedi a che siano pronti per i Giochi. Seguimi, Hrimhari.”

I due giovani videro l’Imperatore e l’Asgardiano allontanarsi, un attimo prima che la figura di Carius si parasse loro davanti. L’omone emise un grugnito, e fece loro cenno di seguirlo. Chip appariva rassegnato al suo destino, mentre Terry si chiedeva se il suo peloso amico non fosse caduto sotto una qualche influenza mentale. docile com’era diventato…Sicuramente, non avrebbe deciso di sacrificare loro due per salvarsi la vita. Vero..?

 

“Ammetto di essere curioso, Augusto,” disse Hrimhari, mentre procedevano lungo un corridoio corredato di busti degli illustri predecessori dell’Imperatore. “Possiedi un potere di per sé divino. Perché hai invocato gli Dei, per venire aiutato nella tua impresa?”

Continuando a guardare davanti a sé, l’Imperatore disse, “Per un certo periodo, io stesso ho creduto di possedere un potere di origine divina…Ma non era così.

“Acquisii il mio potere sottraendolo, insieme alla sua vita, a una creatura venuta dalle stelle lontane. Ma, come Icaro che pagò con la vita la sua presunzione di raggiungere il Sole, io pagai la presunzione di gestire il potere con la mia sanità mentale.

“Nella mia convinzione di ricostruire la gloria di Roma, creai poco più di un macabro simulacro, abitato da selvaggi muti che osai definire ‘Cittadini’. Peggio ancora, ero così vanaglorioso da credermi invincibile –e una straniera, una donna, riuscì a sconfiggermi con irrisoria facilità.

“Ma da allora sono maturato, ho studiato le gesta dei miei predecessori, e ne ho messo a frutto la saggezza. Il legionario ignorante che ero un tempo non è più. E quando avrò annientato lo stolto che mi si oppone, Roma diventerà il nuovo centro del mondo sotterraneo.

“E quando il mio regno sarà effettivamente invincibile, mi muoverò alla conquista della superficie. La Gloria di Roma tornerà a splendere legittimamente sotto il Sole che la vide nascere.”

 

“Stai scherzando, vero? No, non stai scherzando.”

Sotto lo sguardo implacabile del lanista, Chip e Terry si misero le mezze armature da gladiatore; di fatto, per quanto pittoresche, quelle tenute erano fatte solo per colpire l’occhio. Bastava colpire le gambe scoperte nel punto giusto e zac, servito e dissanguato!

Erano stati degradati al rango di agnelli sacrificali, e lo sapevano. Fra loro due, Chip era il solo ad avere studiato a sufficienza da sapere quanto sanguinari fossero i giochi romani, la forma più estrema di catarsi collettiva.

Quando ebbero finito di vestirsi, almeno non sembravano dei manichini, anche se si sentivano comparse a un remake di Spartacus. La loro vita li aveva aiutati a mantenere un certo tono muscolare. Chip era armato con un tridente e una rete, Terry con spada e scudo.

Il lanista indicò la porta ad arco. I due vi si avviarono.

 

Quando l’ebbero attraversata, si trovarono in un’arena. Il fondo non era coperto di sabbia o paglia, ma di scivolosa e acuminata ghiaia che ti scricchiolava sotto gli stivali. Cadere qui, significava andare incontro a una serie di brutte ferite!

Non che al pubblico sarebbe interessato. La tensione nelle tribune era alle stelle, le urla della folla eccitata fuse in un unico, rabbioso coro.

 

Hrimhari sedeva accanto al folle Imperatore, cercando di ignorare la sensazione di venire sommerso da quell’ondata di pura emozione.

Doveva concentrarsi, approfittare di quei momenti in cui Augusto era concentrato sulla sua audience per cercare di comprendere la verità –perché un essere così potente aveva bisogno anche di un solo estraneo, per combattere contro un nemico che richiedeva un esercito?

Perché un essere di tale potenza non era in grado di eliminare una minima minaccia come quegli ‘mostri’ volanti che Hrimhari, armato del solo proprio corpo, era riuscito a gestire?

Se l’Imperatore aveva pensato di avere bisogno di Chip e Terry, perché sacrificarli, adesso..?

Lo stadio sembrò improvvisamente esplodere, quando altre porte ad arco si aprirono, e nuovi gladiatori ne usci... –no, non gladiatori. Non quelle due cose ruggenti!

 

Chiamarli ‘mostri’ sarebbe stato un bel complimento! Creature dalla pelle di pietra, i musi irti di zanne, gli artigli di diamante, erano provviste all’altezza dell’addome di quattro braccia snodate simili a quelle di un ragno, terminanti in punte acuminate.

Le creature erano visibilmente prive di occhi, ma non sembravano avere problemi nel tenere sott’occhio le loro prede con una determinazione inequivocabile!

“Mammina,” fece Terry, lanciando una rapida occhiata alla spada, che sarebbe potuta benissimo essere uno stuzzicadenti! “Chip, stammi accanto e fai esattamente quello che ti dico...” Ma, accanto a lui, Chip scuoteva la testa, ancora incapace di accettare la realtà della situazione, il volto rigato dalle lacrime. Mormorava qualcosa a sé stesso, e Terry fu sicuro di sentire almeno una volta il nome di Dave –Dio, Dave, se puoi, vieni fuori di lì subito! Pensò Terry, mentre le creature avanzavano, a testa bassa, sicure di sé, assaporando il pasto imminente...

La folla urlò ancora più forte.

 

Improvvisamente, Hrimhari capì il perché di quella farsa! Lui doveva fare uno sforzo fisico per non essere travolto dall’empatia degli spettatori, mentre accanto a lui l’Imperatore, in piedi, le braccia distese ad abbracciare i suoi sudditi, era come un vuoto vivente, un buco nero che di quelle emozioni violente si stava nutrendo!

Come ogni lupo, Hrimhari era altresì capace di vedere l’aura del Pr’Ana, il ‘Mana’. E quella dell’Imperatore stava diventando sempre più luminosa ad ogni secondo..!

 

I mostri spalancarono la bocca e saltarono! All’unisono, ognuno contro un bersaglio.

Terry riuscì, all’ultimo secondo, a spingere via Chip e a saltare di lato a sua volta. Un braccio snodato quasi gli troncò un braccio.

Terry agì per pura disperazione, e piantò la spada nel cranio della creatura...almeno, ci provò,

perché la lama si spezzò come vetro sulla carne di pietra!

I mostri si prepararono a sferrare il colpo di grazia.

 

L’Imperatore poteva anche sembrare indifeso e a tiro dei suoi artigli, ma poteva benissimo trovarsi nel più lontano dei Nove Mondi! Hrimhari non poteva neppure passare alla sua ‘forma estrema’, e senza di essa non poteva penetrare l’armatura. Era impotente!

Come ebbe solo pensato quelle parole, successero due cose allo stesso tempo!

 

“Arrivo, mamma,” disse Terry, mentre il braccio snodato calava su di lui –almeno, non avrebbe dato a quel mostro decerebrato la soddisfazione di tremare di paura...

Un raggio di luce abbagliante, da dietro il mostro, falciò quel braccio come uno stelo d’erba! Con la coda dell’occhio, il giovane afroamericano vide Chip salvato dal proprio fato, mentre un altro raggio inceneriva il corpo del suo mostro dal bacino in giù!

“Tutto bene, laggiù?” fece Capitan Ultra, dalla sua posizione a mezz’aria! “E scusate il ritardo!”

L’istante successivo, più veloce dell’occhio, Ultra si gettò addosso al mostro ‘dimezzato’, e afferrò uno dei suoi bracci articolati. Potenziato dalla propria ultra-forza, lanciò il mostro contro il suo simile,

mandandoli entrambi a sbattere contro la fiancata dell’arena! All’impatto, le creature finirono in inerti briciole di ghiaia.

 

L’ira della folla cessò di essere come una candela improvvisamente privata dell’ossigeno. Fra gli spalti, fu tutta un’esclamazione di sorpresa mista a borbottii confusi. L’animale-folla era stato abbattuto.

Tuttavia, non fu quel brusco cambio di umore collettivo, a sorprendere l’Imperatore...

...Quanto la curva lama di una Katana che gli spuntava dal cuore! “Questo...è...assurdo...” borbottava l’Imperatore, che non poteva vedere il Ninja Bianco in modalità ‘invisibile’!

Hrimhari ne approfittò per attaccare! Saltò addosso all’Imperatore, e la maschera metallica. Tirò con forza...e non successe nulla!

In compenso, l’atto fu sufficiente a scuotere l’Imperatore dal suo trance! Afferrò Hrimhari per la gola come se pesasse niente. “Miserabile animale! Ma credevi veramente che qualcuno potesse ripetere questo ridicolo espediente con me?!

Hrimhari sferrò un calcio, assicurandosi di colpire con gli artigli l’addome dell’essere, solo per vedere nient’altro che qualche scintilla lasciata dal contatto! E intanto, già cominciava a vedere le prime ‘stelle’...se non fosse stato per la sua forza, sarebbe già morto..!

Un sibilo, e la lama energizzata della Katana tranciò di netto il braccio corazzato all’altezza del gomito!

Hrimhari cadde a terra, tossendo, mentre il Ninja Bianco proseguiva l’attacco, con un fendente orizzontale all’altezza della gola!

L’Imperatore puntò il braccio amputato, parte di un’armatura vuota, e un getto di energia colpì in pieno il mutante orientale!

“Patetico,” fece l’essere, ignorando il braccio caduto. Un atto di volontà, e un braccio nuovo apparve al proprio posto!

Solo a quel punto, l’Imperatore si accorse di stare guardando non al cadavere annerito del nemico...ma a un pezzo di legno!

Subito dopo, un potente getto di energia Ultra lo investì in pieno!

Prima che potesse rialzarsi, una mano colorata afferrò la sua armatura per il collo, piegando il metallo come tessuto. Ultra lo gettò nell’arena, dove l’impatto con la ghiaia generò una scia di scintille. Ultra lo seguì al volo.

La folla era nuovamente in delirio, invocando ripetutamente il nome dell’Imperatore con toni esaltati!

Lo stesso Augusto sembrò rianimarsi di fronte a quella manifestazione. L’armatura brillò, e tornò come nuova. Un paio di gesti, e l’essere si liberò dell’elmo e del mantello. “La loro devozione mi rinforza, come vedi. Fra poco, mi implorerai di risparmiarti, come il tuo debole amico ha già inutilmente fatto.”

“Perché non ci lasci andare e basta, invece?” chiese Ultra. “Qualunque piano tu avessi in mente per i miei amici è fallito, non costringermi a usare le maniere forti!”

In risposta, l’Imperatore tese una mano verso l’eroe...e non successe niente!

Ultra chinò la testa di lato, incuriosito.

Ripetizione del gesto, con sfarfallio della mano. Nisba.

“..?”

Doppio braccio teso, pugni contratti! Nix.

Ultra sbadigliò.

“Non è possibile! Il mio potere supremo non mi ha mai deluso!”

“C’è una prima volta per tutto, lingottino!” e detto ciò, Ultra gli appioppò un gancio da demolire un muro! Di fatto, l’Imperatore volò fino all’altro lato dell’arena!

Assordato da una folla isterica, Ultra fu raggiunto da Chip e Terry. “Ma come diavolo hai fatto?” chiese Terry, quasi urlando per farsi sentire. “A noi ha spento i poteri come lampadine!”

Ultra annuì. “Allora, lo costringerò a riaccenderli. Lasciate questo gioco a papà, bambini!” Detto fatto, si gettò a tutta velocità contro il nemico, il pugno già pronto...

Capitan Ultra non coprì la metà della distanza, che si manifestò il familiare bagliore dorato. Subito dopo, una specie di barriera arrestò bruscamente il suo volo! Una barriera che all’impatto non si infranse, ma si avvolse tutt’intorno a lui, come...un...ameba!

Fregato!

L’Imperatore si avvicinò. “La farsa è durata abbastanza, terrestre! Ora, guarda!” Fece un cenno.

Il suolo accanto a Chip e Terry sembrò prendere vita, mentre assumeva la familiare forma dei mostri di pietra.

L’alieno fissò Ultra. “Se sei abbastanza potente da resistere al mio effetto nullificatore, lo sarai abbastanza per quello che ho in mente per te. Ora, giurami fedeltà incondizionata o ucciderò i tuoi inutili compagni adesso!”

 

Hrimhari seguì lo scontro non solo con gli occhi, ma anche con le sue raffinatissime orecchie, non perdendosi una parola del vanaglorioso Imperatore...E, finalmente, l’atteso, preziosissimo indizio arrivò!

Aveva una mezza idea, ma doveva chiedere conferma...Il mezzolupo si rivolse al Ninja, che si limitava ad osservare, al solito impassibile. “Presto. Sai come ha fatto Ultra, ad avere i suoi poteri?”

“Gli sono stati donati da una razza aliena.” Telegrafico. Sufficiente!

Hrimhari saltò nell’arena, finalmente conscio di non avere mai perso i suoi poteri!

Come provò la sua trasformazione nella ‘forma estrema’ –200 Kg di pura furia e muscoli densi come il ferro, zanne e artigli capaci di spezzare gli incantesimi oltre che l’acciaio!

Ringhiando, Hrimhari atterrò esattamente dietro ai due mostri di pietra. Quelli si voltarono, preparandosi a contrattaccare...

Non furono abbastanza veloci! Per loro, bastò un singolo colpo inferto come una sciabolata, e si disintegrarono...

...Per riformarsi l’istante successivo.

Non c’era timore, nel cuore del Principe, ma solo furia primordiale –era giunto su Midgard, la Terra, sfuggito per un soffio all’eccidio portato dal maledetto Seth e le sue orde[viii]. Asgard la Magnifica era perduta; persino il legame mistico con la sua terra era stato troncato. Qualunque cosa fosse successa, non aveva modo di conoscerne il fato, che doveva essere stato terribile! E da quel giorno, Hrimhari non aveva ancora avuto modo di sfogare la terribile ira che bruciava in lui.

Fino ad ora. E i mostri di pietra cadevano altrettanto velocemente di quanto si formassero.

Il che tendeva a generare un ovvio problema. L’Imperatore aveva ancora abbastanza energie per mantenere il suo ‘esercito’ a pieni effettivi.

Hrimhari stava invece esaurendo le forze, per quella modalità concepita per un uso a breve termine!

 

Era solo una sua impressione, o l’alieno d’oro sembrava stare vacillando?

Ultra guardò verso gli spalti. Oi, la folla era meno entusiasta. Di fatto, l’intera prima fila era semisprofondata in uno stato di letargia!

L’eroe ebreo guardò verso l’Imperatore. A questo punto, o la va o la spacca...

La visiera azzurra si illuminò, prima di emettere energia Ultra a piena potenza! La ‘bolla’ teneva, come c’era da immaginare, ma si deformava.

L’Imperatore, com’era altrettanto prevedibile, si distrasse per contenere l’inaspettata eruzione di energia. Col solo risultato di spingere Ultra a ingranare la 5°. Tale potenza raggiunse la sua emissione, che l’intera testa sembrò andare a fuoco!

Il bello era che Ultra non aveva mai dato fondo alle sue riserve –era sempre stato sicuro, e temeva, di potere distruggere una città, con tutto quel potere scatenato. Una riprova di ciò fu che di colpo ogni singolo spettatore cadde in stato apatico o privo di sensi, la sua mente prosciugata fino al collasso.

“No...Non così vicino...” mormorò l’Imperatore, un attimo prima di venire colpito da un potente colpo di energia!

La ‘bolla’ era stata infranta così repentinamente, che Ultra non poté impedire che il colpo investisse l’alieno, di fatto facendo a pezzi il suo corpo!

Cosa l’eroe si fosse a quel punto aspettato, rimase deluso. Sì, vide i mostri di pietra sbriciolarsi, ma niente di più.

Il silenzio tornò padrone, e Roma era ancora in piedi –a proposito dei quali, Ultra vide che solo pochi frammenti di armatura erano rimasti a terra a testimonianza del suo nemico...E l’eroe si sentì intristito da quei miseri resti.

Era giunto perché Yllyni lo aveva avvertito, e lui si era precipitato, ritrovando i suoi amici grazie ai posizionatori dei comunicatori subcutanei. Si era precipitato in quella lotta per salvare i suoi amici, non per sterminare chicchessia...Non senza una ragione. Una molto valida. E persino la pazzia non...

“NO!”

Voltò la testa di scatto, a quel grido carico di angoscia, di paura...

E fece in tempo a vedere Chip inginocchiato a terra, in preda ai tremori, stringersi come in preda a un terribile dolore. “No...Non di nuovo, non voglio andare via...Ti prego...” e subito, si rispose con la voce aggressiva e determinata di Dave, “Ma taci, bamboccio viziato! Dipendesse da te, saremmo morti e sepolti. E io, alla buccia, ci tengo.”

Quando smise di tremare, il giovane si alzò in piedi, e il suo corpo era per metà coperto di nero/blu, l’impronta di Schizoid Man. “Qualcosa da ridire, caffè?” fece a Terry. “Scusami tanto, se sono stato ‘spento’ contro la mia volontà!”

Terry, ora nuovamente Equinox, l’Uomo Termodinamico, fece spallucce. “Oh, niente, pensavo solo alla cavalleria e robe del genere, di quelle che...”

“Non è colpa sua,” disse Hrimhari. “Tardivamente, ho compreso che il potere dell’Imperatore agisce sulle mutazioni, che siano avvenute per eredità o per accidente. Il mio potere venne concesso da Odino in persona, come quello del Capitano fu dono di una razza di gente delle stelle lontane. L’Imperatore mi ingannò per farmi credere di essere debole, ma solo finquando la sua persuasione occludeva il mio spirito. Allo stesso modo, il potere di Dave era stato negato dalla preponderanza di Chip imposta dall’Imperatore.”

Tre paia di occhi fissarono il mezzolupo con sommo stupore. “Un momento solo,” disse Schizoid Man, “Vuoi dire che il mio potere non è di origine...”

“Qualunque cosa voglia dire,” intervenne Cap, “ne discuteremo dopo essere usciti da questa specie di parco a tema...Oh, quasi dimenticavo, Principe: Yllyni sta bene, solo...”

Hrimhari annuì. “Questo lo sapevo già, amico mio. Speravo infatti che ce la facesse, quando si è allontanata per cercare te e il Ninja.”

Al nome, Cap si fece cupo –già, il Ninja e Robert...Doveva fare quattro chiacchiere, con quei due furboni, sulla fretta di lasciare un compagno nei gua*”

Nessuno andrà via di qui!

La voce rimbombò per l’intera caverna. La voce dell’Imperatore!

Veniva da ovunque, come se un immenso fantasma aleggiasse sopra Roma. Nessuno lascerà il mio Impero, senza il mio permesso! E voi non andrete via, senza avere portato a termine il compito che ho per voi, terrestri!

 

Episodio 8 - Fra incudine e martello

 

Prendete un gruppo improbabile, composto di:

-         Un ebreo, forse non molto ortodosso, ma dotato di un grande potere e privo della necessaria esperienza per gestirlo appieno.

-         Un mutante dalla duplice personalità, giovane, intossicato da farmaci sperimentali fin dalla prima infanzia.

-         Un altro mutante, un dichiarato mercenario abituato a fare i lavori ‘sporchi’, e poco socievole.

-         Un altro giovane mutato, risultato di un bizzarro incidente di laboratorio, dall’infanzia a dir poco difficile e nel cui curriculum spiccano furto con scasso e diversi istituti psichiatrici.

-         Un lupo mutaforma, un Principe fra la sua gente, una creatura benedetta dal grande Odino in persona e spinto dai più nobili ideali del suo mondo, Asgard.

Ora, considerate che questa formazione, definita dei Campioni, 1) ha ben poca esperienza come gruppo e 2) si trova adesso a gestire una situazione che spaventerebbe persino professionisti come i Fantastici 4, che a loro tempo quasi furono sconfitti dall’entità che ora questi neofiti stavano affrontando...

 

“Nessuno lascerà il mio Impero, senza il mio permesso! E voi non andrete via, senza avere portato a termine il compito che ho per voi, terrestri!”

La rabbiosa voce risuonava ovunque, con una intensità da rendere sordi, nella immensa caverna naturale che ospitava la favolosa città di Roma, capitale di un nuovo Impero sotterraneo. La voce discorporata di colui che si autoproclamava l'Imperatore…

“’Terrestri’?” fece Equinox, l’Uomo Termodinamico. “Ciccio è diventato un megalomane, o è solo una mia impressione?”

“Potrebbe esserci un’altra risposta,” disse Hrimhari, rivolgendosi al resto del gruppo, tenendo le orecchie di lupo appiattite sul cranio per non essere assordato. “Ho avuto modo di notare che l’aura di Augustus, durante il nostro scontro con lui, era…instabile, come se al suo posto, ogni tanto, apparisse qualcun altro. Invero, solo una volta ho assistito a qualcosa di simile, ed è stato quando Danielle Moonstar è stata posseduta da una Valchiria e da un demone[ix].”

Schizoid Man si fece avanti, gonfiando il petto, poi si rivolse all’aria, “OK, grand’uomo. Dicci cosa vuoi e facciamola finita! E vedi di non fare il furbo: se c’è uno qui che se ne intende di personalità multiple, sono io!”

In risposta, tutti e cinque i super-esseri caddero in ginocchio, le mani premute contro le tempie, i volti contratti dall’agonia!

Un momento dopo, la pressione cerebrale cessò. Le orecchie di Hrimhari fliccarono in direzione di un nuovo suono: passi, passi di piedi calzati di sandalo sulla ghiaia dell’arena.

Gli spettatori, che fino a pochi minuti prima avevano esaltato e nutrito l’Imperatore col proprio tifo e le proprie emozioni, erano ancora inconsci, immersi in uno stato semicomatoso, svuotati di quasi ogni energia. Era come se un bioterrorista fosse riuscito a spargere i propri semi di morte, era uno spettacolo agghiacciante.

Eppure, uno di quegli spettatori era cosciente, e avanzava con passo fermo e sicuro. Giunto davanti al gruppo, rivolse loro uno sguardo lucido e intenso. “Come potete vedere, terrestri, non sono del tutto indifeso, nonostante le limitazioni del mio corrente stato.

“Il mio nome non ha importanza, in quanto per i membri della mia specie, gli Zeloti, si tratta di inutili formalità.”

“Complimenti,” fece Equinox, massaggiandosi una tempia. “E chi sarebbero questi ‘Zeloti’? Sembra una marca di auto.”

L’uomo, che non si poteva certo definire imponente –era robusto, forte, ma basso come un suo connazionale della vecchia, vera Roma- fece una smorfia. “Porta rispetto, terrestre, o potrei decidere di non lasciarvi vivere, una volta terminato il vostro compito.”

“E di cosa si tratterebbe?” chiese Capitan Ultra, avvicinandosigli.

L’uomo annuì. “Seguitemi.”

 

Tutti gli indicatori erano sul verde. La ricarica delle batterie solari era completa, quella delle nucleari al 99.3%. Il carburante nelle Armi a Propulsione oltre la metà. Il Gruppo a Propulsione Fotonica avrebbe potuto portarlo ancora in Europa. Il numero dei missili disponibili sufficiente a buttare giù la Kennedy.

A un movimento della fronte, il visore si sollevò. Robert Takiguchi guardò dalla cabina del Light Falcon verso il buco nel terreno, 30 metri in basso.

Attraverso quella finestra naturale, stava una trappola che aveva già inghiottito cinque dei suoi compagni d’arme. E lui se ne stava lì a guardare –no, non a guardare, ma ad obbedire agli ordini!

E gli ordini erano di impedire che un’arma unica come il super-robot Mazinkaiser finisse nelle mani sbagliate, quando il suo compito era di vigilare non solo sullo Zilnawa, ma anche sulla riuscita del Progetto Exodus

Sulla spalla sinistra di Robert, stava seduta una creaturina saltata fuori dritta da una fiaba: una faerie, una fatina, una minuscola donna alta 15 centimetri, dalle ali di libellula e permanentemente avvolta da una delicata spolverata di scintille.

Yllyni era stata la prima a riemergere da quel buco, più di 24 ore fa. La sua presenza era stata prova sufficiente per escludere che la ‘barriera oscura’ in fondo alla caverna naturale dietro al foro fosse una distorsione spaziotemporale.

Il problema era che anche Capitan Ultra e il Ninja Bianco (quest’ultimo ‘amichevolmente’ persuaso), una volta infilatisi in quel budello, non ne erano ancora tornati. E Ultra era un pezzo da 90, anche se un dilettante.

Mazinkaiser poteva essere armato come un fortezza ambulante, ma se fosse rimasto intrappolato a sua volta…

Robert strinse i denti. Tante domande, tanti ‘se’…In fondo, lui era stato addestrato per correre rischi, Cristo! L’intero gruppo era destinato ad azioni pericolose, non a passeggiate!

Robert scambiò una breve occhiata con Yllyni. Lei da sola non ce l’avrebbe fatta, questo era chiaro. Solo il giungere alla superficie l’aveva quasi uccisa…

Il giovane pilota Giapponese non avrebbe mai voluto deludere il Professor Giapeto, l’uomo che aveva dato un nuovo, vero scopo alla sua vita, questo era certo…

 

Di tutt’altro avviso era la figura maschile intenta allo schermo che inquadrava il super-robot.

L’uomo era l’incarnazione della perfezione militare, un esemplare degno del sogno Ariano, con il volto squadrato dai capelli biondi a spazzola e lunghi posteriormente in un codino simile a uno scudiscio, occhi grigio metallico e naso patrizio. La sua uniforme era un misto di stile civile da pirata e kaki militare.

Maximillian Von Staar, in piedi al centro della sala comando, era pensoso. Una finestra dello schermo mostrava quello che, ufficialmente, si trovava sotto i piedi del Mazinkaiser. E a parte una vasta caverna sotterranea, priva di minerali e inutilizzabile come base sotterranea, non c’era proprio nulla che potesse spingere quei paranormali a un simile comportamento...

Von Staar sorrise, un sorriso sinistro con le sole labbra. Comunque fosse, era almeno un’ottima occasione per sbarazzarsi di quasi tutto il resto di quei ‘Campioni’..! “Armamenti. Se le Sentinelle Hyrgan e Devaston sono pronte, attivatele. Bersaglio, Mazinkaiser.”

Von Staar credeva nell’efficacia di una strategia semplice. In questo caso, tenere impegnato Mazinkaiser, mentre il gruppo veniva decapitato.

 

Ancora una volta, si ritrovarono nella sala dei ricevimenti dell’Imperatore. Le guardie e l’intero personale si erano mostrati deferenti nei confronti del ‘cittadino Romano’ come se avesse indosso la sua ormai distrutta armatura dorata.

Il gruppo procedette fino in fondo alla sala, dove un’intera parete era occupata da una carta del globo assolutamente perfetta in ogni dettaglio.

L’Imperatore toccò un quadrato cristallino sotto la mappa. Un cursore puntiforme scorse fino alla zona Sudafricana dove si trovavano in quel momento. “Qui. Non molto distante, fra queste maledette caverne, è sepolta l’astronave con la quale giunsi su questo maledetto pianeta centinaia di rivoluzioni fa.

“Era una missione semplice: verificare l’idoneità di questo mondo alla colonizzazione. Il primo incontro con dei locali della più potente ‘civiltà’” quasi la sputò, quella parola, “si era risolto con la loro eliminazione…Eppure, nonostante il mio potere, i miei superiori mezzi, il mio corpo ospite fu facilmente ucciso da una lama del più vile acciaio.

“Come previsto in una simile situazione, usai la tecnologia dell’elmo che conteneva la mia essenza per spingere quel selvaggio a divenire il mio nuovo ospite…Purtroppo, fu un errore: quel terrestre era uno dei vostri mutanti, e la sua volontà era tale da riuscire a sopraffare la mia. I sistemi di sicurezza dell’elmo causarono una stasi, che perlomeno impedì all’idiota di fare ulteriori danni. Il computer di bordo portò il mio veicolo al sicuro, in attesa del mio risveglio.

“Ma ancora una volta, la sorte mi fu sfavorevole. Quest’area geografica era popolata da una specie ominide geneticamente deviante, ed essi ebbero ragione delle difese esterne della nave. La nave, avendo ancora il dovere di difendermi, nonostante la mia condizione, svegliò il mio ospite, e gli insegnò il modo di usare i poteri acquisiti, e i devianti furono messi in fuga.

“Da quel momento, il terrestre utilizzò il mio potere per ricostruire la ‘gloria’ di Roma, per fare rivivere il suo ridicolo sogno. Persino la sua prima discorporazione non fu sufficiente a vincere la sua volontà. Quando la nave recuperò l’elmo, ero ancora prigioniero…Fino ad oggi. E la mia gratitudine non è poca cosa, terrestri.”

L’uomo si voltò di nuovo verso la mappa. “La nave non è molto distante da qui. I soldati che l’’Imperatore’ ha mandato per recuperarla sono stati regolarmente annientati. Ho faticato non poco per convincerlo subliminalmente a non esporsi personalmente, spingendo sulle sue paranoie di una possibile invasione.

“Se voi riuscirete dove lui ha fallito, vi indicherò il modo per uscire di qui, in pace, liberi di portare via questi inutili primitivi con voi. E non sentirete più parlare di me o del mio popolo.” E su questo, era assolutamente sincero! Attraverso la nave, aveva imparato abbastanza sui super-esseri di questo pianeta da evitare un qualunque confronto diretto…Questa gente era stata capace di respingere due esseri come Galactus e la Fenice. L’intero pianeta Terra avrebbe dovuto essere perfettamente isolato, non conquistato, e non avrebbe certo raccomandato gli Zeloti per un simile incarico, nel suo rapporto!

I cinque si scambiarono una rapida occhiata. Alla fine, l’idea aveva funzionato –il pollo si era sbottonato, e sapevano cosa fare. Avrebbero naturalmente potuto andarsene dal momento in cui era chiaro che la strana ‘barriera’ nera che nascondeva Roma non era un ostacolo invalicabile. Di aiutare quell’alieno non avrebbe potuto importar loro di meno, ma di salvare quelle migliaia di innocenti era un altro paio di maniche. E, una volta giunti a bordo della nave, avrebbero potuto, con un po’ di fortuna, contattare Robert...

 

“Hai deciso?” fece Yllyni, che finalmente aveva recuperato tutte le sue forze. “Perché se non ci vai tu, la sotto, ci andrò io.”

Robert scosse mestamente la testa. Alla fine, non poteva. Le conseguenze potevano essere tali da risultare in ben più di un gruppo di paranormali perduto, molto di più..!

La Faerie emise un trillo secco, le sue luci corporee intensificate fino all’abbaglio. Fece per uscire dalla cabina di guida...un attimo prima che la cabina stessa venisse scossa come sotto un terremoto! Allo stesso tempo, il suono di un’esplosione rimbombò assordante.

Robert reagì meccanicamente. Abbassò la visiera, e diede vita a Mazinkaiser,

 

che era sotto l’attacco di due Supersentinelle volanti! Due modelli corazzati in modo elaborato, che solo vagamente ricordavano le macchine antimutanti prodotte in serie. Persino i loro volti erano più morbidi, ‘umani’.

Uno, disegnato come una femmina, lanciò da un’unità sulla schiena una serie di missili rotanti contro l’apertura della caverna. In sequenza, le armi trasformarono quella che era un’apertura sufficiente per un’utilitaria in un varco adeguato al robot nemico.

Prima che la SS Hyrgan entrasse nell’apertura verso cui era diretta, Mazinkaiser levò il braccio destro. Turbos...Ehi! Si trovò bloccato da un viluppo di catene!

Un attimo dopo, violente scariche elettriche saettarono lungo le catene. La SS Devaston tirò a sé il robot delle FSDN Zilnawane. Spalancò una bocca irta di zanne, e ne espulse un soffio di plasma.

La testa di Mazinkaiser ne fu avvolta, e la cabina del Light Falcon sarebbe stata distrutta sull’istante, non fosse stato per la corazzatura in Starlega. L’urlo di dolore che emise non era, apparentemente, giustificato,

 

non fosse, però, che Robert era legato psichicamente alla macchina, avvertendo ondate di dolore ad ogni colpo come fosse stato il suo corpo ad essere attaccato! Una misura purtroppo indispensabile per impedire che il pilota spingesse il Mazinkaiser oltre i limiti causati da un danno serio. O che potesse causare danni a forza di spingere.

Per conto suo, Yllyni, non costretta dagli stessi vincoli, non perse tempo e uscì dalla cabina fasando attraverso la calotta.

 

Una volta fuori, considerò le sue opzioni. Ci mise poco –il suo Principe veniva prima, naturalmente. Che quell’arrogante guerriero Midgardiano se la cavasse da solo!

Si trasformò in un raggio di luce, e si gettò dietro alla Hyrgan.

 

Robert serrò i denti –decisamente non aveva voglia di verificare i limiti di resistenza della Starlega, no!

Si concentrò, i muscoli contrarsi di riflesso nei movimenti che doveva solo immaginare...

 

Mazinkaiser afferrò le catene...E diede un violento strattone! Devaston, che decisamente non si aspettava un simile sviluppo, fu trascinato in avanti come un giocattolo! Il suo flusso di plasma andò completamente fuori traiettoria.

Fire Blaster! Le piastre pettorali scarlatte brillarono per un attimo di luce bianca, mentre le microunità cristalline che le coprivano convogliavano l’energia delle batterie pettorali. Un attimo dopo, un unico fascio scarlatto

investì in pieno Devaston. Il robot, vedendo il brillare pettorale, si era già preparato, e quando il fascio laser/termico colpì, a soffrirne fu la metà inferiore del corpo, che fu consumata come una palla di neve all’inferno, trasformandosi quasi istantaneamente in una poltiglia rovente.

Spinta da potenti razzi alla schiena, la parte superiore della SS spalancò il petto e ne espulse una raffica di missili!

Mazinkaiser cercò di evitarli, ma si trovò di nuovo bloccato dalle catene, dalle quali non si era ancora liberato! E fu colpito in pieno.

 

Hyrgan, come prevedibile, era ferma davanti alla barriera nera. E per quanto i suoi sensori si sforzassero su ogni frequenza conosciuta, non ne riceveva che un’immagine di nulla.

La Supersentinella non era strutturata per considerare la luce una minaccia, non se la luce in questione era su una frequenza innocua. Di conseguenza, quando la sfera luminosa fasò all’interno della sua schiena, non scattò nessun allarme.

Finalmente, giunse il comando, e Hyrgan scattò in avanti.

 

Capitan Ultra ringraziò mentalmente i localizzatori inseriti nei costumi (e nella cute di Hrimhari), o non avrebbe mai potuto trovare i suoi compagni in quel labirinto sotterraneo!

Il gruppo volava per l’immenso network sotterraneo, orientandosi alla luce dei fotofori naturali e seguendo la strada realizzata dall’Imperatore. Hrimhari e Schizoid Man stavano in piedi su una ‘manta’ di energia psichica generata dal mutante. Ultra ed Equinox volavano autonomamente, fianco a fianco. Sulla strada, a intervalli regolari, come un’illusione, appariva la figura del Ninja Bianco in corsa.

La strada si snodava come un’oasi serpentina su un fondo irregolare irto di stalattiti. Le stesse stalagmiti che pendevano dal soffitto costituivano un ostacolo non insignificante, soprattutto visto che molte di esse andavano a fondersi con le stalattiti in solidissime colonne...

Improvvisamente, la strada si interruppe, tagliata da un’invisibile mannaia. Solo i resti del cantiere restavano a muta testimonianza della vanità degli sforzi Romani.

Il gruppo si fermò su quel confine. “Io dico che siamo vicini,” disse Equinox. “Voglio dire, abbiamo fatto almeno 10 chilometri, e non c’è altra ragione perché si interrompa proprio qui, right?”

“E credo anche di sapere chi sia il responsabile,” disse Hrimhari, annusando prima il pavimento e poi l’aria. Istintivamente, la sua criniera si era leggermente sollevata. “Questo è lo stesso odore delle creature che ci hanno attaccato la prima volta che siamo giunti a Roma[x]. Ed è presente ovunque; il loro nido è invero vicino.”

“Che bello,” fece Schizoid Man. “Capitano tutte a noi. Perché diavolo poi dovrebbero dei mostri volanti nidificare vicino a un’astronave aliena...”

“Lo scopriremo presto,” disse Cap, attivando l’Ultravisione. Adesso, dietro un angolo, vedeva come un faro le emissioni radioattive della nave –e capì che c’era qualcosa che non andava. Fosse dipeso da lui, si sarebbe assicurato di avere il sistema di alimentazione, il serbatoio o qualunque altra cavolo di cosa ci volesse su un vascello alieno, ben schermato, non a perdere energia in quel modo.

“Cap..?”

Non badò neppure a Equinox, continuando a osservare la ‘perdita’, e di come i fotofori sembrassero...assorbire...Ma certo! I microrganismi erano stati mutati da quelle radiazioni! Ecco perché erano così potenti in confronto ai loro ‘fratelli’ più in alto!

“Cap?”

“Cosa?” sbuffò Ultra, spegnendo l’Ultravisione. Era sempre un’esperienza, vedere nel microscopico, e gli ci voleva un attimo, prima di tornare alla visione normale... “Oy.”

Il cielo sotterraneo era letteralmente pieno dei mostri volanti albini, dai corpi coperti di placche affilate, e le bocche/caverne ribollenti di plasma, grandi a sufficienza da inghiottire un uomo intero.

Poi, il cielo si riempì delle loro grida, mentre la formazione che veniva dal nido si disponeva in cerchio per l’attacco.

“Proprio quello che pensavo anch’io,” disse Equinox.

 

Gli occhi di Devaston brillarono, e raggi crionici andarono a colpire il braccio di Mazinkaiser, teso a proteggere la cabina di comando. Il metallo fu coperto da un solido strato cristallino.

Subito Devaston spalancò la bocca. Il plasma

colpì il braccio congelato, vaporizzando il ghiaccio e sottoponendo la Starlega a uno stress termico che, se fosse stato marcato da parametri ben più estremi, avrebbe anche potuto funzionare...Invece, Mazinkaiser puntò il braccio in questione, e “Turbosmasher Punch!, lo fece partire. Irto di lame, come un missile rotante, l’arma andò a colpire la spalla destra, da cui partiva una parte delle catene, disintegrandola.

Mazinkaiser annuì. “Ora si fa sul serio! Preparati!” Il gruppo propulsore spuntò sulla schiena, e Mazinkaiser decollò.

Devaston fece un’espressione terrorizzata, e se la diede a gambe –almeno, ci provò. Dietro di lui, Mazinkaiser disse, Fire Blaster

La supersentinella fu investita dall’onda termolaser, e a quel punto entrò in funzione il programma automatico di autodistruzione. Una sfera di fuoco, e del robot nemico restarono pochi frammenti che non sarebbero stati di utilità alcuna a rintracciare i costruttori.

 

Robert schioccò le dita. “Beccati questo, rottame! Ed ora...”

 

Mazinkaiser puntò verso la caverna. A questo punto, aveva la scusa perfetta: se il nemico si fosse impadronito di qualcosa di utile a danneggiare Progetto Exodus, era dovere di Mazinkaiser fermarlo!

Sperò solo di essere in tempo...

 

Dove cavolo era, la cavalleria, quando serviva?

Ultra era fortunato, lui era abbastanza veloce da evitare facilmente gli attacchi di quelle creature, e il costume era abbastanza resistente per le loro lame –non il mantello, già ridotto a uno straccetto.

Almeno, a lui bastava una scarica ottica a sistemarli. I loro attacchi erano prevedibili, visto che miravano, alla fine, a inghiottire la preda, diventando perfetti bersagli.

Purtroppo, Ultra era anche stanco. Era già da oltre 1 giorno che non dormiva, e iniziava a sentirlo –o meglio, se ne accorse quando una bolla di plasma lo colpì in pieno alla schiena! L’eroe si trovò sbattuto contro la parete, lasciandovi la sagoma.

 

La sola fortuna di Equinox, che stava scontando la sua mancanza di allenamento nell’elemento aereo, era dovuta alla sua durissima pelle di ghiaccio e la capacità di assorbire il calore dei colpi di plasma, o sarebbe già morto. Questi mostri erano saette viventi, dotate di un’agilità che era il sogno bagnato di un ingegnere aeronautico.

E le creature, per giunta, erano gregarie. Come squali, attaccavano per sfinire, dandosi il cambio, in attesa del colpo di grazia...*

L’idea gli venne subitanea, azzardata e geniale proprio come piaceva a lui.

Equinox si mise immobile, limitandosi a farsi propellere dal proprio plasma. Una dozzina di creature affamate si buttarono su di lui, affamate, agitando le antenne-radar per essere sicure di non trovare ulteriori ostacoli...

 

“NO!” fece Ultra, vedendo l’orrendo banchetto in procinto di compiersi...

...un momento prima che l’intero stormo si trasformasse in una palla di fuoco! Equinox emerse dall’olocausto un attimo dopo.

 

A terra, il Ninja Bianco era l’unico a non sudare sette camicie. Gli squali volanti attaccavano, e lui fingeva e colpiva con la katana. La lama vibrante affettava arti ed ali con facilità irrisoria,

con grande irritazione di Schizoid Man e Hrimhari, che stavano rapidamente consumando le forze. Il mutante materializzava tentacoli e mostriciattoli di energia psichica dalle bocche fameliche, ma era come contenere una marea montante.

Il Principe-lupo poteva solo evitare di farsi affettare. Inutile sprecare energie per la sua forma estrema: non poteva neppure afferrare quelle cose senza rischiare l’amputazione. Avrebbe voluto replicare il trucco della ‘cavalcata’[xi], ma da come evitavano di volare basso per consentirglielo, era chiaro che erano abbastanza intelligenti da scambiarsi le informazioni... “Yip!”

Una bolla di plasma gli esplose ad un passo, strinandogli la pelliccia. Istintivamente, si fermò, in tempo solo per vedere l’enorme bocca spalancata davanti a lui, fornace promettente una morte orrenda...

La creatura si ritirò all’ultimo istante con un grido. Le orecchie lupine percepirono un tono diverso, non aggressivo, ma simile a quello usato dallo squalo che lui aveva usato come cavalcatura...

Paura!

Una serie di sibili, suoni assordanti e brevi, si sovrappose a quelli del carnaio. Un attimo dopo, varie esplosioni scossero la caverna! Poi, giunse il suono come di un razzo, uno grosso!

Hyrgan fece il suo ingresso, usando ogni componente del suo arsenale per liberarsi di ogni bersaglio mobile. Purtroppo, la sua programmazione non aveva contemplato la possibilità di una presenza massiccia di quelli che i suoi parametri consideravano super-esseri non meno pericolosi dei Campioni. E, con i contatti con i suoi padroni tagliati, il robot agì alla cieca, per giunta disturbato dalle radiazioni emesse dalle bocche degli squali volanti.

Hrimhari vide una luce staccarsi dalla schiena della macchina, per dirigersi verso di lui. “Yllyni!

La Faerie si posò sulla sua testa, e gli abbracciò un orecchio con trasporto. “Miosignoreseivivo! O come sono felice, sono...”

Ma l’Asgardiano si stava già dirigendo verso Ultra e Equinox, appena atterrati. “Bisogna soccorrerli!” disse, trafelato, e indicando chiaramente lo stormo.

Fu ricambiato da più di un’occhiata sgranata. “Prego?” fecero 4 bocche all’unisono.

“Sono abbastanza intelligenti da scambiarsi informazioni, lo so. Se li aiutiamo adesso, potrebbero decidere di non considerarci più una minaccia per il loro nido!”

4 paia di occhi guardarono verso il colosso corazzato. “L’idea è carina,” fece Ultra, “Ma ho paura che abbiamo di fronte un grosso problema da risolvere, prima. Che dici?”

La risposta non venne ne’ da Hrimhari ne’ da un altro componente del gruppo...o meglio, dall’ultimo che si aspettavano di vedere laggiù. Raggi Fotonici!

Una coppia di strisce abbaglianti colpirono in pieno l’unità propulsiva di Hyrgan! Queste esplosero, e il robot precipitò

Per il gruppo a terra, la prima preoccupazione fu impedire di essere investiti da getti di carburante infiammato e schegge letali. Preoccupazione risolta al volo da Equinox ed uno scudo gelido.

Mazinkaiser atterrò ed afferrò la SS per le gambe. “Ehh...” La fece girare come un peso olimpico un paio di volte, e “Ooopp!” la scagliò via come per una gara dell’olimpiade robotica.

La macchina non aveva finito di atterrare, che Missile Gigante! Mazinkaiser la centrò con uno dei suoi ordigni ventrali. Il meccanismo di autodistruzione fece il resto, accendendo un nuovo sole sotterraneo.

Gli squali volanti, saggiamente, si tenevano a rispettosa distanza. Le loro lunghe antenne alternavano movimento e lampeggiamenti secondo uno schema preciso. “Stanno valutando la situazione,” disse Hrimhari, ammirato. “Si scambiano informazioni...”

Lo stormo si ritirò, sparendo dietro l’angolo.

Capitan Ultra decollò verso la testa di Mazinkaiser. Arrivato all’altezza della cabina, incrociò le braccia e disse, “Se ne avessi il tempo, mesuggah d’un ragazzo, ti farei passare un brutto quarto d’ora. Ma visto che ci hai salvato la buccia, il minimo che puoi fare, adesso,” e con un pollice indicò la direzione, “è andare a dare un’occhiata là dietro. Pensi di riuscirci?”

In risposta, Mazinkaiser iniziò a camminare verso l’angolo. Inutile chiedere spiegazioni, a questo punto... “Cosa dovrei trovarci, fraparentesi?” si limitò a chiedere, voltando la testa nel frattempo.

“Un’astronave aliena o qualcosa del genere. Fai attenzione, ho rilevato una perdita di radiazioni.”

 

Mazinkaiser svoltò l’angolo, e sussultò. “Uh, Cap? Quando hai menzionato un’astronave, intendevi dire un modello funzionante, vero?”

Robert si sincerò che i registratori di bordo funzionassero.

Lo spettacolo era notevole: centinaia di Squali Volanti erano ammassati intorno a quello che ormai era un relitto. Era chiaro che le parti mancanti del lucido metallo erano state sbranate, lasciando scoperto il sole artificiale che era il ‘motore’ della nave. E intorno a quel cuore di energia, giacevano strati di uova dai riflessi metallici.

Robert descrisse lo spettacolo nei minimi dettagli ai suoi compagni, ottenendone qualche sorda imprecazione in risposta...

 

“Per questo attaccavano Roma,” disse l’Asgardiano. “E’ da lì che venivano gli invasori della loro tana.”

“Va bene, ma adesso che facciamo?” chiese Equinox. “Quel pazzo alieno non accetterà che la sua nave sia diventata un nido per gli squali.

“Su questo hai ragione, terrestre,” giunse la voce dello Zelota. “Dunque, si direbbe che sono intrappolato su questo mondo, fino a quando non avrò trovato un modo alternativo per lasciarlo.

“Avete adempiuto alla vostra parte dell’accordo e tanto mi basta. Ora sparite, e che le nostre strade non si incontrino un’altra volta.”

Tutt’intorno al gruppo, le pareti della caverna si dissolsero...

 

I Campioni riapparvero nel bel mezzo della giungla.

“Bel trucchetto,” disse Schizoid Man. “Torna comodo, se arriva un ispettore del Fisco.”

Hrimhari si avvicinò a Ultra. “Cosa ne sarà dei mortali prigionieri là sotto? Dovremmo...” ma Cap lo interruppe con un cenno stanco. “Principe, con tutto il rispetto, non sappiamo neppure ‘dove’ sia Roma, laggiù. Senza localizzatori, potremmo impiegarci mesi prima di ritrovarla, ed abbiamo problemi più urgenti di cui occuparci, adesso.”

 

“Non potrei essere più d’accordo,” disse Robert, la calotta corazzata sollevata, strizzando gli occhi e guardando in tutte le direzioni nella vana cerca di un punto di riferimento familiare. E anche il radar concordava, purtroppo, coni suoi timori.

Ovunque fossero, erano decisamente lontani da casa.

 

Episodio 9 - Errare umanum est, perseverare…

 

Immaginate una splendida mattinata assolata africana. La temperatura è ancora gradevole, per quanto umida. I grandi predatori si preparano ad un sano turno di riposo dopo una notte passata a cacciare con alterne fortune. Gli uccelli hanno da poco iniziato a demarcare i propri territori con armoniosi avvertimenti. Un elefante barrisce in distanza.

COME AVETE FATTO A FINIRE LI’, PEZZI DI IDIOTI?!?!”

Echeggia per chilometri. Gli elefanti tacciono. Gli uccelli scappano a razzo. Molti predatori rispondono con un ruggito di sfida a quell’intrusione vocale.

E quello è il minore, dei problemi che i destinatari di quella sfuriata dovranno oggi sopportare...

 

La voce apparteneva a Simone Giapeto, Direttore delle Forze Speciali di Difesa Nazionale dello Stato tecnocratico dello Zilnawa. Forze di cui il super-gruppo dei Campioni era parte integrante. L’uomo, un esemplare mediterraneo che sarebbe stato decisamente meglio nella parte di un burbero oste in qualche saloon del 17° secolo, sembrava ora volere esplodere attraverso lo schermo nella cabina di comando del Mazinkaiser. “Lo sapete dove siete, adesso? Ti è venuto in mente di usare il GPS installato appositamente per situazioni del genere?”

Robert Takiguchi si schiarì la gola. In effetti, lì per lì, appena riemersi dal regno sotterraneo del folle Imperatore, non ci aveva pensato per niente...E quando si era deciso, gli era venuto quasi un accidente. Purtroppo, a quel punto non poteva evitare di contattare la base.

Giapeto sospirò come un toro di fronte a un torero tonto. “Lasciamo stare: il punto è che ora siete in Kenya, per giunta in un’area particolarmente delicata. Spediscimi immediatamente il rapporto delle ultime ore, e approfittatene per lasciare quel posto adesso, prima che a qualcuno all’ONU venga un coccolone. Quei burocrati scaldasedie sono capaci di sospendere tutti i contratti dello Zilnawa se solo si immaginassero una nostra ingerenza militare nei loro affari interni. E se discuti, ti mando a pilotare i carrelli di servizio.”

Robert deglutì. Era sicuro che il capo avrebbe mantenuto la parola. Attivò il comunicatore. “Sentito il boss, gente? Leviamo le tende, e...”

La cabina fu scossa da una potente esplosione!

 

30 metri più in basso, ai piedi del super-robot, Hrimhari stava annusando l’aria. Le orecchie lupine gli fliccavano in varie direzioni. “Sono vicini. Da quella parte.”

“Chi..?” Il teamleader, Capitan Ultra, seguì la direzione indicata dalla mano impellicciata di argento. L’eroe attivò l’ultra-visione, e bisbigliò un “Oh-oh.”

Un momento dopo, due missili volarono dal fitto della foresta verso la testa del Mazinkaiser!

Ultra reagì d’istinto. Dalla visiera del suo casco partì una scarica di energia, che distrusse uno dei missili. L’altro, purtroppo, arrivò a bersaglio. In compenso, all’indistruttibile strato di Starlega che copriva la macchina, non fece neppure un graffio.

“MaccheCristo..?!” fece Equinox, l’Uomo Termodinamico, parandosi istintivamente gli occhi.

SAM,” disse Schizoid Man, guardando verso la vegetazione da cui il colpo era partito. “Unità portatili, roba costosa. Non capisco, solo un esercito regolare potrebbe permetterselo...”

A quel punto, l’Asgardiano principe-lupo, che stava al suo fianco, si acquattò e ringhiò, il pelo dritto.

I proiettili arrivarono come una tempesta, da tutte le direzioni!

Fu lo schizofrenico mutante a salvare la situazione: alla velocità del pensiero, eresse una cupola di energia psichica su cui i proiettili rimbalzarono senza danno.

 

Robert analizzò la situazione sugli scansori collegati direttamente al suo HUD. Annuì: gli attaccanti erano un gruppo sparso di appena una dozzina di uomini. In compenso, le armi che avevano addosso erano roba seria. Erano distanti, ma usavano mitragliatori di grosso calibro!

Sorrise. E, sopratutto, erano guerriglieri! Nessun diplomatico avrebbe versato lacrime all’ONU per loro...Col cavolo che lui l’avrebbe fatta passare liscia a dei tizi che avrebbero ucciso degli altri esseri umani senza pensarci su due volte! Raggi Fotonici!

Dagli occhi romboidali del Mazinkaiser partì una coppia di laser. Il robot li usò come una falce per spianare il terreno fra il gruppo ed i guerriglieri.

Capitan Ultra scattò per coprire le spalle della formazione, o meglio, l’angolo morto che la testa del Mazinkaiser non poteva raggiungere. Giapeto li avrebbe uccisi. Meglio andarsene con stile, a questo punto!

L’eroe si infilò a razzo nella vegetazione proprio mentre una nuova raffica di missili terra-aria partiva all’indirizzo del robot. Cambiò rotta quel tanto che bastava per arrivare addosso al lanciarazzi. Come aveva immaginato, si trattava di un’unità Stinger, manovrata da un giovane che se avrà avuto sì e no 20 anni. Ultra diede un sonoro pugno al lanciarazzi, facendolo volare via dalla spalla del giovane –e slogando la spalla in questione! Il ragazzo emise un urlo di dolore.

Ultra si fermò di colpo -ma che diavolo si era messo in testa di fare?! Si chinò sul ragazzo in ginocchio, che gli lanciava occhiate di fuoco: questo non era un qualche supercriminale, ma solo...

Che stesse male sul serio o fingesse, il ragazzo fu assai lesto nell’estrarre una Browning con l’altro braccio. Con un solo gesto, l’aveva puntata alla faccia di Ultra, e sparò!

La reazione del super-essere fu altrettanto lesta...sfortunatamente per il suo aspirante assassino. Una raffica partì dalla visiera, e investì il proiettile appena uscito e l’arma...e la mano che la reggeva. In un attimo, il guerrigliero stava fissando con orrore un moncherino annerito!

Diversi mitragliatori furono puntati su Cap.

<BASTA!>

Un comando mentale! Una ‘voce’ che in quella sola parola aveva espresso la quintessenza del comando. Irresistibile. La scena fu come congelata, ogni istinto guerriero temporaneamente soppresso. Una ‘voce’ che tutti seppero venire

da Hrimhari. “Non siamo giunti qui con intenzioni ostili. Per favore, mortali, cessate questa follia.”

Gli altri Campioni videro che, effettivamente, i guerriglieri erano tutti suppergiù sui vent’anni. Solo i più ‘gallonati’ di loro, tre in tutto, erano anziani poco più che trentenni. Cap ebbe come un malore dentro: giovani, come i kamikaze pronti a buttarsi in mezzo alla folla con una cintura-bomba addosso, lo stesso fanatismo negli occhi...Dio, come avrebbe voluto prenderli a schiaffoni tutti!!

Uno degli ‘anziani’ si fece avanti. Era pieno di muscoli, non un filo di grasso. Per farlo arrivare a quella condizione, le razioni dei più giovani dovevano essere state depredate, almeno a giudicare dallo stato emaciato dei ragazzi. I suoi occhi erano già venati di rughe, e i capelli brizzolati. Doveva avere pagato duramente, la sua posizione. Infatti, le maniche arrotolate dell’uniforme mostravano braccia coperte da una ragnatela di cicatrici. “Vi ho visti in televisione: avete sventato un attentato al programma spaziale dello Zilnawa. Siete i Campioni.” La sua voce trasudava diffidenza. “E cosa ci fareste qui, se siete venuti in ‘pace’?” Sulle sue labbra, la parola suonava come un offesa.

Schizoid Man si tese, ma Hrimhari lo trattenne gentilmente per un polso. “Ti basti sapere che non siamo qui di nostra volontà, e che desideriamo solo di andarcene...Ma poiché la nostra ingerenza ha causato dei feriti fra i tuoi guerrieri, permettici di aiutarti almeno a portarli al sicuro.”

 

Robert si batté il palmo sulla fronte. Ma chi gliel’ha fatto fare, a Thran, di accettare quel buonista alieno nel team?!

 

L’uomo considerò l’offerta. La faccenda era strana, anzi, diciamo pure assurda. Questi protettori delle ricche ‘democrazie’ occidentali sembravano sinceramente confusi...E visto che, evidentemente, un telepate militava fra le loro fila, non aveva senso giocare ai segreti. “Il nostro accampamento dista una dozzina di chilometri a nord...Ma non potete raggiungerlo con quel...coso,” indicò Mazinkaiser. “Anzi, è ancora troppo vicino. È praticamente un faro per le forze del Governo.”

“Se il vostro accampamento è protetto da quelle colline,” disse Robert, “mi basterà dispormi lungo un fianco. Un dispositivo-stealth mi mimetizzerà fra le rocce. Allora, vogliamo perdere altro tempo?”

 

A bordo della colossale fortezza volante conosciuta come StarGlider-1000...

 

“E questo è quanto. Crede che dovremmo far loro tenere d’occhio questo ‘Zelota’?”

Dallo schermo, Alexander Thran, fondatore della Talon Corporation, la multinazionale che di fatto aveva creato lo Zilnawa, scosse la testa. “No. Possiamo classificarlo al massimo come minaccia ai Campioni, ma non può avere alcun rapporto con Progetto Exodus. Di fatto, le pedine hanno appena iniziato a muoversi...Ma la ringrazio per la segnalazione, Professor Giapeto.

“Per ora, sposti l’SG1000 sul teatro Kenyota. Parlerò io con il Presidente Moi. E si limiti a un provvedimento simbolico per i Campioni. Per colmo di fortuna, l’indesiderata presenza dei nostri eroi può avere un risvolto positivo.” Inutile sottolineare ‘per chi’, naturalmente.

Giapeto annuì all’uomo dai tratti orientali-caucasici. Certe volte, gli ricordava un gatto pronto sul topo. Era inquietante!

 

La fitta vegetazione che correva intorno alle colline era venata da un fiume di un colore limaccioso. Sulla sua riva, un gruppo di donne vestite in colorati abiti tribali era intento a lavare panni o delle stoviglie.

La loro quieta attività fu turbata da una serie di urla –era una delle sentinelle, che eccitata stava indicando verso la giungla. L’accampamento si trovava in un’area in pendenza, e si poteva vedere bene il gigante d’acciaio avanzare come se la giungla fosse poco più di un prato!

Pochi istanti dopo, arrivarono i mostri!

 

Cap fu per un momento sorpreso dalla sorpresa, no, il terrore degli accampati, alcuni dei quali stavano decisamente scappando nelle grotte...Prima di ricordare che da queste parti, una cosa come la TV doveva essere più elitaria di un aereo privato!

Atterrò in una rosa di fucili puntati. Un attimo dopo, arrivò la ‘manta’ di energia psichica di Schizoid Man, che oltre a Hrimhari portava il leader dei guerriglieri. Equinox atterrò come una divinità, nella sua colonna di plasma.

Per ultimo, arrivò Mazinkaiser, che portava i giovani soldati nelle sue mani. Gli occhi dei ragazzi erano grandi come piattini. Uno di loro lanciò addirittura un grido di trionfo, come se avesse personalmente domato il titano meccanico!

Il leader abbaiò una serie di comandi. Terrorizzati o no, la risposta dei suoi uomini fu lesta e disciplinata: da una grotta di quello strano formicaio scavato nella collina emerse una coppia di soldati con la fascia bianca e la croce rossa al braccio. Portavano una barella e una borsa di attrezzi medici.

Subito i medici si occuparono del ragazzo ferito, che ormai era svenuto. Lavorarono in fretta, con precisione, senza sprecare nulla della loro scarna dotazione.

Gli eroi erano impressionati: nonostante le precarie condizioni di vita, quella gente dava l’impressione di potere rendere il 110%. In pochi minuti, il paziente era già diretto verso le grotte.

Una serie di ‘click’ li riportò alla realtà. Erano ancora tutti sotto tiro dei soldati.

Passarono alcuni minuti carichi di tensione, ma nessuno mosse più di una palpebra.

Finalmente, il leader disse qualcosa in una lingua incomprensibile, e le armi, seppure esitantemente, si abbassarono.

L’uomo si voltò verso Capitan Ultra, e tornò all’inglese; adesso, il volto aveva perso due gradi di burberità. “Avete mantenuto la parola, e ve ne sono grato. Il mio nome è Sadu, e sono un po’ il...padre di questa gente. Il vostro gigante può portarsi dove desidera, adesso.”

Robert non sapeva se ammirarlo o consigliargli uno psichiatra. Era a dir poco surreale: se fossero stati dei nemici, i Campioni avrebbero potuto sterminare quella gente in un batter d’occhio. Quell’uomo doveva possedere una fiducia incrollabile, fanatica, tanto in sé quanto nei suoi uomini.

Ad ogni modo, il giovane pilota guidò il robot verso il fianco della montagna. Posizionato il robot, attivò il dispositivo.

Dall’esterno, tutti videro il grigio metallo cambiare colore, assumere ogni singola sfumatura e venatura della roccia che lo circondava, incluse le macchie di vegetazione. Ancora pochi istanti, e a tutti gli effetti, Mazinkaiser era scomparso.

La sola prova della sua esistenza fu l’improvviso suono di razzi all’altezza della testa. Un attimo dopo, la forma di un minivelivolo, l’elegante modulo di comando Light Falcon, atterrò in una piccola macchia di vegetazione, con la quale si mimetizzò prontamente.

Dopo che con un salto Robert fu fra i comuni mortali, Sadu disse al gruppo, “Ed ora, vogliate per favore gradire la nostra ospitalità, Campioni.”

L’atmosfera generale era rilassata. La gente era tornata fuori dai rifugi, chiacchiere eccitate in lingua nativa riempivano l’aria.

Mentre si incamminavano verso la più grande delle grotte, Schizoid Man, che stava in coda insieme a Hrimhari, disse al lupo antropomorfo, molto sottovoce, “Non ci avevi detto di essere un telepate.”

La risposta fu sullo stesso tono. “Tel-empate renderebbe meglio l’idea. Sono emozioni, quelle che uso a questo livello. Ogni lupo conosce questo talento. E le sto usando per convincere Sadu a non pensare al nostro amico assente. Quindi taci, per favore. Mi distrai.”

Il mutante lo fece, non senza fare una faccia offesa –almeno, in tutta quella storia il suo alter-ego, Chip Martin, continuava a starsene quieto in qualche angolo remoto della sua mente, e a lui andava benissimo!

 

Il paragone con un formicaio non faceva una piega. Dentro, era come trovarsi in una cittadella! Era chiaro che le terrazze, le ‘case’ scavate nella nuda roccia, i ponti, esistevano da molto prima dei guerriglieri. Giochi di specchi provvedevano ad amplificare con grande efficacia la luce proveniente dall’esterno. La ‘cittadella’ si estendeva per almeno cinque livelli, tutti razionalmente occupati. L’aria era stantia dalla numerosa presenza umana e di alcuni animali da cortile, ma era un prezzo minimo vista la sicurezza offerta da un posto che nessun satellite avrebbe potuto rilevare.

“L’uomo bianco tende a dimenticare che l’Africa è stata la culla di tutte le civiltà,” disse Sadu, compiaciuto della meraviglia ‘da turisti’ dei nostri. “I cosiddetti ‘selvaggi’ sapevano sfruttare le risorse naturali in modi che i vostri moderni ingegneri non saprebbero neppure sfruttare. Ma venite, prego.”

 

La casa di Sadu non era certo migliore o più elegante delle altre. Il solo segno del rango dell’uomo era solo il suo eccellente stato fisico. Quando il gruppo entrò, furono accolti da una specie di fantasma in scuro, del quale si vedevano solo gli occhi dall’espressione rassegnata, sfuggente.

“Musulmano?” chiese al volo Cap, simulando un tono distratto.

Sadu annuì. “Allah ci dà la forza di vivere e combattere. Ma prego, sedetevi.” Improvvisamente, nei suoi occhi passò un’ombra di disapprovazione. “Il vostro animale, per favore, deve restare fuori da questo tetto.”

Schizoid Man fu sul punto di dire qualcosa, ma una gomitata al volo di Equinox lo fermò.

Hrimhari, da parte sua, fu ben lieto di accondiscendere: se nessuno badava a lui, era più libero di concentrarsi in quel luogo che per i suoi sensi ed abitudini era una prigione claustrofobica. Passò alla forma quadrupede. Sadu non ne sembrò impressionato, se si voleva escludere un lieve inarcar di sopracciglio.

L’Asgardiano si mise fuori della soglia, e si sedette, sotto lo sguardo curioso sopratutto dei ragazzi e dei bambini. Qualcuno mormorò, forse una preghiera a fior di labbra.

Sapeva che per ragioni di fede, i cani erano considerati animali ‘impuri’; aggiungetelo al fatto che da quelle parti era già molto se vedevano uno sciacallo, e lui doveva essere un evento ambulante.

Sospirò. Sperò che nessuno tentasse di accarezzarlo!

 

L’aroma dalla stanza attigua annunciò la preparazione in corso di un caffè. Sedevano tutti su cuscini, su uno spesso tappeto privo di polvere.

“Ammetto di essere curioso su di voi, Campioni,” disse Sadu. “Lavorate per una potenza capitalistica, ma i vostri cuori non sembrano essere ostruiti dalla stessa cecità dei vostri padroni.”

Capitan Ultra si schiarì la gola. “Con tutto il rispetto, Sadu, sta sbagliando tutto su di noi. Non dico che lavorare di fatto per una multinazionale sia il sogno della nostra vita, ma lo Zilnawa è per ora l’unica nazione che sembra capace di mantenere una promessa di ricchezza ai paesi del Terzo Mondo. Potremmo sbagliarci, ma il beneficio del dubbio non può essere negato a priori...”

“Piuttosto, chi siete esattamente?” intervenne Schizoid Man. “Il Kenya è una nazione fondamentalmente tranquilla, e voi siete armati per una guerra. Vi abbiamo visto con della roba di lusso, che dubito abbiate comprato rompendo i maialini.” Era un approccio assolutamente privo di ogni tatto diplomatico, ma il giovane Martin aveva imparato una cosa, dal suo mai abbastanza dannato padre: a volte, un attacco allo stomaco produceva risultati migliori...se non ti preoccupavi troppo, poi, di finire sulla lista nera del suo interlocutore.

Sorprendentemente, il volto del capotribù si distese in un sorriso. “Ironicamente, mio irruento amico –sei Americano, vero?- devi ringraziare i tuoi connazionali al governo, per questo...dono.

“Il maledetto Presidente Moi è stato finanziato a suon di dollari ed armi dagli Stati Uniti. Le forze armate hanno fatto uso sapiente di tali armi per ‘pacificare’ la resistenza in Kenya, per comprare i politici più deboli, per asservire il meraviglioso crogiolo di culture al modello ameboide cristiano/capitalistico.”

Ci fu un rapido scambio di occhiate. Decisamente, quell’uomo non parlava come un povero villico. Il fanatismo straripava da ogni sua sillaba, e combinato con una buona educazione, formava un’alchemia pericolosa!

La moglie di Sadu venne dalla cucina, reggendo un vassoio con delle tazzine in legno. Posò il vassoio su un tavolino al fianco di Sadu, e tornò nel locale discreta com’era venuta, come non ne fosse mai uscita.

Cap aggrottò la fronte –difettoso o no, il modello occidentale, persino quello Ebreo cui lui apparteneva, trattavano meglio le donne!

Sadu allungò le mani verso il tavolino. Da un cassetto, estrasse una specie di libro rilegato. “Le armi ed i mezzi di cui disponiamo sono stati sottratti a un magazzino governativo, al costo di molte vite.” Aprì quello che si rivelò essere un album fotografico. La sua voce conteneva una nota di tristezza, adesso. “Ma, almeno, il sacrificio dei nostri giovani servirà ad impedire che in futuro si ripeta...questo.”

Sadu passò l’album a Capitan Ultra, che impallidì visibilmente. L’eroe lo passò subito ad Equinox, che per poco non trasformò la sua pelle di ghiaccio in una vampata. Robert sibilò una bestemmia in giapponese. Schizoid Man ebbe un fuggente pensiero che, in fondo, persino un ‘mostro’ come Morbius era meno di un dilettante, di fronte alle atrocità di cui potevano macchiarsi uomini senza alcun superpotere...

L’album era una collezione a colori di orrori indicibili! Fosse comuni, colme di uomini, donne e bambini, anziani...I più fortunati erano cadaveri integri, morti ‘solo’ per un colpo alla nuca. Altri avevano gli occhi spalancati, consci della loro mutilazione, prima del pietoso oblio. Altri portavano segni di...stupro? E con cosa, per lasciare simili cicatrici?

Improvvisamente, l’aroma del caffè sembrava quello di acido per batterie. La bile era trattenuta a stento.

Altre foto mostravano file di prigionieri praticamente preda dell’inedia in ginocchio, le mani dietro la nuca, costretti ad assistere agli ‘interrogatori’ dei loro connazionali –fratelli? Amici?- sotto lo sguardo implacabile di soldati in mimetica il cui petto mostrava il ricamo della bandiera del Kenya.

Cap fu il primo a riprendersi. Disse a Sadu, “Per...favore...Possiamo parlare...da soli?” quasi boccheggiava.

Sadu si alzò in piedi. Fece un breve inchino, le mani giunte, e uscì dalla casa. Non chiamò neppure la moglie, che comunque non avrebbe potuto muovere un dito senza il permesso di lui.

“E’ chiaro cosa ci chiederà,” disse Robert, comprensibilmente agitato. “E noi non possiamo farci coinvolgere. Quali che siano le ragioni, rovesciare un governo senza una dichiarazione di guerra, o contribuire a una simile azione, è sbagliato. E trascinerebbe lo Zilnawa in un...”

Cap levò una mano a zittirlo. “Ne so qualcosa, Robert, credimi. I miei connazionali stanno riuscendo a farsi odiare per i tentativi di ammazzare Arafat. E lì entrambe le parti hanno torto.”

Equinox annuì. “E Bush non è da meno, con ‘sta cazzata dell’’attacco preventivo’ all’Iraq. Bob, siamo tutti d’accordo su questo. Il punto è che io non me la sento di non fare proprio niente.”

Robert Takiguchi sentì come un brivido gelato lungo la schiena. Sapeva cosa sarebbe successo...

Infatti, Schizoid Man disse, “Possiamo perlomeno rendere difficili le cose al governo. Aiutare i guerriglieri a liberare dei prigionieri, salvare delle vite. Mica abbiamo bisogno di Mazinkaiser, per una simile impresa, giusto?”

“Almeno,” concluse Ultra, “il Professor Giapeto potrà ridurci la pena, se vedrà che abbiamo disobbedito a fin di bene.”

 

Un bambino che non doveva avere più di 3 anni puntò il suo ditino e sottolineò il suo entusiasmo con una risatina.

Hrimhari uggiolò –non che non gli piacessero i cuccioli umani, anzi! Erano forse l’unico stadio della specie ad essere amichevole con i suoi simili...Ma era comunque imbarazzante.

Sadu stava conferendo con dei suoi coetanei. La loro lingua poteva essergli incomprensibile, ma le loro emozioni erano uno spettro che andava dalla speranza alla crudeltà. In mezzo a quell’oceano, Sadu era un faro saldo, un leader nato. Trasformava i loro dubbi su questi possibili alleati in certezze, la sua fiducia era incrollabile...

Poi accadde!

Come si poteva definire? Felicità? No, decisamente non era sufficiente.

Perché in quel contatto, in quel momento, il cuore del Principe dei Lupi di Asgard fu imbevuto di nuova vita.

Il tempo intorno a lui era fermo, il mondo tratteneva il fiato.

E davanti a lui stava l’imponente figura dell’onnipotente Odino.

Il lupo d’argento si prostrò umilmente, le orecchie piatte e la coda fra le gambe come si conveniva ad un beta davanti al capobranco.

Odino, Signore di Asgard, Padre degli Dei, Sommo Guerriero, sorrise. “Sono felice che tu e Yllyni siate vivi, giovane Principe.” La sua voce, che avrebbe potuto spezzare i mondi, era gentile e profonda, carica di saggezza. “Asgard è sopravvissuta alla terribile prova dell’invasione di Seth e dei suoi alleati, ed è rinata più splendida che mai. I suoi figli vivono, pronti ancora una volta a difendere i Nove Mondi da ogni male.

“Non potevi sapere della sua resurrezione, Principe, perché io stesso ho chiuso ogni accesso fra i Nove Mondi, per impedire che nuove minacce potessero ripetere quello che Seth ha fatto.

“Ma, adesso, una nuova minaccia, figlia di quell’infame Teomachia, vaga per Midgard. Fenris, il figlio di Loki, è libero[xii]. Glepnir è stata spezzata, e Valtran è in suo possesso.” Si riferiva rispettivamente alla mistica catena che avrebbe dovuto essere indistruttibile, concepita per contenere l’immensa forza del mostro lupino, e alla spada serrata fra le potenti mascelle.

Hrimhari rabbrividì. La profezia diceva che durante il Ragnarok, Fenris avrebbe ucciso Odino..! “Cosa devo fare, Padre? Parla, ed obbedirò.”

Odino annuì. “Sei il solo, su Midgard, che possa trovare il mostro, che in qualche modo riesce a nascondersi al mio sguardo. Io organizzerò un gruppo di cacciatori, acciocché lo riportino su Asgard...o lo uccidano. Conto su di te, Principe.”

La figura di Odino si dissolse come una statua di acqua luminosa. I mortali ripresero i loro affari come il tempo non fosse passato.

Hrimhari guardò verso la porta. Scodinzolò, indeciso. Per quanto fosse in debito con i suoi amici mortali, era stato caricato con un fardello molto più grave! Sospirò. Almeno, li avrebbe avvertiti...

 

Perso nei suoi pensieri, sconvolto dalle notizie appena ricevute, il Principe Lupo non si accorse di avere del tutto dimenticato di focalizzare la sua volontà su Sadu,

il quale fu improvvisamente colto da un pensiero che per qualche ragione aveva messo da parte...

C’era un sesto Campione. Una specie di ‘ninja’ vestito di bianco, ne era sicuro!

Sotto lo sguardo incuriosito dei suoi luogotenenti, Sadu socchiuse gli occhi, concentrandosi –doveva ammetterlo, questi giovani potevano essere ingenui, ma non stupidi.

Ma neanche lui era un dilettante...

 

Episodio 10 - Gioco d’ombre

 

Da qualche parte nel Kenya Meridionale

 

‘Il mondo è bello perché è vario,’ recita il proverbio.

Così, ci si poteva veramente sorprendere, in questi tempi di Meraviglie, di vedere un lupo grigio europeo seduto sulla sommità di una collina nel mezzo di una giungla Africana?

Ma la creatura non era ‘solo’ un comune Canis Lupus, no. Questo giovane maschio aveva un nome, fra la sua gente: Hrimhari, e dei suoi simili era il Principe, nella favolosa e remota Asgard.

Il suo sguardo intenso, di occhi verdi come la foresta, spaziava verso l’orizzonte lontano. Da qualche parte, oltre le montagne ed oltre il mare, camminava su Midgard una minaccia degna di rivaleggiare con l’eroe per eccellenza di Asgard, Thor.

La minaccia si chiamava Fenris. Figlio del crudele Loki e della gigantessa Angrbode, era stato incatenato negli abissi più profondi sotto il lago Amsvartnir, legato alla viva roccia dall’indistruttibile catena Gleipnir, dalla quale si sarebbe potuto liberare, secondo la profezia, solo nel giorno del Ragnarok, per uccidere Odino.

La sua prematura quanto incredibile liberazione costituiva un pericolo orrendo per ogni mortale o Asgardiano. Il Padre Onnipotente in persona aveva chiesto al Principe-lupo di trovare Fenris, acciocché un gruppo dei più valorosi guerrieri potesse catturarlo...o ucciderlo nel tentativo.

Hrimhari era stato più che felice, di obbedire...Solo per scoprire che, in qualche modo, il nero mostro in guisa di lupo era irrintracciabile! Ed era assurdo: Hrimhari era capace di percepire ogni suo fratello, anche coloro che camminavano in forma umana fra i mortali. E come poteva udire il canto delle loro anime, doveva essere in grado di percepire la diabolica presenza...

...Solo che non ci riusciva. Hrimhari uggiolò, sconsolato. In qualche modo, Fenris non aveva assunto un’altra forma, ma aveva invaso il corpo di qualche mortale, nascondendosi come un verme nel cuore della vittima.

Cosa poteva fare? Grande Odino, cosa può fare questo tuo umile servitore da solo? Come poteva rintracciare una pesta che non c’era..?

Seduta sulla testa di Hrimhari, stava un esserino che solo un mortale incolto avrebbe potuto scambiare per la Vendicatrice Wasp. Il suo azzurro corpo femminile di una manciata di cm era illuminato da scintille, e le sue ali erano quelle cristalline di una libellula. Si chiamava Yllyni, ed era una Faerie.

“La caccia è appena iniziata, mio Principe, non ti scoraggiare...E poi, perché non chiedere aiuto ai nostri stessi alleati mortali? Lo sai che è il branco vince dove il solitario fallisce.”

Hrimhari sorrise di sé stesso. Lei aveva ragione, naturalmente –ma lui era un Principe, doveva essere capace tanto da solo quanto in branco!

Già. Ma da buon Principe, doveva anche sapere quando riconoscere i propri limiti...E in questo caso, in fondo, ne era contento: detestava separarsi da coloro che gli avevano salvato la vita in momento di bisogno[xiii], come aveva appena fatto.

Non avrebbe più ripetuto quell’errore.

Il lupo saltò giù dalla rupe; a metà salto, assunse un aspetto antropomorfo per gestire l’atterraggio. Una volta con i piedi per terra, tornò lupo e corse verso il suo nuovo branco. Avrebbe presto vissuto di persona le conseguenze della sua decisione, nel bene e nel male...

 

Paura del palcoscenico.

Fai tutte le prove, ti alleni fino a diventare il personaggio che dovrai interpretare, nel tuo futuro vedi il primo di una lunga serie di Oscar...E quattro coppie annoiate, che sono venute al tuo debutto solo perché l’alternativa era spararsi nei cosiddetti dalla noia, ti riducono il sangue in gelatina, e i tuoi sogni di gloria si fermano sull’ingresso al palcoscenico, che ora ti sembra una bocca spalancata sull’abisso del fallimento.

Questo il quadro in generale.

 

In un certo senso, per il supergruppo dei Campioni dello Zilnawa, la cosa non era molto diversa: individualmente come in gruppo, nessuno di loro era un absolute beginner. Anzi, in diretta TV avevano fornito ampia prova delle loro abilità[xiv]!

Ma era la prima volta che stavano per commettere un reato internazionale. Che avessero ragione o torto.

La ragione: ore fa, il team era stato teleportato in una giungla del Kenya Meridionale dall’entità aliena nota come l’Imperatore. Qui, avevano fatto una tutt’altro che pacifica conoscenza con alcuni membri di un oscuro gruppo di guerriglieri, che vivevano come selvaggi, e il cui solo lusso erano armi ed apparecchi radio per portare avanti la loro lotta. Il leader e padre spirituale (come si definiva) di quella comunità aveva chiesto aiuto ai Campioni per liberare un gruppo di prigionieri politici da un campo di concentramento –una delle tante ignominie che il regime ‘democratico’ e filoamericano del Presidente Moi nascondeva al mondo libero. Un regime che i guerriglieri intendevano fare cadere.

Il torto: i Campioni non avrebbero mai contribuito, attivamente o passivamente, ad abbattere un regime liberamente eletto –un evento raro, in Africa. La presenza degli eroi, ufficialmente al servizio della ricca democrazia tecnocratica sudafricana, non era autorizzata ne’ dal ‘loro’ governo ne’ dall’ONU. La loro unica speranza era di potere produrre le prove necessarie a dare una sveglia alla comunità internazionale, o erano veramente dolori!

L’unica cosa certa era che non potevano voltare le spalle ed usare simili scuse, non dopo avere visto le foto. Fotografie di fosse comuni, di mutilazioni, di cadaveri di ogni sesso ed età, foto scattate alla presenza di nutriti e curati soldati governativi, questi con i mitra in mano come se ci fosse qualcosa da temere da quei morti!

 

Il palcoscenico dell’imminente prova era il ‘campo di concentramento’ Governativo. Una struttura semplice ed imprendibile.

Giaceva in uno spazio ben ripulito, un attacco di sorpresa era impossibile. Il perimetro esterno era protetto da una recinzione elettrificata di razor wire. I quattro punti cardinali erano coperti da potenti riflettori montati su torrette in cemento. Ogni fascio di luce trasformava la notte in giorno. Pattuglie armate e dotate di enormi cani coprivano la zona di ‘penombra’.

Il campo era una struttura a raggiera, i cui ‘raggi’ erano casematte fortificate. Un gruppo di baracche in legno e metallo costituivano il ‘mozzo’. Le strutture più imponenti erano due hangar corazzati e pieni di antenne delle più disparate forme.  Erano sufficientemente grandi da ospitare agevolmente ognuno un B-29. Solo da uno degli hangar, partiva una lunga pista in tarmac.

 

Capitan Ultra, teamleader dei Campioni, focalizzò la sua Visione-U sulle baracche. La sua vista a neutrini colse gli interni come se le pareti non fossero esistite.

I prigionieri dormivano tranquillamente...Ed erano tutti uomini. Niente donne, niente bambini, niente anziani –Ultra rabbrividì, incerto fra il timore ed il dubbio.

Avevano ucciso gli ‘inutili’, e tenuto in vita gli unici capaci di sostenere gli ‘interrogatori’, oppure..?

Ma a questo punto, esitare ulteriormente era fuori luogo. Del resto, Cap, in fondo, non aveva voglia di pensare più di tanto, non dopo avere udito, mentre si spostavano dal rifugio dei guerriglieri, della morte di Sabra, l’eroina Israeliana, in seguito all’ennesimo attentato kamikaze Palestinese[xv]. Era già molto che non si fosse precipitato a casa di Hamas a fare piazza pulita!

Cap riferì i risultati delle sue osservazioni. Dietro di lui, il leader dei guerriglieri, l’uomo chiamato Sadu, annuì. Sadu era talmente scuro di pelle, che avrebbe potuto fondersi senza problemi con la notte. Le sue braccia erano un reticolo di cicatrici che si premurava di mostrare tenendo le maniche della camicia kaki bene arrotolate.

Non ci furono commenti –tutto andava come previsto. I rifornimenti erano stati da poco effettuati, e il personale del campo era immerso nella sua routine. Sarebbe stata una passeggiata.

Capitan Ultra lanciò un’ultima occhiata agli altri Campioni coinvolti nell’imminente attacco –Schizoid Man, mutante psichico dalla doppia personalità, e Terry Sorenson, che su richiesta di Cap portava una maschera per nascondere la sua identità. Hrimhari, quali che fossero le sue ragioni, era esitante, e Cap non aveva visto ragione di coinvolgerlo per forza. Quanto a Robert Takiguchi ed il Ninja Bianco, be’...un paio di jolly avrebbero fatto comodo, se ce ne fosse stato bisogno.

Sadu fece un cenno.

Capitan Ultra partì a una tale velocità, da creare un violento risucchio d’aria.

 

Se i radar lo videro, fu giusto il tempo di un ‘blip’. L’istante successivo, Ultra passò attraverso la torre nord, e proseguì in una perfetta linea retta a sfondare la sud. Terminato quell’attacco, proseguì il volo schizzando verso l’alto. Si voltò, e dalla visiera del casco partì una raffica-U. Colpì in pieno la casamatta dove giacevano i generatori. Gli allarmi tacquero ancora prima di suonare. La recinzione tornò ad essere un semplice intreccio di metallo.

 

Terry entrò in azione: il suo corpo si trasformò nella fiammeggiante figura di Equinox, l’Uomo Termodinamico. Subito le sue fiamme furono sostituite da solido ghiaccio, mentre lo scambio di calore concentrava il potere nelle sue mani.

Raffiche di plasma brillanti come comete colpirono i riflettori, riducendo vetro e metallo a un ammasso informe.

Con il favore dell’oscurità, i guerriglieri attaccarono, urlando come un solo uomo. Le armi unirono presto la loro voce.

 

Capitan Ultra irruppe nell’hangar corazzato che dava sulla pista. Non sapeva cosa ci facesse un Lockheed SR-70 in questo angolo di mondo, ma era certo che non avrebbe permesso a nessuno di usarlo per fuggire.

Le guardie spararono senza esitare, ma senza risultati contro l’impenetrabile aura del super-eroe. Un paio di raffiche ottiche, e l’apparecchio fu irrimediabilmente azzoppato. Altri due colpi, e furono le guardie a giacere inerti sul pavimento.

Senza perdere un istante, l’eroe sfondò attraverso la parete, dentro il secondo hangar.

 

I guerriglieri conoscevano bene il proprio mestiere: i soldati nemici caddero senza il minimo spreco di colpi. E mentre Equinox e Schizoid Man si occupavano di coprire i fianchi, una parte della piccola orda si diresse verso le baracche dei prigionieri, da dove già venivano urla di incoraggiamento e gioia.

 

Una gioia ampiamente condivisa da coloro che erano dovuti rimanere, su esplicita richiesta dei Campioni, nel villaggio nascosto nella collina.

I più giovani, praticamente gli adolescenti, erano ammucchiati intorno alla radio da cui veniva il resoconto dello scontro.

Osservandoli esultare, gli occhi accesi dalla gioia feroce dei veterani, Robert Takiguchi si sentì un brivido –Dio, era mostruoso! Alla loro età, dovevano conoscere le gioie della vita, non della guerra e della morte. Lui stesso sapeva cosa voleva dire sacrificare in tal senso la propria gioventù...Ma, almeno, lo faceva per il più alto degli ideali. Aveva potuto scegliere, mentre questi poveretti erano nati sotto una così triste stella...

Robert guardò verso il Mazinkaiser, il super-robot, l’arma convenzionale più potente del mondo. Non importava quanto sangue avesse dovuto versare con il suo titanico compagno d’arme; se fosse riuscito a difendere Progetto Exodus fino al suo compimento, non sarebbe stata una gioventù sprecata... Hm?

La mazza si abbatté fulminea sulla sua testa.

 

“Sta commettendo un grave errore, Capitano,” disse l’uomo in una divisa riccamente gallonata.

“Questo lo deciderà il Tribunale dell’Aja,” ribatté Ultra, tenendo sott’occhio gli scienziati ancora fermi ai loro posti. Le guardie giacevano a terra, inerti. “Ne avrete, di infamie, da rispondere.”

Il volto rugoso del militare dai capelli brizzolati sembrò acquisire nuove rughe, per la perplessità. “Infamie..?”

Ultra desiderò tanto che gli alieni che gli avevano dato il suo potere gli avessero dato anche la telepatia. Quel tizio sembrava sincero come Giuda...ma per ragioni ben diverse da quelle immaginate.

Cap avanzò verso di lui, le mani brillanti di energia. “Sterminio di massa, eliminazioni politiche, tortura...Devo continuare? Collabori, e le prometto che non le succederà nulla fino al processo.”

Incredibilmente, un’ombra di sollievo attraversò il volto del militare...Sollievo che durò poco, perché in quel momento la porta si spalancò, e Sadu in persona irruppe alla testa della sua squadra! Il leader puntò la mitragliatrice, e sparò una sola raffica sul corpo del militare.

“NO!” Urlò Ultra, che non poté che afferrare il corpo inerte sbattuto contro di lui.

Sadu lo fissò con severità. “Per quello che ha fatto, doveva pagare, Capitano...Voialtri,” disse a un paio di soldati che portavano uno zaino in spalla, “sapete cosa dovete fare. Avanti!”

 

Doveva concederlo: sapevano muoversi bene, sapevano approfittare della distrazione del nemico.

Peccato che Robert, per quanto privo di superpoteri, non fosse esattamente un dilettante! Aveva colto il movimento con la coda dell’occhio, ed era rotolato via all’ultimo istante. Solo i suoi capelli furono scompigliati.

Robert terminò il movimento di evasione allungando una gamba, a colpire quella del suo aggressore. Si udì un suono schioccante, mentre il ginocchio cedeva, ed il giovane guerrigliero cadeva con un urlo.

Purtroppo, già altri avevano puntato le loro pistole, e fecero fuoco.

Robert fu colpito in pieno al torace ed allo stomaco!

 

“I massacri erano una montatura, vero?”

I soldati si erano dispersi. Un gruppo di loro teneva sotto tiro il personale del laboratorio. Gli altri si erano diretti verso l’ascensore –Cap si diede del fesso, per non avere visto cosa conteneva il livello inferiore, dando invece per scontato che ci fosse una sala degli interrogatori o qualcosa di simile, come gli aveva detto Sadu.

“Non proprio,” disse Sadu, compiaciuto. “Diciamo che non erano opera del Governo.”

Ultra si sentì male. “Voi..?”

Sadu fece una smorfia di disprezzo. “Avevano tradito gli ideali del Corano, Capitano. Si erano venduti ai filoamericani; la loro esecuzione doveva essere un esempio..Peccato che il Governo fosse giunto appena in tempo per arrestare i fedelissimi ora prigionieri.”

 

Il loro errore fu di credere che la tuta di Robert fosse solo un pezzo di stoffa colorata con un po’ di imbottitura. Lo videro cadere dall’imboccatura della caverna, soddisfatti, senza sapere che quella stoffa colorata era fatta di polimeri capaci di reggere una raffica di proiettili calibro 45 a distanza ravvicinata.

Robert fece una capriola, e attivò i propulsori negli stivali per frenare la caduta. Appena a terra, corse verso il Kaiser Pilder parcheggiato lì vicino. Lo sapeva, che quelli li avevano imbrogliati fin dall’inizio! Fortunatamente, lui era il solo e l’unico che potesse pilotare Mazinkaiser...

I suoi pensieri furono interrotti da un’esplosione! Robert si voltò, ammutolito.

L’intera fiancata della collina stava franando addosso a Mazinkaiser!

 

“Il tempo della grande rivolta è vicino, Capitano. Ogni popolo oppresso di questo mondo si solleverà contro i suoi sfruttatori. E sarò io a fornire il più grande mezzo per questa rivolta...” in quel momento, un potente tremore percorse il pavimento. Sadu era raggiante. “Ahh, finalmente!”

Tre minuti dopo, le porte dell’ascensore si aprirono. I soldati inviati da Sadu non portavano più lo zaino, ma uno di loro possedeva una specie di scatola. Di qualunque materiale fosse fatta, l’oggetto che conteneva possedeva una tale luminosità da rendere le pareti trasparenti.

Il soldato porse la scatola a Sadu, che la prese e a sua volta la allungò verso Ultra. “Vuoi vendicarti, Capitano? Ora ne hai la possibilità.”

 

La calotta della cabina si aprì, e Robert saltò a bordo. Mica stupidi, gli amici! Con la sola tecnologia del Falcon intatta, potevano ricavare lo sa Dio quanti vantaggi, e una volta disseppellito il Mazinkaiser, sarebbe stata solo questione di trovare l’offerente migliore...

Il sistema diagnostico riconobbe il pilota in pochi secondi. Le luci erano verdi. I pannelli di comando si accesero, e Robert fece partire il veicolo in una fiammata di razzi.

Il Light Falcon sorvolò il punto della frana. I proiettili rimbalzavano inutilmente sulla fusoliera di starlega indistruttibile. Per fortuna, aveva deciso di disattivare il dispositivo-stealth almeno per la notte, o non ci sarebbe stata energia sufficiente, adesso, per rispondere a questo comando, Maziiinga Fuori!

Luce esplose fra i massi, un attimo prima dell’esplosione che li disperse. Propulso dal jet-pack sulla schiena, Mazinkaiser, le braccia lungo i fianchi, decollò verso il suo padrone.

Il Light Falcon puntò dritto verso il cranio aperto del robot. Aggaanciamento!

I retrorazzi sul muso frenarono la caduta, e il Falcon si incastrò alla perfezione. Gli occhi di Mazinkaiser si accesero. La cabina roteò in posizione orizzontale, e allo stesso tempo la corazzatura metallica coprì il cristallo. Pronti al combattimento!

Il jet-pack si dilatò in un propulsore alato, e Mazinkaiser si diresse verso la sua nuova destinazione.

 

“Hai sentito bene, Capitano. Prova a colpirmi adesso. Distruggi la scatola e me con la tua energia. Se sarai fortunato, potrai uccidermi e ripulirti la coscienza. E ti consiglio di non esitare o tentare di colpire solo me, o avrai ancora molti più morti sulla coscienza. E lo stesso vale per i tuoi amici, che credo stiano affrontando un dilemma non dissimile.”

“Dice il vero,” fece Equinox dal comunicatore subcutaneo. “Sono in troppi, e hanno troppi ostaggi. Schizoid...be’, lo sai, ha già speso troppe energie per...”

“Capisco,” disse Ultra, tetramente. Aveva visto il contenuto della scatola, e aveva una mezza idea di quello che sarebbe successo...Perciò, aveva solo una cartuccia a disposizione... “Obbedirò. E spero che ti farà molto male.”

Una raffica ottica di una potenza pari a quella usata per annientare il simulacro dell’Imperatore investì la scatola e Sadu. Indubbiamente, il guerrigliero non si era aspettato una simile potenza cinetica, perché fu sbalzato via attraverso la parete in un’esplosione di luce multicolorata!

Ultra approfittò della sorpresa dei soldati, per abbatterli uno dopo l’altro. Immediatamente, si rivolse al militare in uniforme ancora riverso sul pavimento. “Signore, sta bene?”

L’apparente follia di quella domanda trovò risposta nel movimento del ‘cadavere’, che si alzò in ginocchio, seppure un po’ a fatica. “Domanda superflua, Capitano...Cominciavo a credere che fosse impazzito, lo sa?”

Cap osservò l’uniforme percorsa dai fori dei proiettili...proiettili che erano stati fermati sotto il tessuto da un campo di forza-U. “Mi sono concesso il beneficio del dubbio...E sono felice di averlo fatto, signore.”

“I miei uomini..?”

Cap sorrise come un micio soddisfatto. “Non credo che perderanno nulla, della festa.”

 

La ‘rivolta’ finì nel momento in cui Sadu uscì come una palla di cannone dall’hangar.

I soldati Governativi ‘morti’ e sanguinanti scattarono in piedi all’unisono! I guerriglieri urlarono il loro terrore, e praticamente non fecero resistenza mentre venivano disarmati dai ‘cadaveri’. I prigionieri liberati praticamente caddero in ginocchio, chiedendo pietà.

Poi, sotto gli occhi sorpresi dei prigionieri, i soldati persero le loro fattezze cadaveriche. Il sangue, i frammenti d’osso, ogni ferita –scomparvero come non fossero mai esistiti!

 

Equinox batté una mano sulla spalla di Schizoid Man. “Bel colpo, vecchio mio: non ci credevo, che saresti riuscito a creare quelle illusioni a colori.”

Il mutante si sfregò una tempia sudata dalla stanchezza. “Richiede molta energia. Per fortuna che avevano fretta e non hanno cercato di sterminare tutti e subito, o non ce l’avrei fatta.”

In quel momento, una nuova esplosione di luce accese la notte!

Una sfera pulsante si levò sopra il campo. Una sfera che conteneva la figura umana che una volta era stata Sadu, ma che ora era coperta da un costume integrale bianco e nero, dai guanti e gli stivali neri.

Idioti!” Disse la figura. “La vostra piccola vittoria non è niente in confronto al potere che ora fa parte di me. Il potere del nuovo Dottor Spectrum!” Tese le mani, e manette di energia solida apparvero intorno ai polsi di ogni singolo soldato e a quelli dei super-esseri!

“La vostra esecuzione dovrà avvenire alla luce del sole, davanti a tutto il mondo,” disse Spectrum. “Solo così, i veri fedeli sapranno che è giunto il momento della rivolta, che non ci sarà nulla da temere...YARGH!”

Superpotente o no, Spectrum era ancora un essere umano, e come tale incapace di impedire che una coppia di raggi fotonici lo colpisse alle spalle alla velocità della luce!

Purtroppo, era anche vero che adesso il neo-supercriminale possedeva una ben più ampia resistenza. Reagì velocemente, trasformando il suo pensiero in un colossale guerriero tribale.

 

Robert bestemmiò, e portò Mazinkaiser in posizione di combattimento.

Il costrutto attaccò, lancia in testa, a velocità subluce. Di fatto, Robert non poté che incassare il colpo: e per quanto la struttura del robot possedesse microspecchi per riflettere gli attacchi laser, le strane frequenze del costrutto poterono superare quasi indenni quella barriera. La lancia, in altre parole, si piantò nel petto sinistro di Mazinkaiser!

Per la prima volta nella sua vita, Robert avvertì un dolore tremendo, un dolore che urlò attraverso Mazinkaiser.

 

Spectrum rideva. “Per Allah, che figura ridicola! E quella sarebbe la più potente macchina da guerra dello Zilnawa? Sarà un piacere conquistare quella nazione per pr*HUUFF!*”

“Intanto, eccoti il pugno più potente dello Zilnawa, pazzo assassino!” fece Ultra, arrivandogli addosso come una cometa. Spectrum fu scaraventato contro una casamatta, a una tale velocità che la struttura si infranse in una spessa nube di polvere!

 

Robert ignorò il dolore –era ancora presente, il che voleva dire, come gli strumenti confermavano, che il robot era stato danneggiato! Se il colpo fosse andato un po’ più in basso, avrebbe preso una delle pile nucleari..!

Il costrutto-guerriero stava tornando all’attacco...ed esitò –o meglio, tremolò come un’immagine televisiva male sintonizzata.

Rust Tornado! la griglia che era la bocca di Mazinkaiser emise un tremendo triplo ciclone al quale erano mescolate microparticelle abrasive. Il costrutto fu spinto via come una foglia al vento, anche se senza alcun danno apparente.

 

Di sotto, Spectrum emerse dalle macerie fumanti. “Non lo volete capire, vero? Grazie al vostro amico eroe, la pietra è dentro di me! Sono invincibile!”

“Sai come si dice, allora, no? Lasciaci sognare!” fece Equinox, avvolgendo l’uomo in intense ondate di calore e gelo –ma era inutile, adesso una specie di campo di energia circondava Spectrum.

Il criminale rispose proiettando un ariete di energia sul malcapitato ex-criminale, sbattendolo via con facilità! Intorno a loro, era scoppiata una nuova lotta fra guerriglieri e soldati. E questa volta, i morti causati dalle armi non furono una finzione...

 

Schizoid Man osservava, cercando di tenersi in disparte. Dannazione, avrebbe potuto fare qualcosa, se solo ne avesse avuto la forza! Il potere di quel pazzo avrebbe potuto essere spento facilmente, se si fosse riusciti a giungere alla sua mente...

“Dave?”

Quasi gli venne un infarto; in compenso, fu molto felice di vedere “Hrimhari!”

“Avverto la tua urgenza, amico mio,” fece il lupo umanoide, avvicinandosi, “e sento di cosa hai bisogno. Lascia che ti aiuti.”

Il mutante non fece obiezioni, quando le mani del Principe si posarono delicatamente sulle sue tempie...

 

Spectrum, nel frattempo, stava scoprendo che Ultra era davvero un osso più duro di quanto avesse sospettato. L’eroe riusciva a parare tutti i suoi attacchi, e a rispondere colpo su colpo. Erano ad uno stallo. Spectrum generava gli oggetti più disparati e letali, e Ultra li distruggeva con facilità. Ultra attaccava, ma non riusciva ad infliggere un danno serio al criminale, il quale riusciva a tenere impegnato anche Mazinkaiser allo stesso tempo.

 

Robert urlò di nuovo. Questa volta, ad essere colpito era stato il braccio sinistro, che ora pendeva inerte lungo il fianco. L’unica fortuna –se così la si poteva chiamare- era che il costrutto disperdeva molta energia ad ogni contatto con la copertura refrattaria e la starlega stessa...Anche se Robert non poteva certo contare molto a lungo su tali parametri. Se Spectrum avesse deciso di fare colpire la cabina, era la fine!

Altro attacco! Ma questa volta, la sorpresa l’ebbe il costrutto! I suoi movimenti erano ripetitivi, prevedibili.

E Robert ne aveva approfittato per accumulare energia in un’arma: i raggi fotonici, che colpirono in pieno il costrutto a un millisecondo dall’impatto!

“Ben fatto, Robert. Ora, preparati al colpo di grazia.”

Il giovane sobbalzò. “Professor Giapeto!

Lo scienziato Italiano continuò con tono neutro. “Il costrutto è fatto di luce solida, ed essa è un eccellente conduttore di elettricità. Preparati.”

Robert non aveva alcuna voglia ne’ di disobbedire di nuovo, ne’ di discutere sul fatto che comunque i riflessi di Mazinkaiser sarebbero stati troppo lenti per colpire il costrutto per tempo...Ma se il Professore diceva di prepararsi, lo avrebbe fatto eccome!

 

Finalmente, Sadu ebbe analizzato a sufficienza il modus operandi di Ultra. E questa volta, lanciò una nuvola di sfere acuminate contro l’eroe!

Come previsto, Capitan Ultra si gettò contro di esse a testa bassa, la visibilità limitata in quella tempesta luminosa...e troppo tardi si avvide del nuovo ariete, che lo colpì in pieno con tutta la forza che Spectrum potesse generare!

Stavolta, fu Ultra a piombare al suolo come una bomba.

Spectrum gongolò. Un solo colpo ancora, e avrebbe tolto di mezzo quell’insolente creatura inferiore dall’accento ebraico...

Fu in quel preciso istante, che un tentacolo di energia psichica entrò nel suo cranio! Il suo corpo fu scosso da tremende convulsioni, e se non fosse stato per il potere della pietra cosmica, sarebbe sicuramente morto...

 

Il costrutto quasi perse di consistenza, il volto una maschera di agonia identica a quella del suo padrone.

Robert ghignò. Turbosmasher Punch

Gli avambracci di Mazinkaiser presero a ruotare, ma prima di distaccarsi, si caricarono di energia elettrostatica, accendendosi come lampadine! Quando furono lanciati, trasportavano con sé abbastanza corrente da friggere una supersentinella.

Il costrutto fu colpito in pieno! E la corrente, attraverso di esso, attraverso il legame che lo univa alla pietra, cioè al corpo di Spectrum...

 

...colpì Spectrum stesso! L’urlo di dolore del criminale si perse nella tempesta di elettroni che lo percorse da capo a piedi. E per quanto potesse essere protetto, già indebolito com’era dall’attacco di Schizoid Man, fu solo un miracolo se si limitò a prendere fuoco, e a cadere, inerte. Sconfitto.

A quella visione, fu come se una doccia fredda avesse investito i guerriglieri ed i prigionieri. La resa fu pressoché istantanea.

 

L’X-101 aspettava sulla pista in tarmac. Un’ambulanza stava portando via il corpo di Spectrum –ustioni di terzo grado sulla maggior parte del corpo, fratture varie...se fosse sopravvissuto, avrebbe speso il resto dei suoi giorni nella Volta o li avrebbe terminati di fronte a un plotone di esecuzione.

Simone Giapeto strinse la mano del comandante del campo. “Forse non tutto è filato liscio come avremmo voluto, signore, ma almeno la missione è riuscita, e questa gente non minerà più la democrazia Kenyota.”

La stretta fu ricambiata con altrettanta cordialità. “Hanno recitato bene la parte, devo concederlo, Professore. Voglia Dio che un giorno non ci debba essere più bisogno di combattere in questa nostra terra martoriata.” In compenso, la sua espressione era finta quanto era genuino il rancore che provava...

 

Poco dopo, il velivolo decollò verticalmente, seguito dal Mazinkaiser. Destinazione, la base mobile StarGlider 1000.

A bordo, Giapeto disse, “Alexander Thran aveva deciso di prendere due piccioni con una fava: migliorare la posizione diplomatica dei Campioni e prevenire il programma di super-esseri del Kenya.

“La vostra posizione in qualità di ‘infiltrati’ era stata ufficializzata, ma non siete stati tenuti al corrente perché era indispensabile che vi comportaste in modo da causare la nascita del nuovo Dottor Spectrum. Adesso, il Governo di Moi non oserà mai mettere un simile pazzo estremista al proprio servizio, e la pietra cosmica non è duplicabile.”

“State scherzando?” fece Ultra, ancora massaggiandosi una costola lesa –il potere Ultra lo aveva guarito dalla frattura, ma il livido ahio se faceva male! “E come facevate a sapere che sarebbe andata come avevate previsto? Avete la sfera magica?”

Giapeto sorrise. “Qualcosa del genere: si chiama Seldon, ed è un software in grado di elaborare scenari e comportamenti con una precisione degna delle elaborazioni del Pensatore. Inoltre, grazie al Ninja Bianco,” aggiunse, indicando la figura silente seduta in coda, “i sistemi informatici della base sono stati resi inutilizzabili, anche se la colpa ricadrà su Spectrum.”

“Thran odia così tanto la concorrenza?” fece Terry, che non godendo del fattore rigenerante di Ultra, doveva stare attento a come respirava.

Qui, Giapeto si fece serio. Sopra di loro, già incombeva l’SG-1000. “Moi terminerà presto il suo mandato, e dopo di lui è una scommessa sapere chi gli succederà. Pochissime democrazie in Africa possono vantare una genuina solidità, e non possiamo permetterci il lusso di un caos alimentato da superpoteri...Ma per quei paesi che riusciranno a tenere la testa sulle spalle, Thran in persona favorirà lo sviluppo di eventuali programmi di super-esseri.”

 

L’X-101 e Mazinkaiser atterrarono sul ponte posteriore della fortezza volante. I Campioni avevano avuto un primo assaggio delle scale di grigio che facevano parte della politica in Africa...E almeno quattro di loro si chiesero quanto altro avrebbero dovuto scoprire, di questo mondo dal quale erano stati finora così lontani...

 



[1] Alzi la mano l’infedele che non se lo ricorda!



[i] Ep. #4

[ii] I NUOVI MUTANTI

[iii] FANTASTIC FOUR #241

[iv] Ep. #4

[v] FANTASTICI QUATTRO Star Comics

[vi] Ep. #4

[vii] Ep. precedente

[viii] Teomachia, su THOR

[ix] NEW MUTANTS SPECIAL #1

[x] Ep. #6

[xi] Ep.#6

[xii] POWER PACK #2

[xiii] Ep. #1

[xiv] Epp. #4-5

[xv] THE OTHERS #5